Cos’è una notizia oggi?
Una riflessione un po' triste sul mercato delle notizie, perché sono utili e perchè stanno peggiorando sempre di più.
Qualche giorno fa un lettore di Heavy Meta mi ha finalmente posto una domanda a cui rispondere direttamente qua. Vi invito a farlo più spesso, perché secondo mel punto di incontro tra ciò che conosco io e ciò che volete conoscere voi potremmo trovare cose interessanti. La domanda era particolarmente tosta: “Se guardo i siti di informazione pop sono assalito da gossip, indiscrezioni, false notizie e cose senza senso, ma cosa è oggi una notizia?”
Niente male come argomento agostano.
La prima cosa da dire è che le notizie, qualunque cosa siano, sono un prodotto essenziale per un sito pop che cerchi di raggiungere un grande traffico. Garantiscono un aggiornamento continuo del sito, che fa bene in ottica SEO, e la gente, stringi stringi, quando va su un sito internet o fa una ricerca spesso è proprio quello che vuole: qualche notizia interessante, a patto che non gli sia già arrivata attraverso i social network.
Le notizie sono anche un paradosso niente male, perché sono l’architrave essenziale dei click ma anche il prodotto meno pagato su qualsiasi sito internet. Se vi va bene sono 3 euro a notizia, che sono una buona somma se siete studenti e vi ci pagate qualche vizio, come facevo io vent’anni fa, (oddio, VENTI ANNI FA?) ma in molti casi si parla di centesimi o di un forfettario molto basso in cui dovete scrivere almeno un tot di notizie in una fascia oraria.
Per questo le notizie sono utili, perché sono un ottimo investimento, garantiscono in molti casi un numero di accessi molto elevato a fronte di una spesa bassissima. Spesso bastano a mandare avanti un sito anche senza una direzione precisa, che continua a galleggiare come una nave senza più equipaggio, grazie ai click che arrivano da Google e dai social. Sì, Lega Nerd, purtroppo sto parlando di te.
Una notizia al momento giusto produce molti, molti più click di quel bellissimo articolo di retrospettiva sull’utilizzo della cannabis negli uffici della Atari degli anni ’70 in relazione ai primi videogiochi.
Le news, escludendo investimenti in sponsorizzazioni sui social, articoli particolarmente virali e situazioni straordinarie, sono ciò che tiene in piedi la baracca, sono ciò che permette che un sito possa anche dedicarsi ad articoli meno profittevoli ma più interessanti per l’immagine del progetto editoriale.
Anzi, spesso, quando ci sono state discussioni su notizie date particolarmente male, la motivazione che vieni fuori è “questo è quello che dobbiamo fare per campare”. Per questo se ne buttano fuori di continuo, con i risultati che poi vedremo.
Un altro paradosso è che fare il newser è, credo, un’ottima gavetta, se fosse un lavoro pagato decentemente. Insegna a selezionare le fonti, tradurre velocemente e senza sbavature, a decidere ciò che può essere notiziabile e cosa no, a sintetizzare in poco tempo un testo chiaro e leggibile e così via.
Ovviamente se è un lavoro fatto con un minimo di criterio, ma molto spesso non è assolutamente così. Vuoi per inesperienza, vuoi per scarso controllo, vuoi perchè la paga è infima, vuoi per dolo vero e proprio, le notizie sono spesso tradotte male, copiate senza tanta vergogna da altri siti italiani. A volte sono direttamente false, estrapolate senza contesto oppure, semplicemente, non sono notizie, ma chiavi di ricerca mascherate da notizie e altre cose che poco hanno a che fare con l’informazione.
Ogni giorno per la Rassegna Stanca su Twitch scandaglio i principali siti italiani ed esteri. E se all’estero a volte va meglio, ma non è ormai più così, in Italia la situazione è deprimente. Lo dico senza nessuna acredine personale. E se una volta poteva capitare la news un po’ data male per fare polemica, ormai non c’è alcun limite, perché i siti di informazione stanno piano piano cedendo alla creazione di notizie totalmente prive di attinenza con la line editoriale, soprattutto dopo la pandemia, che ha generato un volume di traffico a cui adesso è brutto rinunciare.
Il risultato è che è assolutamente normale ormai trovare notizie con titoli del tipo “ecco il dettaglio che vi è sicuramente sfuggito nella serie X” che magari è una stupidaggine, oppure “quando uscirà questo gioco per console su PC?” quando è palese che non è stato annunciato nessun piano di conversione del suddetto gioco. Ecco titoli che ricordano i giornali scandalistici che parlano di bambini vampiro nell’entroterra del Missouri oppure sviolinate alla bellezza della lavanda che colora la provincia italiana in un sito che parla di argomenti nerd.
Di solito il cavallo di troia per questo ulteriore impoverimento è una sezione “scienze”, che diventa rapidamente il contenitore ideale per un po’ di tutto. Di solito il cavallo di troia per questo ulteriore impoverimento è una sezione “scienze” che diventa rapidamente il contenitore ideale per un po’ di tutto.
Perché alla fine in queste categorie ci puoi mettere qualsiasi cosa, dalle ricerche strampalate alle cospirazioni storiche e così via. In poche parole, se il vostro sito apre improvvisamente una sezione “scienze” preoccupatevi, perché ben presto sarete sommersi di robaccia.
