Have no fear of missing out
Cosa è la FOMO, perchè chi fa questo lavoro ne é particolarmente esposto e come provare a uscirne (spoiler: è dura)
Come va gente? La mia è stata una settimana interessante, fatta di qualche basso e alcuni alti. Sarò onesto come lo sono sempre stato, il periodo è gramo, sto cercando di guardarmi in giro per trovare qualche fonte di reddito adeguata e stabile, ma come potete immaginare è tosta in un periodo di recessione quando in fondo sai solo scrivere, condurre, organizzare una scaletta, intervistare, fare copywriting, scrivere testi per terzi e poco altro, però cerco di restare positivo e, chissà, magari imparerò qualcosa che potrò raccontarvi.
Di buono c’è che questa settimana il mio lavoro mi ha portato a intervistare Nolan Bushnell (e se ci conosciamo già lo sai perché l’ho spammato in lungo e in largo), ovvero il padre dell’Atari. L’intervista è andata molto bene e mi piace come è venuta fuori, con un buon bilanciamento tra quello che interessa a me e quello che aveva senso per Italian Tech, ma la cosa più interessante che ne è venuta fuori è un’altra.
Una volta tornato a casa mi hanno chiesto subito il pezzo così da uscire al volo la mattina dopo, questo voleva dire lavorare sicuramente dopo cena. Capita, può non far piacere ma sono i rischi del mestiere e li si accetta con un certo romanticismo.
Quello però che mi ha stupito è che quando sono andato a sbobinare praticamente mi ricordavo tutte le risposte a memoria. Il mio cervello ha vissuto quel momento con una presenza tale da assorbire tutti i passaggi, i concetti e le battute più interessanti, conservandole fino a sera. Mi sono limitato a prendere la registrazione, saltando qua e là per amore di verificare, ma quello che poteva essere un lavoro di un paio d’ore si è ridotto quasi della metà.
Certo, questa intervista per me aveva un sapore speciale. Bushnell inventando l’Atari mi ha praticamente cambiato la vita, c’era un’emozione tutta particolare nell’incontrarlo, anche perché l’ultima volta che successe mio padre era ancora vivo e fu per lui una definitiva consacrazione di un figlio che stava iniziando a fare belle cose col suo lavoro. Non posso negare che la voce mi ha tremato nel primo minuto e di aver seguito ogni sua parola con concentrazione particolare, ma voglio cercare di conservare questa presenza di spirito anche per altre interviste.
Non saranno tutte intense come questa ma ricordarsi benissimo ogni passaggio riduce il tempo di scrittura e il tempo, si sa, è denaro.
E se poi te lo perdi?
Il tempo è anche l’unica valuta che tutti noi spendiamo allo stesso modo e la vera ricchezza oggi è poterlo spendere come si vuole e non come vogliono gli altri, ma anche le persone più facoltose o i giovani con molto tempo libero (anzi, soprattutto loro), possono cadere vittima della famigerata FOMO, la Fear of Missing Out.
La Treccani definisce la FOMO “sensazione d'ansia provata da chi teme di essere privato di qualcosa di importante se non manifesta assiduamente la sua presenza tramite i mezzi di comunicazione e di partecipazione sociale elettronici interattivi”. È uno dei mali del nostro tempo ed è legato alla perniciosa azione di algoritmi che tendono a premiare chi rimane nel loop delle interazioni e a farci credere che se non sei online a commentare o manifestare le tue esperienze allora non stai veramente vivendo, perché la tua vita non è pubblica.
Più lo scrivo e più suona scemo, ma ci siamo cascati tutti, non facciamo finta di niente.
Per chi lavora sui contenuti della cultura pop la FOMO è un po’ come quell’amico che ti porta sempre a fare cazzate, quello che appena lo vedi sai che finirà male e provi ad arginarlo, ma poi ti svegli il giorno dopo a mezzogiorno che a malapena ti ricordi chi sei. Questo perché la FOMO per noi è letteralmente parte di ciò che facciamo, o almeno siamo portati a pensarla così, per tre motivi.
Chi fa un lavoro culturale (nel senso più ampio del termine) tende ad avere meno riprova della propria opera. Se fai il falegname e devi fare una sedia alla fine della giornata hai una sedia, hai lavorato, se devi riempire dei documenti li riempi e hai lavorato, se devi scrivere un articolo, un libro, fare delle ricerche, cercare nuove prospettive di lavoro, fare una scaletta o anche solo cercare l’ispirazione fissando il muro la rappresentazione del tuo lavoro è spesso sfumata e possono volerci giorni prima che sia effettivamente verificabile (vedi le foto dell’intervista con Bushnell). Ecco perché tendiamo a postare in modo compulsivo ciò che facciamo: mostriamo al mondo, ai possibili nuovi clienti e a noi stessi che sì, lavoriamo.
