Alex Jones ha reso le cospirazioni mainstream
In un periodo in cui tutti guardan al re dei podcast Joe Rogan conosciamo l'uomo per cui nessuna cospirazione è mai abbastanza. E che ha fatto scuola.
Tempo fa mi è capitato di dover leggere il referto medico di una analisi prima che ci fosse un confronto con un dottore. Di solito questi sono dei momenti di interregno tra l’ansia e l’emozione immediatamente successiva dove cerchi di interpretare il linguaggio tecnico di radiologi e analisti vari, che sono la versione medica dei commercialisti.
Mentre continuavo a cercare su Google che cazzo volesse dire quella cosa (pessima idea, lo so) mi è venuto in mente di far leggere il referto a ChatGPT. Ho incollato il testo e l’IA mi ha spiegato frase per frase cosa voleva dire, senza mai dire “va tutto bene” ma aggiungendo delle ipotesi sensate su quanto il referto fosse positivo o meno.
Ovvio, non è lo strumento che ti può dire in assoluto se un referto è ok o meno (e in questo caso le ipotesi erano corrette) ma per la prima volta ho percepito le vere potenzialità di questo tipo soluzioni e del loro utilizzo più virtuoso. Da quel momento ho abbassato un po’ la guardia e ho iniziato a capire come utilizzarle per scaricarmi dei lati più noiosi e succhia tempo del mio lavoro, magari ve ne parlo meglio settimana prossima. Questo perchè la “cold opening” di oggi è diventata il centro della puntata. A volte va così.
Cipolle e Guerre
C’è un fenomeno interessante che riguarda i quotidiani che normalmente stanno all’opposizione. In sostanza, se la tua linea editoriale è critica verso il governo tendi ad andare meglio in quegli anni perché chi ha perso vuole informarsi di più di chi ha vinto. L’effetto fu tale durante il primo mandato Trump tanto da essere stato battezzato “Trump Bump”.
Non so se questa volta andrà così ma di sicuro questa sconfitta ha senza dubbio generato un bel flusso di gente che non vede l’ora di spiegare la situazione. Fa strano che sia anche la stessa gente che voleva spiegarmela prima e tutto sommato è stata sorpresa dal risultato.
Ma in questo fuoco di fila di notizie poco piacevoli ce n’è una che ha illuminato la mia giornata: The Onion ha comprato all’asta Infowars e tutto quello che c’era nei suoi uffici.
O meglio sta cercando di comprare, perché è notizia di queste ore che la procedura d’acquisto è stata fermata su richiesta di Jones per presunte irregolarità sull’asta.
Jones ha dovuto mettere tutto all’asta per pagare i genitori e i parenti delle vittime della sparatoria di Sandy Hook che l’hanno citato in giudizio dopo che aveva diffuso teorie cospirazioniste sull’evento, scatenando i suoi ascoltatori. In sostanza aveva detto che era tutto finto e i morti erano figuranti.
Alex chi?
Se non seguite più di tanto la scena americana potreste non sapere di chi stiamo parlando, magari però vi è capitato tra i reel un tizio con una voce molto profonda che parla di cristianità, alieni, vaccini, battaglie per la civiltà, crociate moderne e rane gay (giuro).
Quello è Alex Jones e Infowars sito internet di news indipendenti dove la linea editoriale è dare retta a ogni teoria del complotto e tema caro all’alt right alzando sempre i toni il più possibile. Insomma è una specie di grillismo complottaro che ce l’ha fatta, ma anche tanto di più.
The Onion invece è una testata satirica che scrive notizie e articoli in cui prende in giro la società e la politica statunitense e mondiale utilizzando il tono di un quotidiano reale e serissimo, tanto che alcune volte c’è chi scambia i suoi articoli per veri.
Con le dovute differenze, è come se Il Vernacoliere si comprasse La Verità.
Giornalisticamente parlando Jones è una figura affascinante e mostruosa, nel senso proprio di qualcosa di assurdo, bizzarro e da mostrare. Tecnicamente è un tizio che ce l’ha fatta “da solo” (probabilmente qualche finanziamento giusto è arrivato) che ha sfidato il giornalismo tradizionale e ha vinto, il precursore di ogni personaggio che oggi faccia contenuti informativi fuori dal circuito ufficiale, ma è anche il precursore del rage bait, del cercare lettori là dove nessuno vorrebbe cercarli, del capire che la fuori c’è una sacco di gente che non gliene frega un cazzo dei tuoi articoli verificati, delle fonti, del giornalismo spiegato bene vuole solo tuffarsi di testa nelle teorie più folli e in un contesto che coccoli il suo sentirsi costantemente sfruttato, trattato male e tradito da uno stato canaglia che pensa più a immigrati, questioni di genere e guerre internazionali.
