La legge di Gaiman sui freelance e… lavorare è po' amare?
Ok forse questo episodio era meglio collocato a San Valentino ma... ecco a voi qualche consiglio su come diventare un buon freelance e come gestire i rapporti di lavoro.
Cosa ci rende dei buoni freelance? Quali sono le caratteristiche essenziali per farsi apprezzare e come si mantiene un buon rapporto con i propri fornitori, a meno di non aver capito che è il caso di chiuderla là?
La bravura, i contatti, la professionalità e molte altre doti che avete sviluppato durante il vostro percorso sono senza dubbio importanti, ma come condensarle nel modo giusto?
A questo proposito ci viene in aiuto Neil Gaiman, che proprio in questi giorni è tornato alla ribalta grazie all’uscita dell’adattamento di Sandman su Netflix. (Nota personale: non avevo mai letto Sandman fino a oggi pur avendolo in parte assimilato per osmosi, non mi pareva roba mia, l’ho inizio in queste ore sull’onda della curiosità, per capire se mi sbagliavo).
L’autore inglese, infatti, prima di ottenere gloria e soldi con il signore dei sogni, Good Omens, American Gods e così via per un breve periodo ha fatto il giornalista per alcune testate inglesi. Ho trovato una sua vecchia intervista che racconta molto bene la sua motivazione: scoprire il mondo e farsi pubblicare, un approccio molto pragmatico che la dice lunga su quanto il giornalismo sia già da tempo lo scalino per altro.
“Non riuscivo a vendere roba e ricevevo molti rifiuti. Una mattina mi sono alzato e ho detto, ok, o non ho talento – opzione a cui non credevo per motivi di orgoglio personale - o sto affrontando questa cosa nel modo sbagliato. Non so proprio come funzioni il mondo, quindi da domani mattina diventerò giornalista freelance. Imparerò come funziona il mondo e imparerò come funziona l'editoria. Ho intenzione di capire tutte queste cose da solo. Ed è quello che ho fatto. Sono stato molto fortunato perché ho preso questa decisione in un periodo in Inghilterra in cui moltissime riviste e giornali venivano fatti da liberi professionisti. Per coincidenza, nel periodo in cui mi sono fermato, si sono fermati. Non c'è stato lavoro freelance in Inghilterra per circa cinque anni. In questi giorni c'è un sacco di lavoro freelance, anche se vengono ancora pagati gli stessi soldi del 1984. Ricordando quanto fosse difficile guadagnarsi da vivere allora, mi chiedo come fanno queste persone ora?”
Eh, bella domanda Neil.
Comunque, per circa cinque anni Gaiman fa il giornalista, inizia mentendo spudoratamente ai colloqui per farsi assumere, ma poi finisce per lavorare più o meno con tutti quelli su cui l’aveva sparata grossa. Mi fa molto ridere che anche lui, come me, come molti e molte, tenda a cacciarsi in situazioni complesse a causa della sua capacità di convincere gli altri e debba poi uscirne con le sue abilità di scrittura.
E che proprio quel brividino che ti prende nel momento in cui dici “oh cavolo, li ho convinti, adesso devo farlo davvero” sia la molla che lo spinge a lavorare e anche una sensazione che in qualche modo ricerca ogni volta.
Da quell’esperienza Gaiman trae una regola semplice e geniale che vale ancora oggi e che qualche anno fa ho ritrovato in un suo discorso in una università. Dice molte cose interessanti in quel discorso, ma questa lo è più di tutte.
Per Gaiman, indipendentemente dal modo in cui otteniamo il nostro lavoro da freelance, lo manteniamo restando saldi su tre caratteristiche:
Il nostro lavoro è di buona qualità.
Siamo puntuali.
Siamo persone con cui si lavora bene.
Detta così suona banale, ma la parte interessante arriva dopo: non c’è bisogno che queste tre caratteristiche siano sempre contemporaneamente presenti. La gente sopporta gli stronzi che lavorano bene e puntualmente. Ma allo stesso modo chiuderà un occhio su lavori meno buoni ma consegnati da persone puntuali e affabili, così come sarà portata a sopportare i ritardi di persone brave e con cui tutto sommato si è creato un buon rapporto di lavoro.
