Il paradosso dell'esperienza
E altre cose capitate in questi giorni di press tour a tema Spider-Man e corsi di disegno
Non so come è ricominciato il vostro settembre, ma il mio è partito come una molla compressa troppo a lungo. La cosa più buffa è che quando sei uno abituato a sabotarsi da solo anche una cosa positiva come questa (credetemi, per un freelance è positivo che le cose siano in movimento, perché è nell’inattività che cresce l’ansia se non hai un contratto) può essere vista come fonte di stress.
Banalmente, “ho tante cose da fare!” può essere una frase bella o brutta, dipende se riesci a gestire quelle cose. Sotto questo punto di vista sto cercando di imparare trucchetti banali ma sempre utili. La cosa più semplice di tutte e prendersi un giorno e metterci sul calendario o in agenda tutti gli impegni che già hai.
Per quanto possano essere questi impegni, averli su un foglio e non in testa mi aiuta a gestirli, semplicemente perché li vedo tutti là, hanno una forma definita. È come sapere quanto correrai e non correre finché non ti stanchi, fa tutta la differenza del mondo.
Back to school
Questa settimana sono anche ripartite le scuole e con loro l’ironia sulla gente che mette le foto dei figli con frasi che ricordano più una madre che saluta il figlio che va in guerra che un bambino che va a giocare con altri amici alle elementari.
Il “back to school”, forse lo sapete è uno di quei momenti scanditi nei piani marketing e nelle redazioni perchè si vende un sacco di roba e perchè si rispolverano i classici servizi sulla scuola, i servizi scolastici, le infrastrutture eccetera. Un evento al pari dell’estate, il Natale, Capodanno, Pasqua e primi caldi. Il cosidetto giornalismo stagionale che tiene in piedi telegiornali e quotidiani.
Anche io ho iniziato una scuola e, contemporaneamente, ho (ri)cominciato a lavorare in una scuola. Da questo mese infatti collaboro con la Scuola Internazionale di Comics di Firenze, in cui già tengo le classi di Storia dei Videogiochi, per aiutarli a spingere un po’ i canali social, creare reel, idee di comunicazione.
Diciamo che sono un po’ il loro ufficio creativo. Una bella sfida perché raccontare una scuola e le sue attività formative, i docenti e gli studenti è qualcosa che richiede un’attenzione particolare, magari vi racconterò un po’ i miei progressi. Intanto, se vi va, seguiteli.
Contemporaneamente, nella stessa scuola, ho iniziato un corso di disegno base. Il twist è che io non so assolutamente disegnare, ma proprio zero, faccio ancora il sole tondo coi raggi, le casette col tetto triangolare come si facevano alle elementari e così via.
L’inizio è stato… tosto, per usare un eufemismo, perché l’obiettivo delle prime lezioni è scollegare il cervello da quello che credi di vedere e che invece viene sostituito da quello che il tuo cervello usa come simbolo. Bisogna quindi imparare a disegnare esattamente la linea che hai di fronte e non qualcosa su cui il tuo cervello attua delle scorciatoie.
È stata dura perché ho 42 e inevitabilmente il mio cervello ci mette di più a rimuovere certi blocchi, ma è stata dura anche perché quando inizio qualcosa mi aspetto subito dei risultati, perché anche se dico di non essere bravo c’è una parte di me che si aspetta di esserlo in tutto e deve esserlo. (Classico background da bambino a cui tutti hanno detto che era bravo e quindi deve sempre soddisfare quelle aspettative).
Però è stato anche bello perchè, ormai si è capito, fare cose nuove è la mia droga.
Vi farò sapere di questo percorso, dopo tre lezioni qualche piccolo miglioramento c’è stato. Il problema è trovare tempo per esercitarsi.
Spider-Man va a Londra
La settimana scorsa sono stato a Londra per provare Spider-Man 2 ed è stato uno di quegli eventi stampa molto classici (poco tempo fa ti avrei detto “prepandemia”): un bello spazio espositivo arredato come si deve con tutti gli elementi per evocare l’atmosfera del gioco e garantire una buona creazione di video e foto per i content creator coinvolti, un’oretta di gioco, intervista, albergo bello e volo senza intoppi.
Se ti interessa sapere com’è il gioco ne ho parlato in questo video. Sì sto faticosamente ritornando a farne, dico “faticosamente” perché l’estate sembra aver azzerato quella piccola spinta che aveva preso il canale YouTube, ma è abbastanza normale, mi dicono che i social siano un po’ scarichi nel ritorno dall’estate.
