Parlami di te
Ovvero, qualche consiglio su come fare le interviste, capire chi avete di fronte e ricordarvi che quelle veramente belle sono rare
Le interviste sono tra i prodotti giornalistici più classici e riconoscibili che possiate fare. Niente dice “sono un giornalista!” come mettersi di fronte a qualcuno per farsi raccontare qualcosa, è la base di questo lavoro. E se la persona è anche solo vagamente famosa c’è anche il vantaggio di ottenere un po’ di lustro di rimbalzo. Per non parlare della bellezza di trovarti di fronte a qualcuno che hai stimato per tutta la tua vita e che improvvisamente è là, di fronte a te.
Tuttavia, non aspettatevi di vedervi subito come quei giornalisti che mettono sotto torchio i propri intervistati come se fosse un interrogatorio o come Fabio Fazio che fa le domande a Obama, perché la maggior parte delle interviste che farete avranno un tono molto diverso e, purtroppo va detto, saranno del contenuto pubblicitario mascherato da finta interazione umana.
Le interviste sono tutte una questione di sintonia e ci sono persone programmate per trovarla subito con voi ed evitare attriti e altre che invece andranno conquistate piano piano. In questo articolo parlerò soprattutto delle seconde, ma cercherò di passarvi qualche trucco anche per le prime.
Ma procediamo con ordine
Preparate il terreno
Le interviste o si chiedono o ve le propongono, capita più spesso la seconda ipotesi della prima ma se avete i contatti giusti magari avrete anche occasione di poter dire a qualcuno “hey ti vanno quattro chiacchiere” e scoprirete che tutto sommato anche chi vi sembra irraggiungibile magari vi concederà un po’ di tempo.
Mettiamo che vi dicano di sì, ottimo allora non resta che fare la solita cosa: prepararsi.
Anche perché magari vi capiterà di intervistare gente di cui conoscete tutto a menadito ma capita anche di fare interviste a persone sconosciute, portavoce, community manager, gente messa là per raccontarvi qualcosa del prodotto di cui dovete parlare che è stata allenata per dire a tutti le stesse cose con un tono leggermente differente.
Quindi o vi preparate bene sul tema o vi preparate bene sul soggetto.
Cosa vuol dire prepararsi? Scrivere già le domande? No, a quello ci arriviamo dopo.
Prepararsi, nel caso si debba intervistare una persona e non un portavoce, vuol dire capire chi avete di fronte. È una persona socievole? Chiusa? Ci sono frasi che magari possono aiutarvi a entrare in sintonia con l’altro per farlo aprire? C’è qualcosa che sarebbe meglio evitare? È una persona che parla tanto o dovrete tirare fuori le parole di bocca con le tenaglie?
Leggetevi altre interviste, così evitate le solite domande, le persone che vengono intervistate spesso apprezzano la cosa e lo notano. Leggetevi la sua vita, cosa gli è successo, ascoltate il soggetto parlare in pubblico.
Una volta capito che persona incontrerete, potete preparare le domande.
Cosa chiedo?
Le domande di una intervista non dovrebbero essere altro che spunti di discussione che lasciano ampio spazio al soggetto di esprimersi. Non siete qui per dimostrare che siete più intelligenti di loro, ma che li stimate.
A meno che non cerchiate lo scontro e il disprezzo, perché ci sono anche quelle interviste là. Sono rare e spesso finiscono male, ma raramente vi capiteranno nel settore della cultura pop. Mi è successo, come vi racconterò più avanti, e spesso non ne vale la pena.
Personalmente mi preparo quattro o cinque rompighiaccio molto semplici, cose che mettano a proprio agio chi ho di fronte e un paio di domande più pesanti se vedo che c’è sintonia. Ma lascio molto spazio alla sensazione del momento, questo, ovviamente, a patto che sia una intervista faccia a faccia. In alcuni casi mi piace addirittura arrivare senza niente di preparato che non sia la prima domanda, ma devo essere molto sicuro su chi ho di fronte.
Una cosa importante: non fate domande che contengono la risposta o che vogliono spingere verso una certa risposta e cercate di non essere troppo prolissi, meglio più domande brevi che una domanda con più risposte.
Che tipo di intervista faccio?
Le interviste sono di due tipi: scritte o parlate, quelle parlate possono essere anche a video.
Le interviste scritte hanno due vantaggi: sono veloci da fare e possono incastrarsi bene nell’agenda di chi vogliamo intervistare, ma sono molto rigide dal punto di vista dei contenuti. Non c’è alcuna empatia, non c’è alcuna possibilità di fare domande sul momento e l’altro ha tempo per rispondere in modo preciso, senza sbavature, senza farsi magari sfuggire qualcosa. Sono contenuti comodi, ma freddi.
Le interviste parlate sono da preferire, anche se in qualche caso possono essere al telefono, che non è un granché, soprattutto per prendere appunti e registrare. Il secondo livello sono quelle in video conferenza, che ormai rappresentano la maggior parte, dove almeno si riesce a guardarsi negli occhi, e infine abbiamo quelle dal vivo.
L’unico aspetto negativo è che le interviste dal vivo vanno sbobinate. E per quanto ci siano strumenti che leggono le parole e possono rendere le cose più veloci è sempre un dramma.
Una nota sullo sbobinare: ovviamente dovete essere il più possibile fedeli ai messaggi ma il parlato non ha il ritmo dello scritto. Finché non dite cose palesemente false o travisate sentitevi liberi di sintetizzare qualche concetto in modo più leggibile, ma senza esagerare. Il limite lo conoscete voi.