Un altro grande classico è la notizia “cosplayer X ha fatto il cosplay di questo personaggio” con embed del suo instagram.
È questa effettivamente una notizia? Chi ne ha bisogno per campare vi dirà di sì, oppure vi dirà che c’è di peggio. Anche perché i soldi sono pochi, e ribadisco, grazie alle notizie si fanno fruttare molto bene.
Ma cosa è oggi una notizia?
Le risposte a questa domanda possono essere milioni. Una delle più dirette è che “notizia è tutto ciò che qualcuno da qualche parte vuole nascondere, il resto è pubblicità”, definizione forse un po’ troppo rigida, soprattutto per gli standard del giornalismo dedicato alla cultura pop. L’altro grande classico è che la notizia non è il cane che morde l’uomo, ma l’uomo che morde il cane. Tutto vero, il problema è che queste frasi arrivano prima che la cosa più importasse fosse portare qualcuno a cliccare sul link.
Una volta c’erano si notizie esagerate e strilli di copertina ma si acquistava il quotidiano come contenitore. Al suo interno c’era il pezzo scandalistico ma anche l’approfondimento, adesso ogni parte della proposta editoriale deve funzionare, oppure farsi trainare dal resto e diventare un costo.
Se lo chiedete a me, una notizia è tutto ciò che porta un dato informativo veritiero e che in qualche modo offre al pubblico un contenuto interessante, non vago, attinente con l’attualità e senza fare appello alle emozioni per ottenere il tanto agognato click. Purtroppo, è una visione molto lontana dalla situazione attuale.
Avere cinque o sei notizie di insider che ti giurano che uscirà una nuova console (cosa che puoi non avviene) non è dare notizie, è fare, gossip, è alimentare un mercato dell’hype che ti tiene a galla a fatica. Poco importa se ogni tanto ci prendono e quindi, nel dubbio, l’indiscrezione va data.
Dirmi che una cosplayer ha pubblicato una nuova foto piccantella non è una notizia, non importa quanto tu possa sostenere che fai un servizio a lei pubblicizzandone il lavoro, non lo è, non è una informazione rilevante per il mondo dei videogiochi, dei fumetti o del cinema.
Scrivermi che c’è uno studio che rivela l’importanza del potassio nella dieta o che il caldo ci fa diventare più aggressivi (e sì, ho trovato notizie del genere) non è una notizia. Anche perché il risultato finale è che il pubblico è ormai assalito da una tale mole di informazioni che quando per caso c’è qualcosa di interessante si perde subito.
Tuttavia, alla definizione di prima c’è una postilla. Come accaduto per il Corsivo, alla fine diventa notizia tutto quello che ha una potenziale massa critica o che le testate decidono debba diventare notizia.
In conclusione… fate voi
Quindi c’è poco da fare. Vorrei tanto dirvi che il vostro obiettivo, in quanto newser o caporedattori sarebbe ottenere una sezione news fatta bene, anche perché lo sapete benissimo, ma se l’obiezione resta “alla fine io devo pagare le bollette” il dibattito si ferma, perché ovviamente non sono qua ad augurare che la gente finisca per strada.
L’altra obiezione è che se c’è qualcuno che produce queste notizie è solo perché qualcuno clicca. Ed è vero, però il rapporto tra pubblico e produttori di notizie è a doppio senso. Se qualcuno clicca è perché qualcuno produce. Se non ci fossero notizie spazzatura forse il livello medio sarebbe più alto e non avremmo una flessione nei siti. Purtroppo, sperare che tutto il settore rispetti questo patto etico è un po’ come sperare nel comunismo internazionale, la redistribuzione della ricchezza o che i freelance non si facciano la guerra al ribasso ma si coalizzino in sindacati che permettano loro di farsi pagare in modo equo e puntuale.
La soluzione all’impoverimento generale delle notizie non c’è. Vorrei poterla fornire ma finché i siti cercheranno di campare (poco e male) solo accumulando click per poi trovare sponsorizzazioni su quei click per pagare bene alcune persone, poco altre e pochissimo altre ancora la situazione non cambierà. Ci sono alcuni esempi virtuosi, forse, ma un singolo esempio non fa sistema. Alcuni lavorano meglio e altri peggio, purtroppo i siti che lavorano peggio sono sempre di più. Probabilmente un giorno crollerà tutto e ripartiremo da zero, oppure, più semplicemente, questa situazione andrà avanti così perchè tanto anche i siti messi peggio vivacchiano comunque grazie alla SEO mentre altri prendono il loro posto in cima alla catena alimentare.
L’unica soluzione che posso offrirvi è smettere di leggere robaccia, o almeno smettere di leggere le notizie peggiori, resistere dal commentare quelle che sono fatte per farvi arrabbiare o indignarvi. Come professionisti invece posso solo sperare per voi che finiate in un posto dove vi pagano bene e vi fanno scrivere notizie in maniera etica.
Se così non fosse non potrei fare altro che dirvi di andarvene, solo se iniziamo a smettere di farci pagare pochi centesimi potremo valere qualcosa di più. Perché per quanto ce la si possa raccontare la verità è che il giornalismo pop, soprattutto in Italia, si basa spesso su un volontariato che nasce dalla speranza di ottenere qualcos’altro mentre pochi, felici pochi raccolgono i frutti.
Scusate, oggi va così.
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