Cos'è per me la scrittura
Perchè a tanti fa paura e perché comunque dovrebbero provare almeno una volta nella vita a scrivere di ciò che pensano o vedono.
Prima di cominciare lasciate che vi ringrazi ancora per il supporto che questa newsletter sta avendo nelle ultime settimane, siamo cresciuti tantissimo grazie al passaparola e non era scontato. Sarà che non ho mai gestito platee enormi ma credo fermamente nel valore di qualcuno che si prende il tempo per supportami, segnalando agli altri qualcosa che gli è piaciuto. La cosa ha ancora più valore se consideriamo che spesso scrivo verbosi articoli di riflessioni personali, non il tipo di contenuto più in voga in rete. Ma di questo e delle comunità che si creano attorno a chi scrive e produce contenuti parleremo poi.
Oggi l’argomento è particolarmente spinoso, visto che sulla scrittura ci sono opinioni di persone decisamente più brave e di successo di me, ma in queste ore ho avuto modo di riflettere nuovamente sul tema.
La scorsa settimana ho affiancato al corso di Storia dei Videogiochi, che si avvia alla sua conclusione, quello di Magazine Copywriting, in cui fondamentalmente mi occupo di creare la rivista della Scuola Comics di Firenze assieme agli studenti di Graphic Design.
Questo vuol dire parlare e lavorare sulla scrittura con persone che non hanno necessariamente abilità nel campo, o comunque non quel tipo di scrittura che normalmente trovereste in una rivista. Questo ha voluto dire riflettere su come parlare di scrittura, di un certo tipo di scrittura, a persone che inizialmente non erano là per quello. Ecco quello che mi sono detto, inframezzato da citazioni di Carver.
“Ma io non so scrivere”
Spesso quando parlo con persone non abituate a scrivere la prima cosa che mi dicono è che non sanno scrivere, perché scrivere è difficile. È vero un certo tipo di scrittura non è immediata, non è come fare un post su Facebook o mandarsi messaggi, richiede tempo, calma e proprietà di linguaggio. Ma a farmi questa obiezione sono persone che hanno un certo grado di cultura e sarebbero perfettamente in grado di farlo. Oppure, a dirlo sono persone dotate di capacità tecniche in altri campi che io non ho, come il disegno, la grafica, la composizione musicale.
Quello che penso io è che scrivere non è difficile, non più di molte altre attività umane, ma semplicemente richiede un minimo di dedizione e applicazione. Qualità che, se non veniamo pagati, di solito preferiamo utilizzare in altri campi o hobby. Dal punto di vista meramente tecnico basterebbe la metà della dedizione che riponiamo nella palestra o in altri passatempi per scrivere in modo più che decente.
“Ci sono scrittori che di talento ne hanno tanto; non conosco scrittori che non ne abbiano. Ma un modo di vedere le cose originale e preciso e l'abilità di trovare il contesto giusto per esprimerlo, sono un'altra cosa.”
Ovviamente all’inizio sarebbe più difficile, ci sarebbe una fase di assestamento durante la quale trovare la propria voce e abituare il cervello a sfoderare determinati trucchetti quando necessario, magari anche creare uno spazio fisico in cui scrivere che ci avvicini all’atto, come spiega benissimo Stephen King in “On Writing”, ma scrivere non è difficile. Quando diciamo “non so scrivere” stiamo dicendo in verità “non ho voglia di occuparmi in questa attività”.
I motivi sono molteplici, uno è legato al capitolo successivo.
Ascoltati
Cercando di capire quali fossero le qualità necessarie per scrivere, che si tratti di un libro, un saggio o una recensione, credo che la caratteristica principale di chi scrive costantemente sia esercitare la propria capacità di ascolto.
Non sto dicendo solo che dobbiamo essere in grado di cogliere le storie intorno a noi, quello possono dirvelo scrittrici, giornalisti, copywriter ed è vero, ma è un’altra cosa.
