La lotta tra siti e influencer, tra realtà e narrazione
Due cose successe questa settimana di cui valeva la pena parlare: l'addio di Fossetti a uno dei più grossi siti pop italiani e come è stata riportata la notizia sulla chiusura delle sale LAN
Un’altra settimana, un altro numero di Heavy Meta, che supera oggi il suo primo mese di vita. Anche oggi forse la leggerete un po’ in ritardo perché è stata una settimana intensa e venerdì mi sono ritrovato a passare tutta la giornata lavorando a cose che arriveranno, se va bene, quest’inverno.
Per fortuna avevo già chiaro l’argomento, anzi, gli argomenti di questa settimana, perché ci sono stati un paio di eventi che mi hanno offerto spunti molto interessanti. Oggi sul piatto ci sono due argomenti belli tosti, che forse meriterebbero una trattazione singola, ma preferisco non perdere l’inerzia del momento.
Il primo è la crescita e la stagnazione di grandi siti pop tipo EveryEye e la nuova carriera del suo ex direttore, Francesco Fossetti. Il secondo è la nascita di una notizia e i suoi rischi, analizzando il caso della chiusura di alcune sale lan.
Meglio gestire un sito o gestire sé stessi?
EveryEye negli ultimi 20 anni (e mi fa strano dirlo) è diventata col tempo una delle realtà più importanti per quanto riguarda il mondo del giornalismo videoludico e col tempo ha aperto una serie di sezioni che l’hanno trasformata in uno spazio sempre più generalista in cui trovare articoli dedicati a film, serie tv, fumetti orientali e occidentali, automotive e una sezione denominata “tecnologia” in cui confluisce un po’ di tutto, dalle recensioni di prodotti che vanno dallo smartphone alle notizie su nuovo hardware in arrivo passando per le curiosità più disparate sui chiodi di Gesù, la differenza fra gli Stradivari e gli altri violini o la malattia inventata nel secolo scorso per non fare andare le donne in bici.
Per molti EveryEye si identificava con la figura di Francesco Fossetti, che era il “Responsabile Everyeye.it: Supervisore sezioni Console e Magazine” come indica la sezione apposita. Francesco è una delle figure di spicco del piccolo mondo della stampa videoludica italiana, sia per le sue capacità comunicative sia per il suo non tirarsi mai indietro quando veniva citato per polemiche o discussioni varie. Polemiche che spesso e volentieri vertevano sul progressivo impoverimento di determinate sezioni del sito, impoverimento che, è bene notarlo, riguardava praticamente tutto l’orizzonte dei siti di settore, anche quelli più critici nei suoi confronti.
Il prezzo della crescita
La storia di EveryEye, che oggi è gestita dalla media agency Hidedesign in effetti è un ottimo caso di studio per capire le necessità e i compromessi necessari per sviluppare e mantenere un sito ai vertici della “catena alimentare”. I primi passi, riassunti in questo articolo che ne celebrava il decennale, sono quelli di una comunità nata in seno all’internet pionieristica della fine degli anni ’90 e i primi 2000, la stessa in cui hanno mosso i primi passi gran parte dei siti che conosciamo oggi. Questi siti hanno spesso in comune un tratto: hanno iniziato dedicandosi a una cosa specifica, come EveryEye che si chiamava DreamcastEye, per poi allargarsi sempre di più per includere tutto il mondo del videogioco.
Solo che a un certo punto il sostentamento di queste realtà ha richiesto allargamenti ulteriori, seguendo quel fenomeno che ho già scritto nella prima puntata di Heavy Meta, poi sono arrivate le integrazioni con i social network, Twitch e così via.
Tutti questi campi EveryEye li ha gestiti con perizia e con un certo grado di spregiudicatezza, riuscendo spesso a essere un passo avanti rispetto alla concorrenza anche nel saper intercettare determinate novità.
Ad esempio, fu su EveryEye che per la prima volta vidi la possibilità di mettere il video della diretta in ogni pagina, così da mostrare ai lettori che c’era una diretta in corso ma anche ritoccare verso l’alto le statistiche del canale Twitch senza che ci fossero effettivi spettatori.
Fu anche uno dei primi siti più grandi a integrare una sezione esport e non sono mai mancati articoli di qualità e approfondimenti, esattamente come tutta la concorrenza, ma anche pratiche un po’ più fumose.
Non mi riferisco solo alle notizie clickbait, esagerate o all’uso massiccio di contenuti che hanno ben poco di giornalistico, come dare la notizia che una cosplayer ha pubblicato una nuova foto col costume di quel gioco o di quel manga che va tanto, ma anche trucchetti più raffinati, come aprire la pagina di recensione di un gioco ben prima che quel gioco sia uscito, così da posizionarsi bene in ottica SEO, oppure prendere domande che normalmente vengono messe nelle chiavi di ricerca e trasformarle in notizie, anche quando non sono notizie ma cose tipo “Quando ha venduto la prima PlayStation?”.
