Heel Turn
A volte basta una settimana per cambiare volto a una testata, a volte dopo anni il tuo lavoro e la tua firma posso rivoltarsi contro di te.
L’incipit di Charlie, la newsletter sul giornalismo de Il Post, oggi fa malissimo, quindi ve la posto intera, così stiamo male assieme.
Dal loro pubblico di lettori, i giornalisti sono spesso immaginati e ritratti come scaltriti esseri umani rotti a ogni esperienza, di grande realismo nel migliore dei giudizi, di grande cinismo nel peggiore. Educati dal mestiere alla diffidenza, alla critica, alla messa in discussione delle cose, ad "averne viste tante", e a trattenere gli entusiasmi spontanei.
Ed è un po' vero, che è un mestiere così, che fa diventare a volte così.
Ma c'è un elemento di ingenuità da cui tantissimi giornalisti e giornaliste, anche i più sgamati, non riescono a liberarsi, rivelando una affascinante debolezza. E che si manifesta nel momento in cui arriva un editore, o un direttore, che dice loro: "ho un progetto meraviglioso da affidarti, su cui ho grosse ambizioni e possiamo fare grandi cose, perché intendo investirci e darti le risorse e la libertà per realizzarlo". Può essere un giornale nuovo, può essere un giornale da rilanciare, può essere una sezione del giornale, un progetto collaterale, uno sviluppo online, o un'altra cosa nuova e bella "che faremo insieme".
E il giornalista o la giornalista accettano entusiasti e motivati, ovviamente: voi non accettereste? È tutto così convincente. Lo è persino per il giornalista o la giornalista che accettano entusiasti e motivati, malgrado "ne abbiano viste tante". Malgrado abbiano visto tante storie simili in cui in tempi più o meno brevi l'editore si rende conto che i costi sono maggiori di quelli che aveva superficialmente calcolato; o che i tempi necessari a sviluppare quel progetto sono lunghi e serve pazienza; o abbiano visto che il direttore, una volta affidato quell'impiccio, torna a occuparsi d'altro; o che le risorse immaginate non ci sono, e non è possibile ottenere le due persone immaginate o qualunque altro strumento ipotizzato; o che certe cose non si possono fare, per via di questo e di quello. A volte il committente era in buona fede, e non sapeva bene quello che progettava e in che impresa si metteva; a volte aveva solo bisogno di rifilare delle castagne da togliere dal fuoco, e non l'ha raccontata giusta.
Giornalisti e giornaliste ne hanno viste tantissime di storie così. Eppure, quando l'offerta arriva a te, accetti, con entusiasmo. Faremo grandi cose.
Giornalismo da ring
Il mondo del wrestling, come tutte le subculture, si definisce e si struttura attraverso un linguaggio specifico utilizzato dai suoi fan con cui vengono descritti personaggi, comportamenti, mosse e così via. Ad esempio, la kayfabe è il termine sotto cui ricade tutta la grande finzione di questo teatro muscolare: personaggi, schieramenti, tradimenti e che riguarda non solo il ring ma i dietro le quinte, i social eccetera.
La kayfabe è sacra e non va ma interrotta quando c’è un potenziale pubblico all’ascolto, altrimenti è come vedere la figurante di Walt Disney World vestita da Biancaneve che si fuma una sigaretta. La gimmick invece è il comportamento assegnato al personaggio, le sue caratteristiche, il suo aspetto. Il vestito da becchino di Undertaker è la sua gimmick. E poi ci sono i face, che sono i personaggi “buoni” e gli heel che sono i cattivi, gli antagonisti.
A volte può capitare che un personaggio face attraversi una fase da cattivo, tanto per mescolare un po’ le carte, in quel caso si parla di Heel Turn. Di solito questo avviene all’improvviso, con un colpo di scena, magari passando ad un altro cattivo una sedia per colpire a tradimento un altro buono, suggellando così un patto.
In questa settimana in quella grande keyfabe che è il giornalismo, quella finzione in cui pensiamo tutti che sia un lavoro e non un hobby pagato, e che sia uno spazio con delle regole invece di una specie di mercato dove tutto vale e nessuno viene quasi mai punito, mi è capitato di vedere un paio di heel turn niente male.