Banalmente, è il momento in cui magari Meta, TikTok e YouTube provano a capire se riescono a spremerti qualche lira dalle sponsorizzate e c’è da riequilibrare il boom di contenuti estivo.
Questo molti content creator lo sanno e cercano di non programmare ora contenuti troppo forti, pur mantenendo una certa costanza. Io, che tendenzialmente faccio sempre una gran fatica coi numeri, vuoi per l’età, vuoi per i contenuti, vuoi perché sono io, non me ne accorgo. È solo un altro giorno di sforzi per cercare di emergere.
Quando l’esperienza ti frega
Tuttavia, a volte emergere non è detto che sia la strada per il successo, o almeno, per i soldi. Ora, questo non riguarda me, perché in quanto giornalista chi mi paga (poco) di solito è un sito, un quotidiano eccetera, mentre un content creator inizia a guadagnare quando agli eventi non ci va più solo come invitato, ma come invitato pagante.
Il problema è che ultimamente l’obiettivo delle aziende, basta accorgersene guardando a chi fanno fare i contenuti #ad, chi invitano a pagamento, con chi collaborano, sembra essersi spostato da chi segue una nicchia a chi potrebbe aprirne una nuova.
L’obiettivo delle grandi produzioni, ad esempio la serie Netflix di One Piece, è rompere la bolla, per quanto grande, per quanto composta da milioni di persone. E rompere la bolla è una delle cose più costose da fare per un marchio. Certo, la qualità resta un’ottima soluzione per farlo, ma serve inevitabilmente del marketing perché la discussione superi gli argini degli appassionati e incuriosisca anche scettici e ignari.
Questa è la fase che richiede i maggiori sforzi comunicativi ed economici e che quindi spesso si prende anche la fetta più grande. Son bravi tutti a parlare a chi già ti ascolta.
Il risultato di queste logiche di comunicazione è la creazione di un paradosso.
Immaginate di essere dei content creator che parlano attivamente a una nicchia: diciamo i film Marvel, le serie tv, il collezionismo di Funko, quello che vi pare. Ovviamente ci sarà una fase in cui le aziende vi contatteranno perché avete un pubblico e quel pubblico vi ascolta e magari vi considera pure autorevoli. Succede tutti i giorni.
Però arriverà un momento in cui quella stessa azienda penserà “Un momento, ma questa persona già parla di me perché è ciò su cui ha costruito la sua nicchia, perché dovrei pagare lui e non qualcuno che magari mi aiuterebbe ad allagare il pubblico potenziale?”.
E quindi no, mi spiace, per quella campagna stampa o per quell’evento non pago te, persona che ne sai e che ti sei costruito la carriera parlando di quello, ma chiamo magari il tizio che arriva da Il Collegio o una fashion blogger prestata al mondo nerd.
Ed eccoci al paradosso dell’esperienza: a volte è quello che non ti fa ottenere lavoro, in una economia totalmente in mano ad aziende che trattano direttamente con chi crea contenuti, cercando di scavalcare stampa e altri intermediari.
Sono strategie che le aziende, quando c’è da portare risultati o da tagliare budget, fanno. È il turbocapitalismo della content creation, bellezza.
Ovviamente non succede sempre, ogni creator è differente e ogni strategia fa storia a se, ma è una evoluzione interessante del mercato.
Ed ecco che molti content creator, dopo aver affiancato, e spesso sostituito i contenuti giornalistici, vengono trattati esattamente come loro: gente che di te deve parlare per lavoro, se vuole restare nel loop, quindi di certo non la paghi.
Link!
Mi piace molto questa cosa che dopo aver ospitato un pezzo “contro” One Piece ne abbiamo ospitato uno sua difesa. Fa molto rivista letteraria.
E c’è anche un pezzo che secondo me analizza bene alcune delle problematiche di Starfield.
Abbiamo anche un film consigliato a tutti, quello nuovo sulle Tararughe Ninja.
E che non ci mettiamo un po’ di Warhammer, stavolta non 40.000?
Questa intervista al capo di Fandom per me è una roba molto interessante, purtroppo l’ho vista mentre impaginavo, ma credo che settimana prossima la analizzerò bene. Dice tante cose su fan, giornalismo pop, comunità più o meno tossiche e content creator.
Sempre cose interessanti da
Un bello spunto sulla content curation ai tempi della IA da
Forse è il momento per le grandi saghe videoludiche di un po’ di “austerity”, prima di scoppiare? Ne parla