È sbagliato tutto questo? Dal punto di vista legale no di sicuro, dal punto di vista della concorrenza neppure, dal punto di vista deontologico forse ma è bene far notare che EveryEye, pur macinando visite per milioni di click e pubblicando regolarmente, non è una testata registrata, ma esiste ancora oggi come un blog a cadenza non regolare. Sono tutte cose che riguardano il settore dell’informazione in generale, non solo quello dei siti pop e videoludici, dove per magari l’assenza di regolamenti e limiti rende certe cose più evidenti, ne abbiamo ampiamente parlato nella prima puntata di questa newsletter.
L’addio (probabile) di Fossetti
Tutte queste pratiche ovviamente hanno causato negli anni discussioni e polemiche che hanno visto Fossetti ovviamente in prima linea per difendere il sito che gestiva e di cui era il principale referente, con buona pace delle molte persone che contribuivano al successo della testata. Anche perché è inevitabile che il successo del sito sia dipeso in parte dalla sua personalità, dal suo carisma (necessario anche in chiave di negoziazione per eventuali accordi) e dalla sua capacità di esserne il volto più riconoscibile.
Perché oggi le pubblicazioni non possono permettersi di essere solo sito, servono facce, volte, servono giornalisti e scrittori che sappiano anche essere qualcosa di più. Non è un caso, infatti, che EveryEye abbia superato la concorrenza di Multiplayer.it proprio nel momento in cui alcuni dei volti che avevano fatto la storia del sito se ne sono andati.
Certo, sul piatto della bilancia hanno pesato anche altri fattori, come la possibilità di mostrare EveryEye come aggregato di più realtà, mentre Multiplayer.it è il sito di videogiochi di una galassia di siti che fa capo a NetAddiction, ma avere volti riconoscibili aiuta.
Perché? Perché nel frattempo il giornalismo videoludico (e non) ha perso sempre più terreno rispetto al mercato degli influencer e dei content creator, ovvero YouTuber e streamer che parlano di videogiochi e di altri campi della cultura pop intercettando pubblico, autorevolezza e sponsorizzazioni. Oggi è più probabile che una menzione di Dario Moccia, per prendere uno dei nomi più famosi nel mondo dei creator, sposti più gente di qualunque recensione di qualunque sito specializzato o no in Italia.
Come mai? Perché i siti col tempo, vuoi per colpa di certe pratiche, vuoi perché la gente non legge, vuoi a causa di una narrazione negativa istigata dai creator stessi, hanno perso pubblico e credibilità, mentre youtuber e streamer sono diventati “quelli che vi dicono le cose come stanno perché indipendenti”. Poi piano piano si è capito che anche gli streamer per restare nel giro e avere soldi dagli sponsor sono tutto meno che indipendenti, anzi, ma ormai questa idea è rimasta ed è alimentata anche da piattaforme come Twitch, che grazie a donazioni e abbonamenti garantiscono ai più famosi una certa “indipendenza”.
C’è poi un discorso legato proprio alla personalizzazione dell’informazione, che passa da Fossetti, Moccia, Sabaku o i giornalisti influencer tipo Tosa o Scanzi, gente che sposta click, commenti e views come le band si portano dietro il pubblico nei locali. La faccia singola funziona meglio del marchio, perché della faccia singola puoi fidarti, crei una connessione empatica che la SEO non può creare.
Il pubblico che arriva col clickbait magari è grosso ma passa e se ne va, il pubblico fidelizzato dai volti resta, si fida e può essere “convertito” in acquisti o abbonamenti e ormai vede le sponsorizzazioni non come marchette, ma come segno di successo. Il giornalista poi è sempre una figura problematica, con dei vincoli e tutto sommato meno simpatica di quello che ti fa le foto dall’anteprima (ecco perché molti, e molte, come me, vivono nel mezzo).
E poi le facce singole sono anche più facili da gestire per le aziende, anche se molti e molte hanno agenzie che gestiscono le campagne.
Comunque, vuoi perché stanco dopo anni in prima linea, vuoi perchè stanco (secondo me) dei compromessi necessari e sempre meno difenbili per mantenere EveryEye in cima, Fossetti se n’è andato assieme a un collega, Mottura.
Edit: Fosseti non se ne è andato, ricopre ancora il suo ruolo, ma credo che un suo addio sia inevitabile.
I due hanno fondato un progetto i cui confini sono ancora tutti da definire: RoundTwo. Per adesso c’è un canale Twitch, ma forse arriverà altro.