I social network sono spazi di aggregazione in cui chi crea contenuti deve stare continuamente al passo, perché se non posti tu posta qualcun altro e le persone si aggregano attorno a lui. Anche perché uno dei mercati dell’attenzione riguarda anche le emozioni per procura e la partecipazione al rito collettivo. Se esce il trailer figo e te lo guardi e basta senza condividerlo non va bene, se tutti si affrettano a dare un parere su una roba uscita adesso (ovviamente dividendosi tra merda e capolavoro) non va bene, se non stai nel flusso costante di notizie, uscite e pareri sparisci. Inoltre, il pubblico sia aspetta esattamente questo da te, che tu sappia tutto e devi saperlo subito perché un attimo dopo devi già parlare della cosa dopo.
Siamo persone che per lavoro o riportano notizie o danno la loro opinione, esseri programmati per pensare che il nostro parere abbia valore e che qualcuno voglia leggerlo. I social network alimentano questa credenza in tutti noi, anche in quelli con pochissimo seguito, perché si basano esattamente sull’idea di potenziare quel momento molto anni ’80 in cui l’amico che torna dalle vacanze vuole farti vedere le diapositive e pensa che te ne freghi qualcosa. E quindi quando non partecipiamo al rito collettivo del parere ci sembra strano, ci sembra quasi che ci sia là fuori uno stuolo di gente che attende il nostro parere. Beh, sappiate che spesso non è così.
A tutto questo si aggiunge anche il fatto che, da freelance, mostrare costantemente che lavori può essere un modo per ottenere più lavoro. Tutti hanno vissuto la fase “devo conquistare tutte le bandierine e scrivere ovunque, così non lo faranno gli altri, così supererò gli altri”. E per quanto non sia un concetto che mi piace possiamo dire che la FOMO in certi momenti è un’ottima leva per lavorare meglio, rimanere più concentrati e fare più cose.
Ma lavorare con la paura è solo un ottimo modo per ritrovarsi un mercoledì pomeriggio a guardare il soffitto mentre cercate di capire perché il cuore batta così forte e vi sentiate così male solo perché non siete riusciti a dire la vostra sul nuovo trailer della Disney o non avete finito il tempo una serie tv per poter buttare fuori l’ennesimo parere in un flusso di pareri, spesso molto simili.
Il grande inganno del sistema sta proprio nel farti consumare, consumare, consumare, senza fermarti mai.
Come se ne esce?
È complicato, perché oggi più che mai siamo investiti da un flusso di contenuti difficilissimo da elaborare in cui se cerchi di dire qualcosa una settimana dopo che l’anno detta gli altri già sembra non interessare più a nessuno. Anche perché l’obiettivo del mercato e cercare di massimizzare l’impatto comunicativo in momenti ben precisi, quindi quando scade l’embargo di qualcosa siamo tutti là, pronti a scriverne, anche se avremmo magari voluto più tempo, anche se il nostro parere avrebbe valore anche dopo.
La cosa è particolarmente complessa per me perché, per quanto sia “specializzato” nei videogiochi, mi piace coprire più ambiti ed essere interdisciplinare, quindi parlare anche di film, serie tv, gadget vari, tech, social network e così via. Se fossimo a un TED Talk potrei dire di essere “multipotenziale” e beccarmi un applauso, ma invece vogliono fare semplicemente troppe cose per tenere impegnato un cervello agitato.
Mi è capitato di bloccarmi in mezzo al traffico perchè dovevo postare il trailer appena uscito, di trovarmi la sera fuori da un locale a scrivere storie per raccontare le mie impressioni su un videogioco o la foto della mia faccia sorpresa per chissà cos’altro.
Poi qualcosa è fatto click.
Mi sono reso di quanto siamo affetti da questo ciclo continuo di consumo e pareri quando uscì il Batman con Pattinson. Su N3rdcore non ne parlai io ma condiviso il pezzo e quando mi chiesero un parere dissi semplicemente che non l’avevo visto. Mi fu risposto qualcosa di simile a “ma come, è parte del tuo lavoro vederlo il prima possibile”.
E là ho realizzato che no, non era così. Che il mio unico dovere casomai era scrivere pareri onesti e ragionati, era cercare di riportare le cose con fedeltà e conservare la mia salute mentale, evitando di contribuire a un giornalismo sempre più veloce, superficiale, emozionale e pieno di reazioni da fan e non da critico.