Quando si tratta di mettere su carta o schermo qualcosa che stiamo pensando, vedendo o che qualcuno ci sta dicendo l’ascolto che dobbiamo creare è tra la nostra testa e le mani. Lo stesso tipo di ascolto che chi disegna utilizza per trasformare ciò che la sua mente vede in una pennellata o un movimento della matita. Lo stesso tipo di ascolto di un fumettista o di chi crea un film e vede di fronte a sé la scena prima ancora che sia stata girata.
“In una poesia o un raccontobreve, si possono descrivere degli oggetti perfettamente banali in una lingua che non può essere più banale, ma di grande precisione, e dotare i suddetti oggetti d'una forza notevole, e insieme confondente.”
Scrivere è prendere quel pensiero e farlo uscire, che si tratti di spiegarvi perché Andor è una serie della madonna o raccontare i turbamenti post adolescenziali in un romanzo YA. Il problema è che questo tipo di visualizzazione del pensiero può essere più complessa degli esempi che vi ho citato. Perché sappiamo subito se un disegno corrisponde o meno a ciò che avevamo in mente, ma con le frasi e le idee è più complesso.
A volte la frase funziona, ma poi dopo non arriva nient’altro per rendere il testo più corposo, a volte siamo così entusiasti per qualcosa che il nostro spirito critico si limita a dire che qualcosa è bello ma non riusciamo a spiegare bene per quale motivo, o il testo è eccessivamente enfatico e stucchevole, altre volte siamo freddi e distaccati, ci perdiamo in giri di parole, subordinate e così via senza mai arrivare al punto.
Tuttavia, esercitando questa capacità di ascolto dei nostri pensieri, ascolto che a volte è anche inconscio, per cui mentre stiamo scrivendo stiamo anche pensando alle prossime parole e senza rendercene conto sono già là, di fronte a noi, possiamo cercare di ridurre il margine di errore tra pensiero e azione.
“Se non si riesce, dico io, a rendere quel che si scrive al meglio delle nostre possibilità, allora che si scrive a fare? Alla fin fine, la soddisfazione di aver fatto del nostro meglio e la prova del nostro sforzo sono le uniche cose che ci possiamo portare appresso nella tomba.”
A questo si aggiungono attività fondamentali: rileggersi (cosa che io faccio troppo poco, a volte ho la sensazione che una volta che il testo è fuori da me ne debba allontanare) e ovviamente leggere. Forse per questo molte persone non vogliono scrivere, perché scrivere vuol dire leggere, assimilare in modo conscio o inconscio la costruzione di frasi, il ritmo, gli stili.
D’altronde Vanni Santoni, uno che di corsi di scrittura e di scrittura in generale ne sa, nel suo libro “La scrittura non si insegna” fa subito un bel crash test consigliando decine e decine di libri da leggere prima di poter pensare di scrivere. Ovviamente, lui si rivolge a un certo tipo di scrittori, ma anche nel giornalismo e nella scrittura pop leggere è fondamentale per allenare il nostro pensiero critico.
Chi canta si ascolta per modulare la propria voce, facciamolo anche noi.
Ho paura
Una cosa che spesso non ci diciamo della scrittura è che, come molte delle forme di espressione umana, ci espone. Quando scriviamo, per quanto lo si possa nascondere, siamo nudi, siamo di fronte a tutti con qualcosa che è uscito dalla nostra testa e a cui diamo valore.
Questo da una parte dimostra, come dico sempre, che per scrivere ci vuole sempre un certo grado di egomania, anche in cui mantiene la posa di “scrivere per sé stesso/a”. Se scriviamo è perché vogliamo essere letti. E anche se l’esperienza col tempo attenua quelle voci basta poco per farle uscire appena usciamo un attimo dalle acque sicure. Penso a Roberto Recchioni, uno che in vita sua ha scritto tantissimo, a cui non manca esperienza e che di sicuro non ha un approccio dimesso alla vita.
