Cose che forse ho imparato quest'anno
Ciao, odio i buoni propositi e il Capodanno, ti va se parliamo d'altro?
Dio santo se odio la fine dell’anno, anzi, odio le convenzioni della fine dell’anno, soprattutto quella di dover fare “le migliori cose”. I migliori libri, i migliori film, i migliori videogiochi. D’altronde ho dei problemi anche con i premi, figuriamoci con il dover dire le migliori cose dell’anno, che spesso sono soprattutto un’occasione per ricordarci quanto poco tempo abbiamo per fruire tutto ciò che ci sarebbe piaciuto.
E che dire dei buoni propositi? Ho smesso di farli quando è morto mio padre il 3 gennaio, è stata la sveglia che mi ha ricordato la frase di Meir Shalev “gli uomini fanno progetti e gli Dei sorridono”. Sì ok certo se vi conforta potete dirvi che andrete in palestra, che vi liberete delle persone tossiche, che cambierete lavoro, che vi concentrerete su questo e quello, e forse ci riuscirete anche. Ma il primo gennaio non potete sapere quali botte di fortuna o sfortuna di arriveranno, non è bastata una fottuta pandemia a ricordarvelo?
New Year New me un cavolo, ogni giorno potete decidere di essere persone nuove. Ricordandoci che alla fine è un tiro di dadi in cui decidiamo solo su quale superficie tirarli.
Quindi fateli, se servono a calmare la sensazione che la nostra vita sia fondamentalmente la gestione di un caos dove abbiamo un controllo molto relativo. Facciamo così, invece di fare i propositi farò un po’ il punto su ciò che il 2022 mi ha insegnato, sia per evitare per una volta di rifare questi errori, sia perché magari non li farete voi. (Poi li farete comunque, perché tanto si impara solo così).
Il lavoro è lavoro, smetti di pensare che siano amici
Uno degli errori più comuni che faccio in ambito lavorativo e metterla sul piano amicale. Quando lavori con me non stiamo solo lavorando assieme, ma col tempo tendo a fare gruppo, a trattarti come un amico, a difenderti se c’è bisogno e supportarti. Mi preoccupo per te. Questa forse è una caratteristica che mi ha reso una persona piacevole con cui lavorare in alcuni casi e pessima in altri (perché se mi stai sulle scatole si vede e con te lavorerò male) ma soprattutto mi ha reso estremamente prono alle delusioni in ambito lavorativo, perché chi lavora con me non è giustamente sempre calibrato sul mio stesso tono. E quindi se io a volte prendo il lavoro come una sorta di amicizia a lungo termine dove qualcuno mi dà anche dei soldi (detta così suona malissimo) per gli altri è lavoro e se c’è da tagliare si taglia e quando accade io posso passare anche molto tempo in uno stato misto tra la delusione e lo smarrimento. Ma l’errore è mio, per quanto ci si possa comportare male sul lavoro se io ci metto di più è solo una cosa mia.
Fa malissimo, ma impara a programmare
Quest’anno è stato un anno molto tosto mentalmente ed economicamente in cui è stato difficile trovare qualcosa a cui aggrapparsi nei momenti più caotici. E per quanto abbia scritto quanto io non ami programmare e rispettare Google Calendar devo anche riconoscere che in quel caos l’unica cosa che funzionava era fare quell’unica cosa che mi ero programmato di fare. Sotto questo punto di vista avere la possibilità e la motivazione di tornare in palestra e rispettare una scheda ha avuto un effetto positivo sulle mie giornate. Iniziandole facendo esercizio fisico da al mio cervello la sensazione che “beh, una cosa è fatta, avanti con la prossima”.
Impara a riconoscere quando il tuo cervello gioca contro di te
Diciamolo una volta per tutte: quest’anno finalmente all’ennesimo brutto segnale ho iniziato un percorso psicologico. Penso di essere ancora in alto mare ma sto lentamente riconoscendo i segni rivelatori di quando la mia testa decide di non collaborare e mi lascia in stato confusionale di fronte allo schermo con troppe cose da fare e nessun’idea di dove cominciare. Oppure di quando mi arrabbio troppo per cose inutili o alterno fiammate di entusiasmo a voragini di autocommiserazione. L’obiettivo finale non è tanto sperare che queste cose se ne vadano ma imparare a prendere le onde nel modo giusto, o non solo di fianco, quando ci sono più probabilità di rovesciare la barca.
Se qualcosa vi piace e siete bravi a farla, fatela più spesso.
