Ulteriore piccolo vademecum sul giornalismo videoludico
Se siamo di nuovo qua a parlarne è perchè evidentemente ancora un sacco di gente non sa come funziona.
Non mancano le cose da dire e ormai direi che non mancano neppure gli spazi dove dirle, anzi, a volte sono pure troppi.
In questi giorni abbiamo registrato una cosa assieme a e ovvero e . Una chiacchierata molto rilassata su PlayStation 5 Pro che potrebbe essere l’inizio di qualcosa a cui giriamo attorno da tempo.
Abbiamo pubblicato il video sul canale di Mattia, ma c’è chi ha chiesto di mettere tutto su YouTube, chi lo vuole su Spotify e così via. E perchè non su Facebook video? E perché non estrarre degli spezzoni da mettere come su Intagram o TikTok? E nel caso come metterli? Quando?
A volte non ci pensiamo ma anche postare su tutti i canali i vari contenuti, sperando che siano recepiti, è un secondo lavoro. Comunque continuate a seguirci e prima o poi capiremo cosa fare. Per adesso, come ha detto Mattia, stiamo facendo allenamenti a porte aperte e, come ha detto Alessandro, siamo semplicemente 40enni che spiegano agli altri cose che hanno capito a malapena.
È un’altro giorno sotto il tendone da circo
Non passa settimana senza che il settore dei videogiochi non dimostri la sua fragilità, la sua complessità e, come a volte accade soprattutto in Italia, il suo essere a volte amatoriale, improvvisato e tendente al drammatico.
Il caso di questa settimana riguarda Tales of Enotria e il suo sviluppatore, Jyamma Games. Cercando di riassumere brevemente una storia che va avanti da tempo, chi gestisce Jyamma Games non pare saper ricevere i giudizi negativi col tatto e la grazia che a volte sono necessari.
Qualche mese fa, in occasione delle anteprime. Il canale Round Two si era visto revocare l’appuntamento per provare il gioco, pare per dei giudizi poco lusinghieri.
In questi giorni invece c’è stata una piccola tempesta perché non solo nei canali pubblici del Discord di Jyamma c’è una sorta di “messa all’indice” dei giornalisti che ne hanno parlato male, ma ad alcuni sarebbe stata temporaneamente revocata la chiave di Steam per far funzionare il gioco.
In poche parole, il publisher o lo sviluppatore può da remoto rendere il gioco inutilizzabile, ma di solito lo fa solo quando si pensa che quel gioco sia stato rivenduto o venga usato per delle truffe. La revoca del gioco a un giornalista o creator è fatto praticamente unico nella storia del settore.
Successivamente tutto sembra essersi appianato, ma come sempre dietro questi presunti errori resta il dubbio che ci sia altro. E per amor di brevità non mi metterò ad analizzare altre polemiche, voci riportate e testimonianze attorno allo studio, al suo stile comunicativo, alla mobilitazione, e alle condizioni di lavoro, anche perché non son il punto di oggi.
Ho letto cose bellissime del tipo “In fondo dovremmo disattivare i giochi ai giornalisti dopo che li hanno recensiti (ottima idea, così se poi voglio fare una soluzione, una comparazione o lavorare su altri contenuti per il gioco poi mi attacco) oppure “Beh secondo me se non sei convinto del tuo gioco le chiavi non le dai e se sono tanto interessati se le comprano ( ottimo modo per azzerare la copertura mediatica, sparire subito e puzzare di cadavere dal day one)
L’occasione infatti ha permesso ancora una volta di parlare un po’ di come lavorano le testate, delle tempistiche e dei rapporti di forza con pubblico e sviluppatori. Un ambito in cui molti ancora si muovono a tentoni, per sentito dire o con la lente di pregiudizi personali spesso nati da acredine o diffidenza.
Facciamo però che lascio fuori la questione economica e cosa effettivamente dovrebbe fare un giornalista, altrimenti diventa un libro.