Ma soprattutto ho realizzato che anche se non parlavo subito di Batman il mondo continuava a girare, che l’unico momento in cui devo arrivare subito è quando c’è in ballo il mio lavoro (vedi l’intervista sbobinata la sera dopo cena), ma negli altri momenti devo essere in grado di capire che tutto sommato non sono obbligato a parlare costantemente se non sento una vera necessità di scrittura.
Recuperare qualcosa perché devo e non perché voglio è oggi il modo migliore per trasformare le parti più belle di questo mestiere in una corsa tra disperati. E per quanto a volta sia necessario farlo quando si può evitare è meglio.
In particolare, sono molto felice di staccarmi dalla corsa alla recensione, genere letterario che trovo sempre meno interessante, perché ridotto spesso a mero consiglio per gli acquisti in cui l’analisi viene messa in secondo piano rispetto al dare al lettore la scintilla per consumare qualcosa e confermare i suoi bias (guai a te se vai contro!). Ma di quanto poco ami le recensioni ne ho già parlato troppo.
In fondo N3rdcore nasce anni fa, ben prima che se ne parlasse oggi, che i grandi siti sono in crisi e che il settore delle notizie un tanto a chilo inizia a puzzare, proprio per questo motivo: scrivere con calma pareri interessanti che durassero nel tempo.
E pazienza se non arriviamo primi, il lusso di essere piccoli sta proprio nel potersi gestire il tempo come vuoi, perché non sei in competizione con chi deve sputare sentenze subito, anzi, stare fuori dal day one, dove parlano tutti, ti giova pure.
Ci può essere grande lusso nel realizzare la propria insignificanza e nel realizzare che la corsa alla fine è con te, più che con gli altri.
Mi son reso inoltre conto che la mia carriera non è governata da quanto velocemente sparo un parere, ma è molto più influenzata da una reputazione costruita negli anni, dal caso, dalla fortuna, dai contatti.
Ovviamente è un discorso che faccio per me, per il percorso che ho fatto, senza alcuna pretesa di universalità e che arriva dopo anni. Nessuno può criticare la fame di affermazione di chi si affaccia oggi alla professione.
Ne sono del tutto uscito quindi? Assolutamente no, ogni tanto mi prende la malinconia perchè “oddio tutti hanno fatto questa cosa e io no, sparirò dalla memoria della gente e non lavorerò mai più” oppure “ecco tizio ha fatto questo mentre io non faccio niente, sono un fallito”, però se mi fermo a riflettere mi rendo conto che non sarebbe cambiato niente se avessi espresso subito il mio parere, che ci saranno altre occasioni.
Come potete migliorare il vostro approccio ai contenuti? Forse con un lungo cammino in cui innanzitutto dobbiamo renderci conto che non siamo obbligati da nessuno a postare ciò che facciamo, che se arriviamo dopo nel parlare di una serie tv pazienza, che l’esperienza più importante è la nostra e il condividerla, per quanto bello, arriva dopo.
Che la nostra professione storicamente si basa sì sull’arrivare prima, ma anche sull’arrivarci meglio e che non ci occupiamo di cronaca nera, ma dovremmo essere più vicini alla gastronomia, assaporando con lentezza qualcosa di cui poi parlare con passione. Provate anche a coltivare community vostre, dove i tempi li decidete voi.
Forse gioveremmo anche al nostro settore, chissà.
E sapete che vi dico? Che oggi non ci sono i link, così non sembra che vi perdiate qualcosa.
Chiudo dicendo che questo articolo nasce dopo aver chiesto alla piccola ma bellissima community di questa newsletter quale potesse essere un argomento di vostro interesse. Mi piacerebbe continuare questo dialogo, quindi sotto con le proposte!
P.S.
Avete visto che bella la nuova veste grafica curata da Maurizio Toccafondi?
Bellissima disamina sulla FOMO. Sì, ci siamo passati tutti in maniera più o meno pesante. Mi piace sempre molto la tua onestà.
Ma soprattutto, quanto è adorabile Nolan Bushnell? Ho seguito il suo Press Café a Lucca e oltre all'emozione di avere di fronte una leggenda dei videogiochi era proprio piacevole ascoltarlo parlare. Pacato e riflessivo, anche un po' spiritoso. E poi è stato disponibilissimo a scambiare quattro chiacchiere con tutti anche dopo l'incontro anziché fuggire subito.
<3