Un progetto che capitalizza sulle capacità di Fossetti e Mottura di essere diventati i volti più riconoscibili e carismatici di EveryEye, soprattutto su Twitch, e al loro aver sfruttato (soprattutto Francesco) giustamente quella posizione per stringere amicizie negli spazi giusti, che gli hanno permesso di aumentare il pubblico personale.
Un pubblico che al momento in cui è nato RoundTwo ha garantito alla prima diretta numeri ben più alti di qualunque sito d’informazione italiano su Twitch e, come ha precisato Fossetti, senza alcun embed a pompare le visite. Per non parlare degli abbonamenti e delle possibili collaborazioni che adesso arriveranno direttamente a lui e non filtrate da un’azienda. Anzi, adesso saranno loro l’azienda.
Durerà tutto questo? Non lo so, ci sarà di sicuro una stabilizzazione e per adesso al di là dell’entusiasmo i progetti di RoundTwo mi sembrano tutto sommato in linea con quanto si è visto già: chiacchiere, sessioni di gioco, unboxing e interviste, il che basta per diventare un nuovo spazio stabile sulla piattaforma, magari nei prossimi mesi saremo sorpresi da qualche nuovo format. Confido molto nella capacità di Fossetti e Mottura di leggere il proprio pubblico e intercettare le novità.
Dunque, lavorare in proprio è meglio che farlo in un sito? Non sono così sicuro, non esiste una ricetta sicura e le vie della viralità sono infinite. Fossi in voi proverei a costruirmi un pubblico su un sito e contemporaneamente per voi stesse per poi eventualmente tentare il salto. Farlo da soli, oggi, vuol dire faticare tantissimo in un settore saturo per ottenere molto poco. Ma a tendere sicuramente le facce sono sempre più riconoscibili dei marchi, che a volte tendono a spersonalizzare il tutto e questo al pubblico non piace. Dipende poi se cercate lettori o follower, se volete fare del giornalismo o creare contenuti o vivere nel mezzo, come mi capita sempre più spesso di fare.
In fondo anche quando Sonia Peronaci, creatrice di Giallo Zafferano, forse il più visitato sito italiano di ricetta, ha abbandonato per contrasti interni fondando un suo sito ci si è interrogati se vale più la SEO o la firma.
La risposta che posso darvi è che la SEO vale tanto e va sfruttata se volete diventare qualcuno, perché vi aiuterà a stare in cima ai risultati se qualcuno cerca un profilo come il vostro, ma se lavorate bene poi potrete farne a meno. La SEO ci dice quale articolo funziona meglio, non quale è il migliore o il più autorevole. Investite anche su di voi.
Dunque, se vi va di iniziare a scrivere nel settore vedo parecchie offerte di lavoro su EveryEye, provateci, anche solo per capire se vi piace e quanto paga uno dei più grandi siti del settore.
La notizia della chiusura di tutte le sale LAN è fortemente esagerata
In queste ore alcune sale LAN italiane sono state chiuse dalla Accise, dogane e monopoli. La notizia è stata prima battuta dai siti di settore in seguito alla denuncia su Instagram di uno dei titolari e poi ha rapidamente assunto la dimensione di un caso nazionale con tanto di coinvolgimenti politici.
Io ne ho scritto su Italian Tech dopo aver inizialmente commentato la notizia su Facebook, sbagliando.
Perché sbagliando? Perché questa notizia è un bel caso per capire quanto sia importante lo slow journalism quando tutto accelera e di istintio ho accelerato, ma ve lo spiego meglio dopo.
Le prime informazioni sulla chiusura delle sale LAN hanno iniziato a circolare nella mattinata di sabato, sia negli ambienti social sia su alcuni siti pop che hanno ripreso subito la notizia linkando i video di denuncia e sostenendo una tesi secondo cui la lotta sarebbe stata tra sale lan e sale slot. Questo perché l’imprenditore titolare dell’azienda che aveva fatto l’esposto è anche titolare di sale slot.
Il quadro iniziale mostrato dalla “parte lesa” era catastrofico: le cattive sale slot stanno facendo chiudere tutte le sale lan in Italia, non sarà possibile più esporre PC o console nelle aree demo dei centri commerciali e tutti gli eventi e le fiere “nerd” non potranno più avere PC!!!
Per incasinare di più la situazione, l’imprenditore dell’esposto aveva poi presentato anche una formale richiesta per capire come aprire una sala lan. Ah l’imprenditore cattivo prima fa chiudere la concorrenza e poi fa uguale!