Ed è bene o male una delle figure chiave del successo dell’alt right americana e di un certo tipo di Stati Uniti che forse non verrà bene sulle passerelle ma che senza dubbio vota.
Grazie internet!
Jones è del 1974 e ha iniziato a fare radio a metà degli anni ’90 proprio quando internet cominciava a diffondersi e con lei anche spazi in cui ogni teoria cospirazionista poteva trovare qualcuno interessato. Leggenda vuole che tutto sia iniziato dalla lettura del libro “None Dare Call It Conspiracy” di Gary Allen, un ultraconservatore reazionario che teorizzava la presenza del grande ordine mondiale e dei governi ombra.
Ed è proprio su internet, nel 1999, che inizia la vera carriera di Jones, dopo essere stato licenziato dalla radio che non riusciva a trovare sponsorizzazioni per la sua trasmissione a causa delle sue vedute (ironicamente è anche l’anno in cui vince a parimerito il titolo di miglior speaker radiofonico di Austin). Gli basta comprare un dominio da 9 dollari, chiamarlo Infowars e iniziare a dire tutto ciò che non gli facevano dire.
Così come in quegli anni iniziavano i primi esperimenti di giornalismo online che sono poi diventati siti da milioni di contatti, Jones si trovava di fronte allo strumento perfetto per arrivare ovunque, senza alcun controllo, e con le capacità per farlo: internet, con i suoi blog e i suoi podcast.
Avete mai ascoltato Alex Jones? Ciò che dice è ridicolo, ma ha una voce stentorea, gutturale, il piglio di un predicatore e un incredibile gusto per la teatralità. Urla, si sbraccia, suda, recita, invoca, mima. Ti fermi ad ascoltarlo anche se sai che sta parlando di una cospirazione di ricchi internazionali che bevono il sangue dei bambini.
Guardarlo non solo è uno show ma alcune sue uscite sono così memabili che finisce per arrivare anche là dove non arriva da solo. Posso solo pensare il suo potere magnetico se ciò che dice in qualche modo ti sembra sensato. Derubricarlo a pazzo del villaggio è solo uno dei tanti errori compiuti in questi anni da esperti di comunicazione e politologi vari.
Negli anni Infowars è passata da due persone e un piccolo ufficio a oltre 60 persone, quattro studi, un magazzino di integratori (con nomi tipo Life Brain Force Plus e Infowars Life Super Male Vitality, giuro) e milioni di dollari di fatturato, senza contare i milioni di visitatori. E poi show, su show, giornalisti, staff, e un porto sicuro con milioni di spettatori per chiunque facesse parte di un determinato schieramento politico e fossi disposto a sedersi assieme al cappellaio matto.
In pochi anni Infowars è diventata una vera e propria startup di successo della disinformazione e della cospirazione.
Nei salotti e nei comizi
Ma soprattutto, Jones è stato considerato in qualche modo degno di sedere nei salotti televisivi, ovviamente quelli più vicini all’alt right, senza farsi mancare le inevitabili ospitate a casa di Joe Rogan, il podcaster più seguito del mondo.
Questo non solo perché, come molti personaggi da salotto televisivo, è pittoresco, buffo, dice cose assurde e fa ascolti perché la gente vuole vedere fin dove si spinge o arrabbiarsi per ciò che dice, ma anche perché aveva un duplice ruolo: da una parte in confronto a lui chiunque può sembrare moderato, calmo e portatore di messaggi assolutamente condivisibili, anche quando dice cose orribili, perché Jones sposta molto in là il confine del discorso.
Dall’altra i suoi messaggi erano perfetti per lo stile comunicativo di Trump, tanto che spesso le cose che diceva Jones Trump le ripeteva poco dopo in un comizio e le sue teorie cospirazioniste erano perfette per mantenere alto il livello di follia del discorso.
Jones era il ponte di Trump verso l’elettorato più folle, militante e fedele che altri candidati si guardavano bene dal solleticare. E allo stesso tempo era il volano perfetto per X, che con l’arrivo di Musk si è trasformato piano piano in uno spazio sempre più affamato di contenuti di un certo tipo.
E poco importava che Twitter, Spotify, Facebook, YouTube e altre piattaforme cancellassero o togliessero la monetizzazione ai suoi video. La gente andava direttamente su Infowars per ascoltarlo, non aveva bisogno delle piattaforme, era lui la piattaforma. Il suo operato ha spostato progressivamente la Finestra di Overton, ovvero ciò che consideriamo accettabile discutere, verso i paradossi più assurdi, rendendo la cospirazione un fatto mainstream e non qualcosa per gente col cappello di stagnola.
