Ha senso fare un TEDx?
E in generale, ha senso partecipare come speaker senza farsi pagare? Come al solito, dipende.
Premessa: ciao bella gente arrivata con le Note di Substack! Sto ancora cercando di capire questo nuovo strumento, magari ne scriverò in seguito. Intanto, spero di non annoiarvi.
La mia piccola bolla social è stata interessata in queste ore da una vivace polemica sui TEDx innescata da Massimo Sandal, che ha declinato l’offerta di partecipare al TEDx Lerici con una lunga lettera.
Massimo Sandal è un divulgatore/giornalista scientifico che ha alle spalle un libro e numerosi articoli per molte testate tra cui Wired, Le Scienze, Esquire e per sua stessa ammissione “ha un carattere di merda ed è volgare”. Questo è anche dovuto alla sua neurodivergenza.
Tuttavia, nella lettera scritta al TEDxLerici e pubblicata su Facebook, Sandal è tutto meno che volgare, anzi, ha senza dubbio canalizzato la sua parte più precisa di divulgatore.
Riassumendo, Sandal dice di non voler partecipare perché non è interessato a farlo a titolo gratuito secondo le modalità di partecipazione a un TedX, che la visibilità prevista non vale, tutto sommato, lo sforzo e che, considerando che gli spazi ed eventuali maestranze verrebbero pagate, accettando perpetrerebbe la solita storia del lavoro culturale che non merita soldi.
Dargli contro è oggettivamente difficile.
Anche perché lavorare gratis è uno di quegli argomenti su cui praticamente ogni freelance si trova d’accordo.
Tuttavia, spesso la realtà delle cose è differente. Sottobanco le gare al ribasso o al far le cose per avere un po’ di visibilità o rimanere attaccati a brand, magari giusto per qualche gadget, e sperare in questo modo di risultare importanti e pagati da altri, è pratica comunissima.
A volte invece c’è chi lo fa perché tanto ha un altro lavoro e vuole solo coccolare il proprio ego e, banalmente, lo considera un investimento interessante.
Dunque, vale la pena partecipare a un TEDx? Come sempre, dipende. Prima è bene definire il campo da gioco.
Perché i TED sono diventati famosi
TED è l’acronimo di Technology Entertainment Design e definisce un serie di conferenze iniziate nel 1984 con personaggio del calibro di Negroponte e Mandelbrot diventate nel corso degli anni una sorta di evento d’élite per la cerchia di frequentatori della Silicon Valley e del mondo imprenditoriale canadese e americano.
Considerate che il biglietto di un TED può arrivare a costare anche 6000 dollari, forse di più.
La vera esplosione dei TED Talk, quella che ha creato il meme “grazie per essere venuti al mio TED” che diciamo non appena ci sentiamo di essere saliti in cattedra, risale a metà dei primi anni 2000, quando l’organizzazione decide di mettere a disposizione di tutti i video delle conferenze su YouTube e una piattaforma proprietaria. Così da condividere le idee non solo tra i ricconi, ma con tutti.
In pochissimo tempo i TED sono diventati un’affascinante modo per diffondere idee, esperienze, previsioni e analisi. Il format si è rivelato particolarmente efficace perché sono conferenze brevi, con una durata di circa 15 minuti in cui tutte le persone coinvolte sembrano sempre bravissime, eloquentissime e preparatissime, pronte a cambiarti la vita con un discorso di 15 minuti.
Ascoltare un TED ti fa sentire subito intelligente, ispirato e in qualche modo sulla strada giusta. Sono prodotti perfetti per la condivisione. Anche se i critici del formato sostengono che spesso sono un’accozzaglia di visioni semplicistiche, riassunti privi di approfondimento e un ottimo modo per condividere accomodanti e ingenue visioni sul futuro.
Tuttavia, i TED sono diventati anche una coccarda da appendersi al bavero, perché ai TED vengono invitati personaggi di alto rango. Ex presidenti degli Stati Uniti, Nobel e in generale persone che hanno fatto cose straordinarie. Entrare in quella cerchia è come far parte di una ristretta cerchia dell’intellighenzia moderna.
Poi, per espandere il marchio, sono arrivati i TEDx.
