L’attacco dei terribili leaker
Di come certa stampa videoludica sia diventata schiava di chi poi alla fine gli rovina la festa.
Una mail che arriva in ritardo perché Lorenzo è tanto bravo da scrivere in anticipo e poi si scorda di programmare l’uscita. Scusatemi, sono solo umano.
Sapete cos'è un leak? In inglese vuol dire perdita, è letteralmente il momento quando cola un tubo o un barile di qualcosa. Il gocciolio di un materiale che fuoriesce da un contenitore. Ma nel mondo tech sono le notizie che escono prima del tempo, le indiscrezioni, le fughe di informazioni, il si sa ma non si dice e, attualmente, sono il prodotto giornalistico più utilizzato per tenere in piedi le sezioni news.
Prima di continuare c’è da fare una piccola premessa: i settori del tech e quello dei videogiochi sono una bestia completamente diversa rispetto ad ambienti che potrebbero sembrare simili, tipo il cinema o le serie tv. Nel cinema, anche se in alcuni casi si cerca di mantenere un’aura di segretezza, le notizie tendono a circolare più liberamente e, vuoi per tradizione di showbiz, si sa che questo genere di gossip fa parte del gioco e al massimo alimenta il carrozzone dell’hype e dell’informazione che ruota attorno ai film. L’unica cosa richiesta a chi vede prodotti in anteprima è la solita: in alcuni casi non recensire o dare pareri a caldo prima di una certa data e, ovviamente, evitare di svelare i colpi di scena.
Nei videogiochi in particolare la segretezza su come funziona la macchina produttiva è totale e singolare. Perché i videogiochi, più che come opere in divenire, sono visti come asset commerciali da proteggere in quanto segreti industriali, esattamente come un nuovo iPhone. Sui perché di questa rigidità magari parleremo un’altra volta, l’unica certezza è che, esattamente come i nuovi iPhone, anche i videogiochi più nascosti vengono prima o poi svelati da queste figure ormai centralissime nel settore: i leaker, ovvero persone che raccolgono informazioni da fonti anonime più o meno affidabili e poi ne twittano, ne scrivono nei forum o ne parlano in un podcast.
Che lo si voglia o meno i leak sono ormai l’architrave dei siti di notizie, perché rispondono all’esigenza di un flusso costante di novità, di emozione e appagamento. Sono il prodotto perfetto per mantenere l’attuale status quo del settore: parlare di ciò che verrà più di ciò che è già arrivato e disponibile, perché ciò che verrà crea discussione ed eccitazione, ciò che è già uscito ormai è morto e al massimo merita qualche speciale più avanti, speciale che farà meno click di qualsiasi indiscrezione sul prossimo Silent Hill.
Io stesso se decidessi fare la Rassegna Stanca (tutti i giorni alle 12 su Twitch! Non mancate!) escludendo le notizie non verificate ci sono giorni in cui raramente troverei qualcosa da commentare.
I leak poi hanno un bel vantaggio se utilizzati in un settore in cui tendenzialmente non viene esercitato un grandissimo controllo deontologico. Nel caso in cui si rivelassero privi di fondamento… pazienza, si passa all’indiscrezione dopo, che magari invece è giusta. Raramente un newser verrà ripreso per aver riportato un'informazione non verificata che si è rivelata falsa. C’è stato un periodo l’anno scorso in cui tutte le testate davano per certo l’annuncio di una nuova Switch da parte di Nintendo, cosa che invece non si è assolutamente verificata e nessuno ha dovuto rendere conto della cosa.
Tutto bene quindi? Sì e no, perché cosa succede quando una testata che usa stabilmente leak e indiscrezioni nelle news poi si ritrova con una grossa esclusiva in mano e le fughe di notizie gli rovinano la sorpresa e i potenziali accessi, perché il pubblico sa già tutto da tempo?
Succede il breve ma intenso scambio di battute di cui resta qualche traccia su Twitter fra Tom Henderson, giornalista freelance e uno dei principali “leaker” odierni, e Pierpaolo Greco, storica penna e volto di Multiplayer.it, che a poi reiterato il suo malcontento su Instagram.
Oggetto della contesa sono le fughe di notizie sui nuovi videogiochi di Assassin’s Creed, che ormai sono un grande classico fin dal primo capitolo. Il tweet originale è stato eliminato ma Henderson gli risponde con una certa ironia che non avendo lui firmato alcun NDA (non disclosure agreement, un accordo di non divulgazione) non è soggetto a embarghi e può fare un po’ quello che gli pare.
Greco gli risponde con una domanda: pubblicare quello che ti viene detto senza controlli è qualcosa di buono per il settore e per le persone che aspettano gli annunci e le sorprese? Henderson risponde laconico “giornalismo” e a quel punto il pubblico prende le parti dell’uno o dell’altro.
Umanamente capisco la rabbia di Pierpaolo, ma come lui stesso sa, è una rabbia senza soluzione. Ma procediamo con ordine.
Vero giornalismo o rovina del settore?
Se lo chiedete a me, i leak, le indiscrezioni, riportare le fughe di notizie eccetera, sono giornalismo, forse un giornalismo che non ci piace sempre e che andrebbe usato con cautela (vedi le bozze del DPCM che chiudevano le regioni e che fu pubblicato in anteprima, scatenando il panico), ma in contesti più alti e slegati dai videogiochi è anche uno dei modi in cui si fa dell’ottimo giornalismo.