È difficile essere semplici. La lingua dei miei racconti è quella di cui la gente fa comunemente uso, ma al tempo stesso è una prosa che va sottoposta a un duro lavoro prima che risulti trasparente, cristallina. Questa non è una contraddizione in termini. Arrivo a sottoporre un racconto persino a quindici revisioni. A ogni revisione il racconto cambia. Ma non c'è nulla di automatico; si tratta piuttosto di un processo. Scrivere è un processo di rivelazione.
Dopo anni in cui ha affrontato chissà quanti palchi e gestito la pressione del timone di Dylan Dog è bastato metterlo alla regia di Carne Fredda, il pilota della sua serie antologica, per vederlo regredire a ragazzo al debutto che brama e teme il giudizio degli altri (ciao Roberto, se leggi non mandarmi i killer).
Forse anche per questo molta gente non vuole scrivere, perché la bilancia tra esaltazione e paura pende troppo verso la seconda e pensano che tutto sommato non ne valga la pena.
E comunque ricordatevi che se avete paura del giudizio altrui potete sempre tenere un diario personale dove processare ciò che vi succede.
Perché farlo allora?
Nonostante al momento la mia attività di scrittura si sia ridimensionata rispetto ad anni fa, credo ancora che sia un qualcosa che tutti dovrebbero fare. Innanzitutto, per coltivare quella capacità di ascolto di cui parlavo sopra, che può essere utile in tantissimi altri contesti, dal lavoro ai rapporti con gli altri.
Banalmente, una persona che sa scrivere bene, che sceglie le sue parole con cura, chi sviluppa un pensiero critico, chi processa le proprie emozioni lasciando che si distillino in parole pesate finisce per pensare meglio e rende migliore lo spazio attorno a sé. O almeno si spera, c’è un sacco di gente spregevole che scrive bene!
Scrivere è sfidarsi, è mettersi in discussione, confrontarsi, scegliere una strada complessa e se vi spaventa vuol dire che è una roba che dovreste proprio provare, anche solo per capire che in fondo non avevate paura della scrittura ma di fallire. E quindi fallite, che poi magari si migliora.
“Uno scrittore che ha una maniera particolare di guardare le cose e riesce a dare espressione artistica alla sua maniera di guardare le cose, è uno scrittore che durerà per un pezzo.”
È anche una attività liberatoria, quelle parole non sono più nella vostra testa, ma sono fuori, esposte come vernice fresca che si asciuga al sole. Che sia un brutto pensiero, l’analisi di un film che vi è piaciuto o la storia che avete in mente adesso non è più soltanto qualcosa che si agita dentro di voi, ma è uscito, nel bene e nel male. Avete dato forma a una opinione e potete guardarla da fuori, per scoprire se è bella o brutta, se fa veramente paura o se ne valeva la pena.
Ecco, forse scrivere è scoprire se quel pensiero valeva la pena, per questo ci spaventa.
Che poi in fondo è facile, iniziate da una domanda: qual è la cosa che voglio veramente dire? E costruitegli attorno una casa.
Linkini!
Nel podcast “La Bussola D’oro” abbiamo dato qualche consiglio per iniziare coi manga.
Cosa succede quando fai questo lavoro a improvvisamente hai di fronte una attrice di Star Wars.
P.S.
Sto pensando se può avere senso rendere questa newsletter a pagamento, e per pagamento intendo 1, massimo 2 euro al mese. C’è una parte di me che si sente avida per averlo pensato, una parte che non crede di valere un euro e una parte che pensa che alla fine del mese schifo non farebbe.
Voi che dite?
Intanto ti ringrazio per tutti i contenuti che produci da anni gratis, newsletter, podcast, ecc. Capisco che ti servono indirettamente anche per "promuoverti", ma sono comunque contenuti che hanno un valore e che ti impiegano tempo per realizzarli. Tutto questo per dirti che se ti può essere di aiuto non avrei problemi a sostenerti con un paio di euro al mese. Ciao!
A me l'obolo mensile, ad una certa, parrebbe anche il minimo