Cosa è un TEDx
I TEDx non sono i TED. Questa è la prima cosa da dire e la più importante. Sono eventi di terzi che ottengono la licenza TED per fare eventi organizzati in forma autonoma con il marchio TEDx in giro per il mondo.
Per capirci, è come se Mondadori dicesse “A te piccolo editore locale vendiamo la licenza per pubblicare libri sotto marchio MondadoriX, se segui le regole di questo format e in cambio puoi mettere i libri che vendi su questo store internazionale”. Non è un paragone precisissimo ma ci siamo capiti.
Le licenze TEDx sono una sorta di franchise di conferenze smart e intelligenti di vario genere tipo i TED
Per ottenere una licenza TEDx ci sono una serie di regole a cui attenersi su come pubblicizzare l’evento, come gestire le sponsorizzazioni, che tipo di speaker invitare, quante persone possono assistere dal vivo (non più di 100) e quanto far pagare un biglietto (non più di 100 euro, ma anche zero), con deroghe se chi organizza ha visto o partecipato a dei TED ufficiali.
Inoltre, la licenza ha un costo, che però non è mai esplicitato chiaramente, perché varia in base a chi la chiede. Può costare 100.000 euro, 10.000 o anche zero, dipende. È tutto molto fumoso.
In linea di massima essendo il TED una organizzazione no-profit, tutti i soldi investiti devono essere utilizzati all’interno dell’organizzazione, anche con eventuali sponsor. Affitto di locali, catering, servizio video, rientrare dal costo della licenza eccetera sono tendenzialmente le spese per l’organizzazione.
Gli ospiti, escludendo i costi vivi di spostamento, no.
Non è previsto, per statuto, alcun pagamento per chi sta sul palco (eventuali pagamenti sottobanco ovviamente non vengono pubblicizzati). La filosofia è, in un certo senso, quella del volontariato. Chi sa dona a chi vuole sapere, visto che al di là dell’evento fisico poi i video finiscono tutti sul canale TEDX su YouTube.
Come per i TED ufficiali, ogni intervento deve durare massimo 18 minuti e dev’essere perfettamente mandato a memoria, scritto e approvato con una o più persone che aiutano e indirizzano relatori e relatrici nella creazione dell’intervento. Insomma, è un lavoro notevole, o almeno, lo sarebbe per me che sono abituato ad andare molto a braccio quando sono sul palco.
Insomma, ne vale la pena?
Torniamo alla lettera di Sandal. Da quello che abbiamo visto, partecipare a un TEDx vorrebbe dire lavorare sodo per limare un testo da imparare a memoria, scritto assieme a persone che in qualche modo limano, suggeriscono e modificano il materiale, poi andare su un palco, dire la tua tornare a casa con una bella foto e un video su YouTube per dire “ho fatto un TEDx, è stato bellissimo, una grande emozione, sono felice di avervi parlato di me”.
E tutto questo gratis, per il gusto di condividere qualcosa o, come spesso accade, perché fa figo e ne esci con un bel video che puoi rivenderti in chiave di personal branding.
Partecipare come speaker gratuitamente agli eventi, di base, secondo me è sbagliato, ma non tutti gli eventi sono TEDx. Se non è richiesta una particolare preparazione posso pensarci, ma ci sono fattori di amicizia, opportunità, luogo ecc da considerare.
Un po’ come nelle RARE volte in cui scrivo gratis. Ma torniamo sul punto.
Sul discorso che in qualche modo il TEDx sia l’ennesimo modo per non pagare il lavoro culturale è difficile accampare obiezioni. Anche perché nasce come spazio in cui va a parlare gente straricca che in qualche modo fa della beneficenza.
Mentre di solito io, e penso molti altri, quando siamo invitati a parlare e a preparare un discorso togliamo tempo e spazio al lavoro, o peggio, al riposo.
E quindi come al solito fare cultura diventa un discorso per privilegiati. Un po’ come fare il giornalista, ormai. Perché a camparci sono pochi, per gli altri sono hobby per arrotondare o direttamente un passatempo per coltivare l’ego.
Il punto forse è proprio la questione del volontariato. Lo si fa perché vogliamo condividere qualcosa con gli altri senza ottenere niente in cambio se non l’idea di aver aiutato qualcuno.