Sembra una tautologia ma non lo è, perché l’etica del lavoro ci dice che lavorare ed essere adulti vuol dire fare spesso cose che non ci piacciono perché vanno fatte. Ma questo 2022 è stato l’anno in cui sono stato più spesso su un palco e ho scoperto che tutto sommato è una cosa che mi riesce bene, sia che debba presentare, sia che debba raccontare qualcosa. Come ho raccontato, mi mette ansia ma mi da anche una grande soddisfazione e se posso azzardare una previsione per il 2023: vorrei farlo più spesso e farlo diventare parte integrante della mia professione.
Mollare ciò che non funziona è difficile
Se sono uno che si sente subito in famiglia quando collabora, sono anche un accumulatore seriale di progetti: N3rdcore, le live su Twitch, il podcast con Roberto Recchioni, questa newsletter, il lavoro con Italian Tech. Non tutte queste cose vanno bene come vorrei e la questione economica pesa sul bilancio. Però non riesco a mollarne neanche una, perché mi affeziono, perché ci ho speso tempo, perché in alcuni casi ci sono altre persone coinvolte e perché sento che se lo mollo sono un fallito. So che non è vero, razionalmente non è così, i progetti nascono e muoiono di continuo, eppure eccomi qua, che stringo al petto le mie idee, come se fossero vecchie action figure. Necessariamente qualcosa dovrà ridursi nel 2023, serve spazio per nuove idee.
Ma se qualcosa vi piace fregatevene e provatelo
Nel 2023 ho iniziato questa newsletter, ho iniziato il podcast con Roberto, ho pensato almeno altre 300 idee che sono nate e morte in un pomeriggio, sto iniziando a pensare un calendario editoriale per come vorrei cambiare la mia immagine social nel prossimo anno e un altro podcast che vorrei capire come fare. Non so se ci riuscirò, ma creare nuove cose è un mio sistema per gestire ansia e stress. È necessario e ho capito che non farlo e metterla sul razionale mi fa stare male. Quindi, invece che imparare a fare meno cose, sto imparando a gestire il fatto che non vadano subito benissimo. A volte tanto basta pensarle per stare meglio.
Giocare di squadra
Sembra strano dirlo perché sono uno che ama giocare di squadra, ho fatto solo sport di squadra e mi trovo assolutamente a mio agio nel farlo, ma quest’anno ho notato che non ci riesco o che comunque raramente vengo chiamato per fare squadra in live, progetti ecc. Probabilmente è colpa mia. Ho sempre l’impressione di disturbare, sono molto riservato, timido e a volte penso che non è che debba dare chissà quale contributo e queste caratteristiche vengono spesso scambiate per snobismo e scontrosità. Però se posso darvi un consiglio collaborate, collaborate il più possibile, vi farà bene. Poi vabbe’ c’è anche chi non ti chiama perché non porti abbastanza pubblico e li possiamo farci poco.
Se volete avere la speranza di farcela date agli altri qualcosa.
Sto lentamente cambiando il modo in cui penso i miei progetti. Fino a poco tempo fa erano pensati sulle opinioni: ti dico questa cosa perché il mio parere ha valore, ma questa newsletter mi ha permesso di cambiare questo approccio verso il “ti dico questa cosa perché ho fatto questa esperienza e voglio passarla a te”. È un cambiamento dall’ego alla comunità, dal far cadere dall’alto al tendere la mano e penso che imposterò tutti i miei progetti futuri su questo: insegnare, aiutare, facilitare. Ci riuscirò? Probabilmente dovrò lottare contro il mio carattere scontroso e l’autosabotaggio, ma non punto a essere perfetto, ma essere messo un po’ meglio del giorno prima.
Di sicuro quest’anno mi ha portato questo spazio, i vostri messaggi, la vostra conoscenza e la possibilità di imparare alcune cose, non mi pare poco. Se vorrete staremo assieme anche nel 2023, se avrò ancora qualcosa di interessante da dirvi.
Buon anno! Spero di raccontavi cose da Las Vegas!
Tanti auguri per tutti i tuoi progetti futuri! Spero che la newsletter sia uno di quei progetti che non mollerai...
Tutto giustissimo, tranne forse l'ultimo punto sul quale onestamente mi sento molto cinico: trasmettere le esperienze è storytelling nel migliore dei casi, entertainment nel peggiore. "La gente" non impara mai nulla dalle esperienze altrui proprio perché non le vive, quindi 1000 manuali di teoria non valgono 60 secondi di pratica, se non si hanno i riflessi pronti da subito a reagire. Credo che l'unica cosa che impariamo noi stessi dalle nostre stesse esperienze, se e solo se ci sappiamo riflettere su, è il nostro modo giusto o sbagliato di affrontare e reagire al caos del mondo. Se in quest'ottica narrare le proprie esperienze può aiutare ad elaborarle e a reagire meglio in futuro, benissimo, ben venga. Ma io non mi faccio illusioni realistiche sui terzi esterni alla faccenda.