Notizie di Gubbio gusto e virgolettati che non lo sono
Perché le notizie false sono irresistibili e perché i giornalisti spesso riportano cose non vere?
Se non avete vissuto in una caverna o non siete appena usciti dal coma sicuramente sarete stati sfiorati dalla notizia del pranzo a Gubbio di un’associazione di pescatori che è finito in una specie di apocalisse scatologica con gente svenuta tra attacchi di diarrea e altre estratte dall’auto completamente coperte di feci.
Probabilmente avrete saputo della notizia dal passaparola su Whatsapp, sui social o da qualche meme e avrete riso sonoramente immaginando la scena nella vostra testa. L’ho fatto anche io, parlandone addirittura in Rassegna Stanca su Twitch e sghignazzando a ogni meme su Gubbio.
Alla fine della giornata l’apocalisse gastrointestinale si è rivelata una notizia falsa, gonfiata da qualche foto presa a caso su internet e dai messaggi vocali di un tizio del posto che per il gusto di divertirsi ha ingigantito la cosa inventandosi dettagli e che da subito ha fornito “la prova provata” di ciò che era successo.
Questa storia ci fornisce un ottimo esempio del perché cadiamo nelle notizie false, non solo perché sono ben confezionate, ma perché ci vogliamo credere.
Così vero che ci credo
La notizia di Gubbio ha infatti tutti i contorni della fake news perfetta perché parte da una presunta fonte locale; quindi, difficile da smentire se non sei del posto.
La notizia proviene da una città tutto sommato piccola e lontana dai grandi centri, il che rende ancora più difficile per la singola persona smentire con i mezzi propri.
Nel momento in cui il fatto ha iniziato a circolare è entrato nel giro di praticamente ogni pagina meme possibile e quando una notizia diventa meme ormai la verità non interessa più a nessuno, interessa ridere.
La maggior parte delle persone sono arrivate in contatto con la notizia non dai giornali ma su Twitter o attraverso il passaparola di Whatsapp, il che rende la probabilità di credere alla notizia ancora più alta, in modo inconscio. Poi ci sono pure i vocali e le foto, perché non crederci.
E poi c’è il fattore più potente di tutti: la notizia era buffa, ridicola, basata su un umorismo bambinesco, quello sugli escrementi, che funziona sempre. Tutti ci volevamo credere perché ognuno di noi intesta stava immaginando questa scena da cinepanettone o in stile Griffin in cui la gente sveniva cacandosi addosso o i poliziotti che cercavano di estrarre dall’auto il poveraccio che cercava di tornare a casa ubriaco e aveva riempito la vettura di diarrea.
In serata, quando sono arrivate le smentite, la maggior parte delle reazioni non erano di sollievo perché i poveri pescatori non erano stati così male, ma di sconforto, dispiacere, quasi rabbia. Ci avevano tolto il mito del pranzo di Gubbio, non importa l’eventuale danno d’immagine al locale o alle persone coinvolte. Tra realtà e mito il mito vince sempre. Volevamo credere a questa storia e anche dopo la smentita son convinto che se qualcuno ci dice “Sono di Gubbio” per un po’ di tempo ci spunterà un sorrisino.
Ora immaginate tutto questo virato verso la politica, verso quelle notizie che vogliamo credere perché confermano i nostri bias, con fonti poco verificate e a cui magari crede un giornale che leggiamo perché ci troviamo ciò che ci piace. E non parlo solo di Salvini che parla di Migranti, fake news russe ma anche tutto quello spettro di notizie particolarmente difficili da verificare e in cui è molto complesso trovare “la verità”, perché spesso i contorni sono sfumati o molto meno netti di quanto vorremmo.
So di non dire niente di nuovo ma questa notizia e il mio decidere di credergli così facilmente perché era troppo buffa per rovinarla con la verità mi ha ricordato quanto non si debba mai abbassare la guardia e sia importante ricordarsi una cosa:
Se la notizia sembra creata appositamente per farci arrabbiare o confermare ogni nostro pregiudizio o modo di pensare potrebbe essere falsa.