Insomma, sono sicuro che potete anche voi serenamente avere almeno due punti su tre di questa lista. Personalmente credo di essere una persona con cui si lavora bene (ho avuto poche esperienze spiacevoli, tutto sommato) e anche abbastanza puntuale, quando serve. Sulla qualità non mi pronuncio, perché sento già la sindrome dell’impostore che ridacchia.
C’è anche un’altra lente secondo me per definire i rapporti freelance, che poi è l’idea che mi ha portato a scrivere questa puntata. Ovvero che:
I rapporti tra freelance e committenti sono un po’ come quelli di coppia.
Dallo stesso autore di: in fondo chi scrive di videogiochi è un pornodivo perché lavora dove tanti si divertono e alla fine perde pure un po’ il gusto di quel passatempo.
Scherzi a parte, sì, sono fermamente convinto che i rapporti di lavoro dei freelance siano un po’ come i rapporti di coppia. Anzi, esagero, siano un po’ come dei rapporti poliamorosi (per quanto io non abbia esperienze di questo tipo), perché io come freelance sto alla gente coi contratti come il single in caccia continua agli sposati.
Ogni rapporto di lavoro freelance inizia con una fase di corteggiamento. Certo, a volte ti chiamano loro, ma il più delle volte si tu che devi dimostrare di essere all’altezza, devi far vedere che ci sai fare, devi promettere un futuro pieno di articoli interessanti e, può capitare, che tu debba fare tutto questo in un incontro faccia a faccia mentre vi prendete un caffè.
Se questa prima fase va in porto segue quella successiva. Il momento in cui ci si prende un po’ le misure reciproche e si cerca di capire come convivere. Una fase importante in cui magari ci possono essere degli errori, piccole incomprensioni, ma se in generale il feeling è giusto ci si passa sopra.
A questo punto se tutto va bene dopo qualche mese il rapporto si è consolidato e c’è una sorta di luna di miele. Il freelance dà il suo meglio per impressionare il nuovo partner (di lavoro), che a sua volta piano piano gli dà sempre più fiducia e articoli.
È importante che entrambe le parti non siano gelose, perché il freelance dev’essere libero di lavorare con altra gente, però ci vuole anche rispetto, quindi sarebbe bello non svendere in giro lo stesso pezzo più volte o non lavorare, se possibile, con concorrenti diretti, a meno che non ci siano accorti chiari.
Da qua in poi il rapporto può essere duraturo per molti anni e spesso si incrina nello stesso modo in cui si conclude una storia d’amore. A volte, banalmente, ci si annoia, si spegne lentamente la passione, si ha voglia di cambiare ambiente di lavoro, la scrittura ne risente e quindi ci si separa senza troppo rancore. Altre volte sono i soldi a mancare, e allora sale il nervosismo e la situazione può degenerare, oppure la persona con cui avevate trovate una buona intesa improvvisamente cambia.
No, non intendo che cambia di carattere, intendo che letteralmente arriva qualcun altro con cui magari non riuscirete mai ad avere la stessa intesa. Mi è successo ed è stato bruttissimo, soprattutto perché sono passato da un ingresso mensile interessante a prendere in neanche due mesi prima la metà e poi un terzo dei soldi di prima perché chi era dall’altra parte forse voleva altro o altre persone… o forse anche qua erano finiti i soldi.
E mi raccomando, proprio come nei rapporti amorosi… non pensate di riuscire a cambiare gli altri. Se non va, non va. E, cosa ancora più importate: fuggite dalle relazioni tossiche, abusive e squalificanti. Fuggite senza guardarvi indietro e parlatene, discretamente con i colleghi. Forse non avete gli strumenti legali per evitare agli stronzi di fare del male, ma un po’ di passaparola può fare miracoli.
Ve la butto là: ma secondo voi questa newsletter potrebbe diventare ANCHE un podcast? E come vi piacerebbe? Scrivetemelo.
I consueti link in chiusura
Come è cambiata la scrittura dei videogiochi
Scrivete bene in inglese? Magari potete lavorare per PC Gamer (beati voi)
Lo sospettavamo, ma pare ufficiale che le generazioni più giovani abbiano abbandonato Facebook