Appunti per un corso di scrittura - 3
Prima di saper scrivere è fondamentale saper leggere, soprattutto tra le righe.
Bello scrivere eh? Ma leggete? Leggiamo? E come leggete?
Il problema dei corsi di scrittura è che spesso si parte con un sacco di ottime annotazioni su come costruire un testo e poche discussioni sul perché certi testi già presenti funzionano e altri no.
Do (forse troppo) per scontato che se volete scrivere vi piaccia anche leggere. Perché è leggendo che assimiliamo una serie di strumenti consci e inconsci sulla costruzione del testo, sul ritmo, sulle parole, sul linguaggio che poi andremo a utilizzare quando toccherà a noi.
Ma magari leggiamo tantissima prosa e narrativa e poco su internet. Eppure è molto probabile che sarà su internet, su uno schermo, che andranno a finire i nostri testi. È là che verranno letti.
Ci sono quindi una serie di tecniche, meccanismi e nozioni nei testi che funzionano, ma che non lo sono per niente. A volte è lo stile, a volte è anche come è costruita la pagina.
Testi da esplorare
In alcuni casi, se affiancati da web designer, dalle nostre abilità o da interfacce adeguate, possiamo pensare infografiche, testi che si spostano e si evolvono. Tuttavia, eviterò di trattare questo genere di prodotti editoriali perché qua non siamo al New York Times e non ha senso parlarvi di Ferrari se qua c’è da guidare, quando va bene, un’auto di fascia media.
I libri e tutto il testo “fisico” hanno il vantaggio di presentarsi a noi offrendo non solo una porzione di testo, ma con un senso di insieme che permette anche di giocare col testo da svelare. Fumetti e libri infatti a volte sfruttano il “girapagina” per creare suspance e sorprese.
Sullo schermo, soprattutto sugli schermi di telefoni e tablet, sbirciamo dalla finestra una porzione del testo. Lo facciamo spesso in modo distratto, leggiamo più lentamente, con l’occhio che salta in giro, cercando ancore visive che lo intrattengano, mentre facciamo altre cose e con il resto del corpo che deve prendere costantemente decisioni per proseguire la lettura: ingrandire, scrollare, cliccare, visitare un link.
Però è anche vero che quando scriviamo sul web abbiamo meno limiti e spesso siamo in possesso degli strumenti per comporre quello spazio. Non dobbiamo sottostarei a limiti e costi della foliazione, non possiamo posizionare le immagini (quasi) dove vogliamo e sfruttare grassetti, link e rimandi per ampliare il testo e renderlo più interessante.
Vi siete mai accorti di come leggete? Avete mai fatto caso ai movimenti che i vostri occhi compiono sulla pagina? Cosa vi ha portato a cliccare proprio su quell’articolo? Il titolo? L’immagine? L’argomento?
La prossima volta che vi capita, provate a esercitare questa consapevolezza.
Non leggiamo i testi, spesso li esploriamo, seguendo schemi ben precisi di attenzione. Testiamo l’acqua della lettura mettendoci un piede dentro e solo se la temperatura è giusta e il fondo non è troppo scuro allora ci immergiamo nella fruizione più profonda.
Alcuni studi hanno dimostrato che tendiamo a leggere seguendo un flusso che si può definire “a F”. Tendiamo quindi a leggere le prime righe, poi piano piano ci perdiamo, cerchiamo qualcos’altro con lo sguardo. Magari un grassetto, una immagine, uno spazio vuoto che funga da checkpoint.
Poi se il testo ci interessa riprendiamo, altrimenti passiamo oltre.
Datevi spazio
Per questo il nostro lavoro di persone che scrivono, oggi, non può limitarsi semplicemente a mettere delle parole sullo schermo. Dobbiamo facilitare la vita ai lettori, ne va anche della nostra carriera. Perché non vogliamo solo scrivere, vogliamo che qualcuno ci legga.
Ecco perché oggi praticamente nessuno, se non come atto politico o estetico, si permette di sbattere in faccia alle persone un blocco di testo senza spazi, senza a capo, senza una immagine, un grassetto. Avete mai analizzato la sensazione che provate di fronte ai famigerati “Wall of text”? Intendo la sensazione successiva al desiderio di fuga.
Se provate a leggerli, oggi che la nostra mente è abituata in un certo modo, è come infilarsi in un cunicolo stretto, senza finestre, senza snodi o vie di fuga. Siamo costretti a seguire un percorso obbligato che ci soffoca. Inevitabilmente dopo un po’ viene voglia di andarsene e non tornare mai più.
Gli spazi sono preziosi alleati, ci permettono di gestire meglio il ritmo e la punteggiatura. Anche perché non sempre i testi vengono esplorati partendo dal titolo, a volte il gancio arriva da un grassetto, un capoverso, un indice puntato.
Quando scriviamo tendiamo a scordarci come funziona e stendiamo le parole col rullo, coprendo tutta la pagina, invece è importante esercitare fin da subito l’attitudine ad aprire le finestre, a lasciare che le parole respirino sentendone il ritmo. Di solito è una cosa che si migliora col tempo e che si affina con la rilettura, ma dopo un po’ vi accorgerete che di farlo in maniera automatica.
Un piccolo consiglio che molti anni fa dettero anche a me: il ritmo non è solo nella lettura ma negli spazi. Capite più o meno quanta porzione di testo appare nella finestra e piazzate verso la fine o uno spazio o una immagine per incentivare lo scroll.
Io di solito uso questo schema: Paragrafo (dalle tre alle cinque righe), Paragrafo, Paragrafo, Immagine (o altri elementi che spezzano il testo). Nei limiti del possibile, della lunghezza del testo e delle immagini a disposizione, ovviamente. È importante, tuttavia, mantenere una certa coerenza di contenuto nei vari paragrafi.
Immaginate i paragrafi come piccole tappe della progressione di un discorso e sfruttate questi spazi per spostarvi nel ragionamento in modo graduale.
Oppure, sfruttate punteggiatura e spazi per per assecondare il vostro stile. Perché ovviamente uno dei modi per tenere le persone incollate alle pagine è bombardarle di idee, soluzioni, trovate, confessioni. Avete presente i montaggi su YouTube fatti di stacchi violenti? Qualcosa di simile, a patto che vi piaccia, che vi sia utile, che non vi sentiate forzati.
Perché alla fine l’unica regola resta sempre la stessa: non annoiare le persone per cui vorremmo scrivere. Noi compresi
Ma ne parliamo, se vi va, settimana prossima, e poi quella dopo ancora e ancora.
P.S. Adoro questo spazio di scrittura perché mi permette di fermarmi un attimo a riflettere su come scrivo, cosa che non ho mai fatto perché ero troppo impegnato a scrivere. Parlandovi scopro un sacco di cose. Vi ringrazio, se non ci fosse un pubblico potenziale non mi ci sarei messo.