Virgolettati immaginari
Questo ci porta al secondo tema della giornata, che si lega sia all’attualità sia alla puntata scorsa.
La settimana scorsa, infatti, vi ho dato alcuni consigli per fare una buona intervista dicendo questo.
Una nota sullo sbobinare: ovviamente dovete essere il più possibile fedeli ai messaggi ma il parlato non ha il ritmo dello scritto. Finché non dite cose palesemente false o travisate sentitevi liberi di sintetizzare qualche concetto in modo più leggibile, ma senza esagerare. Il limite lo conoscete voi.
Meglio ribadire il concetto: non dite cose false, non fatelo, non cercate perifrasi che potrebbero essere interpretate male, perché poi è un attimo fare una figura pessima e venire sbugiardati, come è successo a Repubblica questa settimana che è stata rettificata da ZeroCalcare con una vignetta che, come si dice “ha fatto il giro del web”.
Successe anni fa anche a Parmitano
Perché ci inventiamo i virgolettati? Le risposte sono molte, sulla carta, se ci pensiamo, è assurdo, però può essere utile.
A volte sono perifrasi venute male e utilizzate perché magari il discorso così fila meglio, per compattare un discorso che magari ha girato un po’ a vuoto all’inizio, con le interviste una cosa normale, infatti non riportiamo quasi mai il discorso esatto, non è una sceneggiatura, ma capitano anche frasi letteralmente inventate e sono ormai una “tradizione” del giornalismo italiano.
Spesso vengono usate per un titolo d’impatto, per dare incisività a un contenuto, per ottenere un effetto drammatico o provocatorio e sono di solito frasi a cui crediamo perché, se ci sono le virgolette, allora vuol dire che l’ha detto no?
Non a caso i virgolettati son un classico strumento di fake news. Crei una immagine con una frase, la dai in pasto ai social e per smentirla ci vorrà chissà quanto tempo, a patto che ti credano. Per questo in teoria le virgolette dovrebbero essere uno spazio sacro, perché abbassano le difese del lettore e separano l’opinione di un soggetto dal giornalista che riporta un fatto.
Quello dei virgolettati che non lo sono è un vizio tipico di un certo giornalismo politico, quello dei palazzi, delle voci riportate, delle indiscrezioni. Ma trovano spazio anche all’interno del giornalismo pop, perché sono utili per creare notizie piccantelle, per allargare un po’ i gomiti nello spazio concesso dalla dichiarazione del vip di turno e infilarci dentro un po’ di polemica per compattare le armate geek o di “e se fosse?”. Se poi ci va di mezzo anche la traduzione ci sono mezzi ancora più efficaci per ottenere una notizia da tanti click e poca verità.
Pensiamo ai registi che se la prendono coi cinecomic, ad Alan Moore e l’infantilismo di chi legge fumetti da adulto e così via.
Sicuri di voler, un giorno, venire sbugiardati da Alan Moore? Quello ha un caratteraccio eh?
PS
Settimana prossima sarò a Lucca Comics & Games e sarà molto difficile scrivere la newsletter, è probabile che mi prenda una pausa. Se però siete in zona fatevi sentire.
Qua ci sono i miei appuntamenti ma è un elenco ancora in via di definizione e in più ci sono le live. Se mi seguite su Instagram o su quello di N3rdcore di sicuro spammerò tutto.
Linkini!
Una chiacchierata con sviluppatori italiani che stanno sviluppando un gioco “stile Pokémon”
Come i Pokémon, sempre loro, hanno conquistato gli Stati Uniti al loro debutto.
Un tranquillo murales di una scuola ha fatto impazzire i genitori bempensanti della suddetta.
La classifica di qualità de L’Indiscreto, dove trovare roba buona da leggere.
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