Mentre segnalavo questa notizia per poterne scrivere le dichiarazioni e gli articoli si sommavano, anche perché c’era da battere il ferro finché era caldo, nonostante fino a quel momento ci fossero pochissime dichiarazioni in merito e un paio di documenti. Perché? Perché la notizia era ghiotta e conteneva al suo interno tutti gli elementi della storia perfetta, che ovviamente veniva spinta dai soggetti coinvolti, che potevano contare anche sull’appoggio di un sacco di creator legati al mondo del gaming:
Il cattivo imprenditore di sale slot che se la prende con le Sale Lan, quindi con gli spazi amati dai giovani e gestiti da imprenditori “nuovi” e non vecchi antipatici che vogliono il gioco d’azzardo.
Lo Stato malvagio che invece di apprezzare i videogiochi distrugge tutto perché non capisce.
Il panico di vedere bloccati tutti gli eventi.
In verità poi la situazione è stata molto ridimensionata, ma per capire che la narrazione delle sale slot cattive non reggeva bastava leggere il primo esposto. Se c’è un cattivo qua non è il perfido settore delle slot (a cui va tutto il mio disprezzo) ma il vuoto legislativo in cui si trovano a operare queste sale LAN, un vuoto tipico di un Paese che fatica a stare al passo con la tecnologia e che storicamente non vede nei videogiochi una ricchezza o un valore.
L’esposto dell’imprenditore si basava su un dubbio fondato: perché il simulatore di guida che funziona con le monete che uso io va messo in regola, spendendo, e il simulatore della sala lan no? Perché io devo sottostare a determinati controlli e certificazioni per evitare che tutti i macchinari della sala giochi non siano utilizzabili per il gioco d’azzardo e una sala lan no, considerando anche che sono PC?
La mossa dell’imprenditore, per quanto forse esagerata e legata anche a trascorsi personali che non conosciamo, era legittima, forse sarebbe stato meglio fare prima domanda per capire come mettersi in regola e poi eventualmente un esposto, ma l’obiettivo sembra più quello di forzare la mano allo Stato perché crei un testo chiaro che punire tutte le sale lan italiane.
Certo dall’altra parte la risposta era che i PC vengono usati solo per accedere a determinati giochi, senza accesso ai siti di betting, però non ci sono certificazioni che lo dimostrano, spesso gli internet café sono utilizzati proprio per quello e cosa è una sala lan se non l’evoluzione dei vecchi internet café?
Sono domande che forse il pubblico non deve farsi, ma un giornalista sì, perché proprio là dove la risposta emotiva è forte deve evitare di darla, non cedendo alla tentazione. Certo, l’emotività porta click, ti rende un giornalista/influencer, ma non stai facendo giornalismo.
Anche perché dopo una giornata e mezzo il quadro si è fatto più chiaro. L’ADM ha dichiarato che le sale interessate erano solo 4, una ha riaperto subito perché non c’erano irregolarità, che il settore non era in pericolo, che le fiere non erano in pericolo e neppure le demostation nei centri commerciali. Nel frattempo alcune sale lan si sono federate per capire come fare fronte comune e dialogare con le istituzioni per chiudere la questione.
Eppure, per certi versi, sono sicuro che quella narrazione iniziale sia ancora molto forte e sarà difficile da scardinare.
Per fortuna tutto questo è successo dopo aver ricevuto l’ok a scrivere il pezzo, altrimenti non avrei avuto queste informazioni per scrivere un articolo che evitasse le trappole emotive, trappole che, a dirla tutta, potevano essere evitare leggendo le carte, ma che per alcuni erano troppo ghiotte per non usarle, salvo magari poi correggere il tiro. Però le notizie sono così: sono organismi spesso complessi dove non ci possiamo fermare a ciò che ci viene detto in prima battuta. Soprattutto quando ci sono leggi o carte di mezzo.
Però quando ho commentato la notizia su Facebook ci sono cascato. Errore mio, ero in treno, senza tutti gli elementi e ho ceduto al fascino di dire la mia e cavalcare la polemica.
Quindi l’unica cosa che posso dirvi è:
Se tutto sembra troppo perfetto per non scrivere qualcosa di emotivamente forte.
Se sono già ben definiti buoni e cattivi.
Se tutto accelera improvvisamente.
Rallentate, ponetevi dei dubbi, non saltate a conclusioni affrettate, provate a sentire tutte le parti e se non ci riuscite subito cercate di farlo dopo. Purtroppo non sempre ci è concesso farlo, ma se potete almeno cercate di non farmi trascinare nella narrazione.
Oggi sono stato lunghissimo, scusate, ma ne valeva la pena. O almeno spero, mi direte voi!
Qualche Link
Sono stato a Como a parlare delle città del futuro e ho parlato della mia fatica di immaginarlo, un futuro.
Davide Costa ha parlato di come una persona immunodepressa vive le fiere di cultura pop.
Se non sai cos’è Necromunda ecco un link per scoprirlo.