Il giornalista videoludico è tendenzialmente un incompetente o venduto quando dice qualcosa che non ci piace. Bravissimo quando conferma quello che diciamo. Ma in ogni caso è una specie di tizio viziato e odioso che partecipa agli eventi, riceve i giochi gratis che sicuramente potremmo superare se solo ci fosse data l’occasione. Se poi parliamo di una giornalista moltiplicate ogni aspetto negativo, ogni insulto e ogni pregiudizio per dieci.
Corrotti!
La prima cosa da dire è che NO, nessuno viene pagato per scrivere bene di videogiochi. (Qualcuno manco viene pagato BADUMTSSSSSH!) A meno che non si parli di una campagna pubblicitaria espressamente segnalata. Di solito questo avviene con i creator, più che con le testate, ma possono capitare campagne media anche per i siti. Non parlo solo di banner o cose così, ma veri e propri lanci del prodotto organizzati.
Non è una cosa che mi fa impazzire, perché si finisce in una zona grigia che non amo ma, hey, se volete il giornalismo indipendente lo dovete pagare.
Quindi NO, la gente non viene pagata o corrotta per scrivere bene di qualcosa. Almeno, non nei videogiochi. Nel giornalismo classico le scale di grandezza sono diverse e non posso certo garantire per tutti. Di solito perà la pressione che viene esercitata su chi lo fa è più un “soft power” ed è lo stesso che bene o male permea tutto il giornalismo che ha bisogno di accessi.
Quindi i problemi sono gli stessi di giornalismo videoludico, tech, cinematografico ma anche politico. Oppure magari non sponsorizzano con te. Tanto già lo fanno poco perché la maggior parte dei budget viene allocato sui creator che sono un messaggio più controllabile.
Così come il publisher non contento di come parli delle sue serie tv o dei film può decidere che le robe non ti arrivano (o ti arrivano il giorno dell’uscita, così non hai tempo e vieni penalizzato), non fai interviste e non fai press tour, così il politico di turno se lo contraddici o lo incalzi le interviste dove dice cose orribili, che il tuo pubblico cerca e clicca, le fa con qualcun altro.
Ovviamente tutto questo viene controbilanciato dal fatto che se azzoppi un sito di videogiochi quello poi magari ne parla e ti accusa di censura. Insomma c’è tutto un equilibrio interno a cui si sommano inevitabili amicizie e antipatie che magari non ci dovrebbero essere, ma siamo esseri umani. Ma tendenzialmente niente di drastico, al massimo ti fa piacere che la tal persona parli del tuo gioco o tendi a invitarlo più spesso nei press tour.
Potete star sicuri che se qualcuno fosse veramente corrotto per parlare bene di qualcosa il resto del settore farebbe partire le sirene stile bombardamento. Già così siamo costantemente oggetto di battutine, figurati se non dimostriamo di avere gli anticorpi per espellere i corrotti.
Chi scrive di cosa?
Come funziona l’assegnazione della chiave del gioco? Dipende. Tendenzialmente c’è un caporedattore che assegna le chiavi alle persone più indicate in base alle sensibilità, i gusti e le competenze personali. I
n alcuni casi può capitare che venga data alla prima persona disponibile ma tendenzialmente si evita che l’esperto di giochi di guida si debba provare un gioco di calcio e si cerca di dare i giochi più attesi a chi ha una comprovata anzianità e competenza nel valutarli. Anche se ovviamente ci sono titoli più o meno accessibili a tutti.
Le chiavi dei giochi arrivano perché vengono mandate in automatico dai publisher o perché vengono richieste. Può capitare che ci sono piattaforme dove ti registri come testata o freelance e puoi richiedere i codici. A volte sei tu stesso che scrivi a un PR per farti mandare qualcosa, ma di solito è solo una cosa che riguarda i freelance come me che poi cercano di piazzare la recensione. (E prima ti fai dare l’ok e poi chiedi, altrimenti ti trovi in una situazione fastidiosa).
Come funzionano le recensioni?
Se ti va bene hai tempo, giochi con calma, scrivi, consegni e vieni pubblicata. Ovviamente non leggi i commenti, perché sicuramente ci sarà qualcuno che non ha provato il gioco ma pensa che tu sia un incompetente e passi al gioco successivo. Ovviamente il gioco lo finisci o almeno ci giochi così tanto da farti una impressione sufficiente. Se sia obbligatorio finire un gioco per parlarne ne parliamo un’altra volta.