I discorsi più assurdi sono entrati nel dibattito politico americano e in alcuni casi, come La Grande Sostituzione dei bianchi o le teorie su Soros, sono tracimati anche dalle nostre parti.
The Jones Playbook
Per anni Jones ha rappresentato per ogni ambiente tossico e aggressivo della rete una sorta di favoloso modello di business. Lo schema è sempre quello: prenditela contro ogni minoranza, contro ogni cambiamento, contro ogni potere segreto, contro tutto ciò che spaventa il tuo potenziale pubblico.
Che ci crediate o meno, a un certo punto ha fatto pure un videogioco.
In questi anni Jones non è mai stato fermato da niente, non solo era in linea con il Presidente ma dopo lo è stato con tutti quelli che pensavano di essere stati derubati di un’elezione. Qanon, Pizzagate, false flag di ogni tipo. Si è nutrito e ha nutrito internet con storie di ogni tipo, diventando un meme e trasformando in meme la realtà stessa. Influenzando milioni e milioni di persone.
Alex Jones di fatto è una sorta di manuale di comportamento per milioni di content creator negli ambiti più disparati. Anche perché di fatto è quello che èu, un content creator che è riuscito a ottenere la totale indipendanza da ogni piattaforma.
Lui parla di politica e società ma niente vi vieta di applicarlo ad altri ambiti della cultura popolare. Soprattutto quelli in cui il dibattito è sempre più feroce. In cui “diversità e inclusione” sono diventate una sorta di parola in codice per mettere all’indice un prodotto e si pensa che ci sia una sorta di grande complotto mondiale per demascolinizzare gli uomini. Di piccoli Alex Jones nei videogiochi, nei fumetti, nelle Serie Tv e nel cinema ce ne sono tanti e i danni che fanno al dibattito sono enormi.
Vi basti pensare che c’è ancora gente secondo cui Henry Cavill, Amazon e Games Workshop hanno litigato perchè Amazon voleva che la serie su Warhammer 40.000 in cui sarebbe coinvolto Cavill fosse “più woke”. Una voce senza fondamento, nata per trolling, che è diventata improvvisamente verità ricondivisa da migliaia di persone.
Andarsela a cercare
Ma come dicono negli USA: “fuck around and find out”. Dopo anni ad avere detto di tutto su ogni possibile fatto di cronaca nera, bollandoli puntualmente come cospirazioni per togliere le armi al popolo, quando ha detto che i morti di Sandy Hook erano manichini si è ritrovato a dover pagare 1,5 miliardi di dollari per diffamazione.
Jones ha cercato in tutti i modi di evitare di pagare: ha dichiarato bancarotta, ha detto di non avere un soldo, ha spostato i fondi dentro compagnie di amici, sostenitori e prestanome, ma alla fine sarà probabilmente costretto a pagare. Senza dubbio un brutto colpo, ma non da KO per un personaggio capace di creare soldi semplicemente sparandola grossa.
Anche perché, tolto qualche giorno, Infowars non ha mai smesso di funzionare non smetterà neppure se fosse venduta a The Onion, cambierà semplicemente uffici, troverà sicuramente dei finanziatori consci che i loro soldi ritorneranno velocemente.
In queste ore Jones ha mostrato una foto con in mano un lavandino torna negli uffici di Infowars, rifacendosi alla famosa foto di Musk che entra negli uffici di Twitter dopo l’acquisizione(si basa tutto sul gioco di parole “let it sink” ovvero “accettare che qualcosa sta accadendo” ma anche sink = lavandino) e dichiarando che quello di The Onion era un falso.
E la farsa ricomincia.
Staremo a vedere, ma è peculiare che per barcamenarsi nell’attuale contesto informativo si debba cercare la verità soppesando le parole di un sito satirico e un conclamato bugiardo.
Link?
Quanto è bello il DLC di Vampire Survivors dedicato a Castlevania? Molto.
Gli anni ‘90 inquieti: Longlegs
Gli anni ‘90 degli sfigati, la serie dedicata agli 883.
L’ultima puntata di Altri Mondi, dove ho parlato di Veilguard.
E chiudiamo con le collab, come dicono quelli bravi.
Grazie per questo (spaventoso) racconto, anche perché Alex Jones io non lo conoscevo.
Verso l'inizio, aggiungi però una h :)
"di Sandy Hook che l’anno citato in giudizio dopo"
Sempre complimenti per l'ottima newsletter:)