Condurre una intervista
Come ho già detto, è una questione di empatia, soprattutto se chi hai di fronte non ti conosce, magari è la ventesima intervista che fa quel giorno, oppure è una persona molto timida, incazzata, guardinga. È strano dirlo ma le interviste migliori sono queste qua. Quelle in cui tutti sono sorridenti e fila tutto liscio sono più noiose e prive di contenuti, perché di solito vuol dire che di fronte hai qualcuno che è stato allenato dai PR, quindi non ti sta rispondendo, sta leggendo dei comunicati stampa.
In una intervista la cosa importante da ricordare è che non riguarda voi, ma loro, ve l’ho già detto. Però a volte per abbassare un po’ le difese potete mettervi in gioco. Far sfuggire la vostra emozione, complimentarsi per il lavoro svolto, dite cosa vi è piaciuto in particolare. Dovete capire cosa le persone amano raccontarvi, non solo quello che sono là per raccontarvi. Poi noi italiani abbiamo un vantaggio: tendenzialmente stiamo simpatici a tutti, di default.
Purtroppo, posso darvi tutti i consigli di questo mondo, ma solo voi potete sentire l’energia della stanza, lo sguardo che avete di fronte e avvertire i confini della conversazione. Quello che posso dirvi è che di solito le persone sono meno rigide di quello che pensate e che le mie interviste più tranquille sono state con le persone che credevo più irraggiungibili o famose.
Di sicuro col tempo dovrete elaborare un vostro stile, c’è chi punzecchia e chi mette a suo agio, chi scherza molto e chi è estremamente serio, chi preferisce tante brevi domande e chi ne fa di lunghissime. Io personalmente sono per impostare tutto su una chiacchierata tra amici, se ci riescono, ma non è una regola scolpita nella roccia.
La dura verità
Ormai è praticamente impossibile fare interviste senza che ci siano anche dei PR a sviare eventuali argomenti poco graditi, in alcuni casi potrebbero anche chiedere delle domande in anteprima (basta stare sul vago, ovviamente), ma tendenzialmente sono presenze discrete che sono là solo per dire che il nostro tempo è terminato.
Però sono anche belle cartine tornasole, se un PR interviene vuol dire che avete avuto una buona intuizione su qualcosa e a volte anche una non risposta è una risposta.
Una cosa però è certa: le interviste veramente interessanti che farete, soprattutto all’inizio, saranno poche. Nella maggior parte dei casi avrete poco tempo, magari in una tavola rotonda con altri giornalisti, per tirar fuori una domanda generica. Oppure vi toccherà fare una intervista in cui ogni deviazione dal comunicato stampa riceverà un “non posso rispondere” o giri di parole per non dirvi niente.
Come si usano quelle interviste? Beh qualche virgolettato per un articolo serve sempre.
Errori da evitare
Il più comune ovviamente è arrivare impreparati, oppure fare domande sgradite (avete presente lo scrittore della saga di The Witcher? Ecco non chiedetegli del gioco) oppure troppo vaghe. Ma c’è un errore molto più sottile che mi è capitato di commettere almeno una volta: quando quello che volevo non era ciò che mi serviva.
Mi è capitato tempo fa di intervistare un fumettista molto famoso e con un carattere molto particolare, una persona che stimavo al di là di alcune idee con cui non ero d’accordo. Quelle idee sono venute fuori durante la nostra intervista e io ho deciso che valeva la pena controbattere, chiedere spiegazioni e non essere accomodante, per una volta.
Ne è venuta fuori una intervista molto bella, accorata, in cui questa persona si è aperta tantissimo e pur tenendoci testa a vicenda c’è stato rispetto e confronto.
Il problema è che poco dopo questa persona ha chiamato chiedendo che l’intervista non fosse pubblicata perché piena di cose personali e che potevano essere fonte di ulteriori polemiche e discussioni.
E quindi tanti saluti al giornalista che non si piega. A volte è meglio qualcosa di meno, ma qualcosa di pubblicato.
Ah un ultimo consiglio: va bene, se capita, il selfie con l’intervistato famoso, ma generalmente è una cosa maleducata e un po’ cafona in cui si vede che stiamo cercando di ottenere fama per conto terzi.
Secondo te c’è qualcuno che vorresti intervistare o vorresti intervistarmi tu? Scrivilo nei commenti!
Link finali
Un pezzo sui personaggi seriali della settimana
Sharknado e le ansie climatiche
Un thead di Twitter con buoni consigli di letture tech
Avete presente oggi quanta gente dice che il metaverso è vuoto? Beh lo dicevo a Marzo.
Episodio molto interessante. Mi è capitato spesso di fare interviste per il mio lavoro (ufficio stampa) ma in tutt'altro settore, mi piacerebbe prima o poi fare qualche intervista, per puro scopo divulgativo, nel mondo della cultura pop. Tra l'altro, tra giochi da tavolo e di ruolo, librogame, videogiochi etc, ce ne sarebbero di personaggi interessanti...
Questa newsletter capita proprio a fagiolo perché mi sto preparando per un paio di incontri a Lucca e un bel ripasso di questi approcci non fa mai male, perciò grazie.
Io sono stato fortunatissimo sul fronte interviste: la primissima che abbia mai fatto è capitata a un fumettista piuttosto importante, ma anche una persona appassionata e deliziosa, così il mio imbarazzo "da stima" è scivolato via dopo solo un paio di scambi.