Più spesso capita che il codice ti arrivi un po’ sotto data, quindi corri il più possibile per finire in tempo e avere anche un momento per lasciare che le impressioni del gioco si sedimentino dentro di te. Per quanto oggi l’opinione a caldo, quasi una reazione, sembra essere la moneta di maggior valore la verità è che i concetti hanno bisogno di riposare. Perché quella bellissima idea magari poi ti ricordi di averla già vista, perché quella cosa che ti piaceva meno poi magari non è così male.
Se hai bisogno di più tempo chiedi e se chi gestisce le cose può te lo dà. Non sempre è possibile, dipende da molte valutazioni tipo: escono altri giochi nello stesso giorno? Quanto è atteso? Quanto è importante che tu abbia più tempo? Il sito è generalista o specializzato?
Capita anche che un recensore si confronti con altre persone. Per amicizia, per chiacchierare, per capire meglio se le sue sensazioni hanno senso, per risolvere un pezzo difficile, per fare un controllo incrociato di eventuali bug o incongruenze.
È una cosa normalissima che chi parla delle cose fa della notte dei tempi e non ha niente a che vedere con l’idea di una sorta di cartello o un conclave per aggiustare i voti dei giochi o far uscire opinioni omogeneizzate. Queste cose lasciamole ai pazzi del Gamergate.
A parte che molte persone che lavorano nel settore si detestano, c’è anche chi proprio cerca in tutti i modi di isolarsi dai pareri altrui proprio per evitare di scrivere cose simili in modo inconscio.
Questo però non vuol dire che non ci siano persone che magari escono con un giudizio “comodo” e allineato per evitare problemi con pubblico e PR (o perché non hanno basi critiche solide). Sta al pubblico attento capire chi sono e non voglio parlarne per ora.
È importante uscire all’embargo?
A dirla tutta, no. Serve soprattutto ai pr per poter massimizzare il messaggio in un breve lasso di tempo. È importante rispettarli e non uscire prima di quando specificato dal publisher ma si esce alla data dell’embargo solo perché ormai dobbiamo arrivare tutti prima, altrimenti quello che arriva dopo sparisce, non interessa più a nessuno, si è già passati al gioco successivo.
Per fortuna vedo che molti più siti stanno iniziando a prendersi i propri tempi e uscire col gioco solo quando sono pronti. Sarebbe bello farlo sempre, con tutti i giochi, per educare sia il pubblico a un approccio meno frettoloso sia i publisher a gestire meglio codici e campagne media.
In cuor mio credo che questo modo di pensare penalizzi comunque gli spazi più piccoli, che vengono comunque oscurati dalla potenza mediatica di creator famosi e siti importanti, ma è vero che purtroppo se esci una settimana o un mese dopo con un parere calmo e ponderato lo legge forse tua madre e basta.
Ma visto che nel mio caso comunque mi leggono in pochi preferisco fare così.
Se avete altre domande sul settore io sono qua. Potete scrivere qua sotto, potete scrivermi in privato, mandarmi una mail, quello che vi pare. Sono convinto che la trasparenza sia fondamentale per scrivere meglio e far capire a chi legge certi meccanismi, così che le diffidenze possano, almeno, attenuarsi.
Chi scrive di videogiochi è un essere umano coi suoi difetti, le sue ansie, le sue stronzaggini. Che a volte dice cose sensate, a volte sbaglia, a volte si sente il più ganzo di tutti, a volte l’ultimo degli stronzi. Tutto qua.
Link e altre cose!
Abbiamo parlato di quella drama queen di Lestat.
Ma anche di un gioco post apocalittico molto rilassante.
E di un gioco su Gundam che è buono per montare modellini.
Come leggere di più se sei adulto.
Cosa fanno gli sviluppatori che vengono licenziati?
Viviamo di abbonamenti (a sto punto abbonatevi pure qua)
Piccolo test: cosa ti suscita questa immagine? Magari ne parliamo settimana prossima.