Domande furbe e copioni poco furbi
Oggi puntata double feature con un paio di temi che mi hanno incuriosito questa settimana.
Scusate il ritardo, oggi ero un po’ a corto di idee, avevo qualche commissione da fare e ci ho messo un po’ a far ingranare un pensiero che potesse essere interessante.
Me ne sono venuti due, quindi oggi puntata double feature, come si usava una volta nei cinema quando mettevi due film. Un puntata filler, se fossimo in una serie tv, ma ci vogliono anche quelle.
Nella prossima, salvo emergenze, mi piacerebbe rispondere a eventuali domande che sto accumulando. Quindi se ce ne sono fatele commentando questa puntata!
Domande furbe
Ha fatto molto scalpore in queste ore la risposta di Ignazio LaRussa alla trasmissione Belve in cui, quando Francesca Fagnani gli chiede come si comporterebbe di fronte a un figlio gay ha risposto “Un figlio gay? Lo accetterei con dispiacere, è come se fosse milanista. Sono eterosessuale e sarei dispiaciuto perché sceglierebbe una strada diversa dalla mia.”
La risposta ha ovviamente sollevato un vespaio di polemiche, accuse di omofobia, discussioni in merito al fatto che una carica dello Stato dovrebbe mostrare un altro tipo di stile perché rappresenta non solo sé stesso, anche nelle giustissime risposte personali.
Ma onestamente io mi chiedo: cosa ci si aspettava che rispondesse Ignazio LaRussa?
Fagnani sapeva benissimo a cosa servisse quella domanda: era il gancio per finire sui giornali il giorno dopo, il catalizzatore per scatenare l’ennesima polemica in cui prendere le distanze dal mostro per sentirsi migliori o per rinsaldare la sua vicinanza a posizioni che, sotto sotto, molti padri condividono.
Quella domanda non serviva a spostare di un millimetro il dibattito sull’omosessualità in Italia, serviva solo a mettere un bel bersaglio su LaRussa e farci vedere e rivedere quella puntata. Pura pubblicità (anche per LaRussa, ovvio). E tutto è ovviamente concordato, non pensa che Fagnani possa intervistare un personaggio politico di quel livello giocando a carte coperte.
Al di là dell’uso strumentale dell’omosessualità, quello che ci interessa come persone che lavora nell’informazione è proprio quanto sia efficace questo schema e come mai le interviste, un certo tipo di interviste, siano un format che può funzionare molto bene.
Perché, e questo purtroppo va detto, molte interviste non si fanno per confronto, non si fanno per curiosità, non si fanno per “dare voce” a qualcuno, ma perché si sa benissimo che ne verrà un vespaio su cui è possibile capitalizzare. Penso ad esempio in queste ore a un “confronto” che ho visto sull’ormai logoro tema del boicottaggio di Hogwarts Legacy e che si è rivelato solo l’ennesima gara a chi la sparava più rozza senza manco aver tentato mai per sbaglio di informarsi sull’argomento.
Ho già parlato delle interviste e di come prepararsi, ma per come la vedo io ci sono due filoni principali: quelle in cui ti siedi sul divano con qualcuno e crei un ambiente accogliente o le stanze da interrogatorio con la luce puntata in faccia al tuo interlocutore.
Entrambi questi filoni possono (e devono, perché che senso ha fare interviste se non ne esce qualcosa di interessante) darci qualcosa che sia il centro del discorso.
Se facciamo interviste amichevoli magari può essere una confessione particolare, un momento ironico, un’apertura improvvisa che rivela qualcosa di intimo.
Se invece stiamo percependo le interviste come un duello e una costante provocazione magari ne verrà fuori una risposta più rabbiosa e meno calcolata, una opinione ruvida, se non addirittura un contrasto violento.
Il modo in cui otterrete tutto questo sta a voi e forse le risposte diranno qualcosa su di voi, più che sul soggetto intervistato.
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Tutti copiano
L’altro giorno un mio contatto notava che su Instagram aveva trovato un parere sull’ultima puntata di The Last of Us particolarmente simile al suo, tanto da sembrare proprio copiato. Dopo poco nella discussione era intervenuto l’autore del post che un po’ imbarazzato dichiarava che sì, si era ispirato, ma non pensava di aver copiato, tuttavia rileggendo notava un sacco di somiglianze a cui non aveva fatto caso inizialmente.
Prendendo per buono il non aver copiato, le parole che aveva letto gli erano entrate così in testa che si erano sostituite alle sue.
La questione del “copiare su internet” è vecchia forse più di internet stessa perché ovunque ci sia un testo è probabile che qualcuno lo abbia in qualche modo copiato e con internet la situazione, invece che migliorare, è peggiorata.
Tantissimi testi su internet sono copiati, sia che si parli di roba copiata parola per parola che tradotta in modo letterale oppure ispirata in maniera plateale. È un fatto che moltissimi contenuti di pagine web che hanno avuto successo, tipo le pagine di meme, hanno campato per anni traducendo contenuti inglesi o saccheggiando Twitter o altre pagine simili.
Se parliamo di testi comici poi è il Far West, basta vedere l’ultima polemica sulla Littizzetto che ha ripreso parola per parola (o meglio, lo hanno fatto gli autori di Che tempo che fa) lo sketch comico di Noemi Mariani, aka @mangiapregasbatty su Instagram, senza manco darle un euro per il caffè.
Vi dirò di più: tantissima cultura pop è copiata, anche roba illustre. Ne parlavo né La Bussola D’Oro con Roberto a proposito di Indiana Jones.
E questo senza contare quanto molte recensioni o articoli non siano copiate ma cerchino sempre in qualche modo di allinearsi a un “sentire comune” che sia piacevole per il pubblico di un determinato prodotto
Purtroppo, quello di venire influenzati è una cosa che può capitare, vi capiterà, capita spesso anche a me. L’unica soluzione è chiudersi a tenuta stagna in fase di scrittura e al massimo vedere che si dice in giro in fase di rilettura, perché comunque un confronto è sempre utile. In alcuni casi è più semplice, perché magari il mondo intero sta scrivendo come voi e non ci sono pareri terzi, in altre situazioni può essere più difficile.
E per quanto possa essere forte la tentazione di cercare l’imbeccata esterna credetemi se vi dico che farete un piacere a voi stessi e a internet tutta continuando a scrivere cose vostre, per quanto sghembe, non allineate o meno approfondite che siano.
Anche perché scrivere qualcosa scopiazzando è come barare a un gioco di ruolo, l’unica persona che ci perde sei tu, perché non migliori, crei una immagine da mantenere che prima o poi verrà messa alla prova, ma soprattutto chiunque copi su internet finisce per essere beccato, e magari puoi cambiare sito, puoi cambiare settore ma lo scemo che non solo non è migliorato, ma ha pure dovuto cambiare lavoro sei tu.
Oh ma si sta avvicinando il primo anniversario della Newsletter!
Link!!!
Giulia Martino ha scritto di videogiochi, Ezra Pound e brutta gente.
Fabrizia Malgieri ha ricordato Leiji Matsumoto.
Io continuo a scrivere di The Last of Us.
Ho scritto di ChatGPT per Eppen chiedendo al bot che ne pensa dei problemi che crea.
Rubo a
questo pezzo che avrei voluto scrivere io: la storia culturale dello slime.
Domande furbe e copioni poco furbi
Formato emergenziale del doppio tema approvato :D
Lorenzo, il link all’articolo di Giulia porta a una foto