Anzi, fare giornalismo di solito è tutto meno che avere dei canali privilegiati con una azienda per una esclusiva di un prodotto, quello è essere parte di una campagna media e svolgere il ruolo di megafoni più o meno consapevoli. Parlare delle condizioni di lavoro dell’industria, delle sue storture, delle storie di successo, di come si è evoluta è fare giornalismo.
Avere dei contenuti in anteprima da un’azienda può esserlo e ha senza dubbio un valore, una capacita di filtro tra pubblico e prodotto e permette di portare avanti anche altri progetti, ma non è e non dovrebbe essere l’unico modo in cui i siti fanno giornalismo.
Sotto questo punto di vista Henderson ha, scoccia dirlo, ragione. Il giornalismo, tuttavia, prevede una verifica delle fonti e di ciò che ti viene detto che, secondo me, molte delle persone che sparano queste indiscrezioni non fanno, tanto anche loro, tendenzialmente non pagano mai e basta prenderci un paio di volte per essere considerati affidabili.
Tutto questo però rovina il settore? Forse, difficile dirlo, di sicuro azzoppa i piani di comunicazione delle aziende e dei siti coinvolti, però sono gli stessi siti che nelle settimane precedenti hanno macinato click su quelle medesime indiscrezioni e che già di per sé non godono di grandissima fiducia, anche per questo. La rovina del settore purtroppo ha origini molto più ampie che abbiamo già trattato e non ripeterò per l’ennesima volta.
Di sicuro a lungo termine c’è il rischio che questi accordi non vengano più presi perché tutto viene spoilerato e i siti di videogiochi perderanno importanza, potere contrattuale e rilevanza. Questo sarà senza dubbio molto brutto per i siti, che già non stanno benissimo.
Considerato questo, un mondo in cui le riviste spariscono e tutto viene lasciato in mano agli influencer non mi sembra migliore. Non perché le riviste oggi attuino chissà quale filtro deontologico o di mediazione tra prodotto e pubblico, ma perché verrebbe meno quel briciolo di indipendenza di giudizio che i siti garantiscono rispetto a un influencer, che per sopravvivere ha bisogno di legami ancora più stretti con i brand.
Un altro rischio a cui andiamo incontro è che la già difficile relazione del mondo tech/videoludico con i giornalisti peggiori ulteriormente e che sia sempre più difficile raccontare il settore se non si sta in determinati binari. C’è il rischio di una ulteriore chiusura a riccio, di un inasprimento di NDA e embarghi vari e di un clima di sospetto in cui non esistono più giornalisti con cui avere un rapporto sereno, ma potenziali spie.
Il valore di una sorpresa
Anche l’obiezione della sorpresa rovinata ai fan mi pare un po’ debole, o comunque poco misurabile. Una indiscrezione potrebbe aumentare l’hype, non togliere la sorpresa, in attesa di una conferma ufficiale. Ma poi quanto valore ha questa “sorpresa”? Non dovrebbero contare di più i giochi, quello che ci raccontano, come sono fatti e così via.
Sapere prima del tempo che il prossimo Assassin’s Creed sarà ambientato a Baghdad toglie forse un briciolo di divertimento dal gioco? Un giocatore meno sorpreso poi non lo compra? Non so, mi pare una obiezione poco difendibile. Questo senza contare che una proprietà come Assassin’s Creed è talmente importante per Ubisoft che aspettarsene almeno uno l’anno, per un giocatore un minimo esperto, è la norma.
La situazione, quindi, è decisamente peculiare perché dà una parte c’è l’ipotesi di un danno, dall’altra c’è la certezza di essere ormai ostaggi di queste figure perché il pubblico, un pubblico nutrito con un flusso di notizie continuo che ormai non può più tornare a ritmi più lenti, vuole quelle notizie. E se non gliele dai te lo farà qualcun altro, che è la grande legge che porta al collasso qualunque sistema. Purtroppo è un gioco al rialzo in cui i siti sono stati complici per anni: arrabbiarsi oggi, perché la cosa ti tocca, serve a poco, bisognava pensarci prima, quando tutti i click sulle indiscrezioni facevano comodo. Purtroppo il settore ha intrecciato con calma il cappio in cui ha messo la testa.
L’unica soluzione applicabile sarebbe infatti quella di fare fronte comune e non pubblicare nessun tipo di rumor, mai, neppure il più goloso, ma è come volere la pace nel mondo perché cosa impedirebbe a siti più piccoli e combattivi di ignorare il patto? E cosa impedirebbe al pubblico di andare alla fonte?
Gli unici a poter tamponare questa situazione sono gli studi di sviluppo e i publisher, che possono svolgere migliori indagini o mettere in atto sistemi di protezione inequivocabili, ma mi pare un gioco del gatto col topo in cui, in qualche modo, se una notizia la si vuol far uscire, uscirà e i siti saranno là, pronti a riportarla.
E poi, siamo sicuri di volere un settore dove spariscono i leak e ci sono solo contenuti approvati in duplice copia dai brand?
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