Onestamente mi pare una posizione assolutamente condivisibile, al pari di quella di Sandal, si anche se la tizia che ci ha microfonato e quello che servono al buffet dopo vengono pagati e noi no.
E per quanto riguarda la visibilità? Ho sempre avuto l’impressione che il TEDx, per quanto meno prestigioso, sia comunque una carta interessante da giocare per il personal branding. Una sorta di investitura. Però, come vedrete, non è mica detto.
Tra l’altro la cosa buffa è che i talk non dovrebbero essere pubblicità autoreferenziali, ma questa regola, pensata per i portavoce dei marchi, si applica male quando vengono invitati content creator, influencer e in generale gente che mescola vita e lavoro. E quindi inevitabilmente chi parla a volte parla anche di sé.
Comunque, al di là della coccarda di speaker del TEDx da appuntarsi sui profili e nelle bio, se vado a guardare la pagina YouTube si vedono molti video con numeri che farebbero vergognare un ragazzino alle prime armi. D’altronde ci sono oltre 195.000 video, quale visibilità potranno mai garantire?
La mia impressione è che, come spesso accade, se sei già una persona con un seguito il TEDx servirà a confermare quella visibilità e garantire views al video, altrimenti o hai fatto qualcosa di veramente virale che diventa famoso seguendo le leggi caotiche della viralità, oppure resterà un video visto da una manciata di persone che linkerai nella tua bio.
Insomma, se non sai già una persona mediamente nota, la visibilità è una scommessa molto dura da vincere. Sentirsi ganzi o reputare qualcuno ganzo perché fa un TEDx è più una questione di percezione che di tangibile visibilità, salvo eccezioni.
Togliamo quindi la visibilità dal mazzo, cosa resta?
Secondo me resta una cosa a cui personalmente do molto valore. Forse un valore non pari ad alcuni eventi a cui mi hanno invitato e per cui sono stato ben pagato, ma comunque centrale.
Ne faccio un discorso personale perché alla fine, al di là dei dati oggettivi (nessun pagamento, visibilità tutta da vedere), ciò che resta è l’esperienza di lavorare con un team che ti aiuta a tirare fuori un discorso di 15 minuti e, che, in alcuni casi, ti affianca anche un vocal coach per migliorare la tua esposizione.
Penso che lo farei (ma tanto chi mi si caga) solo per questo motivo: imparare qualcosa su come esporre meglio le mie idee. Ovvio che se siete già persone bravissime per voi ha meno senso.
Personalmente non credo che fare un TEDx sia uno scambio dove ci vai a rimettere ma qua entra in gioco l’ultima osservazione: ogni TEDx è diverso.
Ho parlato prima di scrivere con un po’ di persone che ne hanno fatti. C’è chi si è trovato benissimo, chi ha ricevuto un affiancamento fondamentale, chi ha avuto esperienze un po’ misere e chi ricchissime, chi dopo ha ottenuto più visibilità e lavoro, chi no. Chi si è trovato a suo agio e ha scritto serenamente l’intervento e chi ci ha smattato per un mese ricavandone un forte stress.
Quindi alla fine, dopo aver valutato ogni pro e contro, l’unica risposta possibile come sempre è che lo sapete voi che fare del vostro tempo. Lo sapete voi se portate avanti uno stereotipo di cultura a gratis o se ne state ricavando qualcosa di utile. Lo sapete voi e magari prima di farlo fatevi consigliare, per sicurezza.
Nel peggiore dei casi avrete un video dove sarete molto cool e che sarà perfetto per il vostro CV online.
Linkini
Luca Annunziata ha scritto di videogiochi indie, Game Pass e ci ha messo dentro Marx, non so come.
Se invece cercate un buon fumetto di Tom King, eccolo qua.
parla di Sound Design nei videogiochi. ci parla dell'importanza di ricordarsi come si fanno le domande.Bella riflessione di
sul paradosso editoriale: trovare il pubblico prima degli editori.
Avevo parecchi punti interrogativi dopo il post di Sandal, ma immaginavo ci fossero anche più fattori da considerare rispetto al discorso di pancia "ecco, pure qui ti pagano solo in visibilità!". Questo era proprio l'approfondimento di cui avevo bisogno, grazie!