Up and running
Il primo riguarda un ospite ricorrente di queste pagine, Hollywood Reporter Roma. Sicuramente vi sarà capitato di leggere che la redazione si è licenziata in blocco qualche giorno fa dopo vari scioperi e mesi di pagamenti non onorati. Una mossa drastica, giusta, per quanto triste. Mossa che viene accompagnata da una petizione firmata da varie personalità dello spettacolo.
Una situazione quasi unica nel panorama giornalistico italiano, soprattutto quello più specializzato. Perché? Beh, perché di solito non hai giornalisti assunti ma freelance più o meno strutturati che semplicemente se ne vanno senza fare troppo casino o gente felice di scrivere non pagata o per il gusto di un’anteprima, ma sto divagando.
Insomma, la Redazione se ne va sbattendo la porta e poco dopo esce un lungo articolo su una rivista “concorrente” come Bad Taste, fatto strano e interessante, che cerca di spiegare l’assurda sequenza di decisioni che hanno portato un marchio con queste potenzialità a bruciare soldi sperando di diventare appetibile per investitori che volessero scommettere su di lui per un ritorno d’immagine e di prestigio.
È un pezzo lungo e a volte un po’ confuso ma vi consiglio la lettura perché “autopsie” di questo tipo sono rare nel giornalismo italiano.
A stretto giro esce una risposta dalle pagine della testata, che sceglie in modo decisamente pittoresco di mettere una foto sorridente dell’editore Gian Marco Sandri in copertina, dove viene smentita ogni problematica, si fa accenno a future azioni legali e si chiude rassicurando sul futuro dell’operazione.
La Società si rammarica per talune notizie inesatte diffuse da altre testate giornalistiche, che potrebbero aver contribuito a generare confusione, anche se sarebbe bastato accedere al sito per verificare che la piattaforma era up&running.
Lo stesso giorno, complice l’esplosione del caso Morgan e delle molestie e minacce rivolte all’ex compagna, esce un pezzo di commento polemico e triggerino che fa leva sulla consueta retorica dell’artista maledetto a cui tutto sommato va perdonato tutto, senza farsi mancare una bella tirata sul politicamente corretto.
Prosegue poi rincarando la dose sul fatto che le accuse vanno confermate in tribunale (giustissimo, ma viste le prove emerse le accuse al massimo possono indicare una pena, non determinare se ci sia stato o meno un comportamento di merda, come spiega pazientemente
su Valigia Blu). Tocco di classe è la zeppata contro Calcutta, che evidentemente sta molto antipatico all’autore.Nel frattempo Morgan fa storie su Instagram sotto della persona che ha minacciato, come se niente fosse. Magari un giorno parleremo di come la nascita di personaggi come Lucarelli e similari sia colpa soprattutto di un sistema giudiziario che lascia come sola alternativa il cercare la giustizia sui social.
Nell’arco di una settimana siamo dunque passati da una redazione tutto sommato potremmo giudicare “di sinistra” a un “heel turn” verso la traduzione in massa di articoli, pezzi non firmati, articoli in cerca della polemica social, scelte editoriali bizzarre che includono un pezzo sulle carrozze elettriche di Roma e autori schierati decisamente altrove.
Insomma quel tuo amico con cui facevi le manifestazioni che oggi dice che i giovani si lamentano troppo e dovrebbero ringraziare di poter fare esperienza lavorando gratis.
Tra l’altro è singolare che in precedenza questa nuova leva che ha scritto l’articolo su Morgan avesse imputato il fallimento dell’operazione THR ai salotti romani e al veltronismo buonista (giuro) troppo poco graffiante, più che al fatto che la gente non veniva pagata perché erano stati bruciati un sacco di soldi con discutibili scelte manageriali.
Analisi che evidentemente è piaciuta all’editore in cerca di nuove e penne. Chissà se piacerà ai grandi investitori.
In tutto questo mi chiedo i detentori del marchio internazionale che ne pensano. Forse lo scopriremo tra poco.
All your names are belong to us
Questa storia l’ho già raccontata su Instagram, quindi forse la sapete già se ci seguiamo, ma la trovo così affascinante che mi ossessiona. E per “affascinante” intendo come quando cerchi di analizzare la mente di un serial killer leggendone la biografia.
Immaginate di aver lavorato per anni in un blog di tecnologia dedicato a Apple chiamato TUAW. Le cose vanno bene, poi vanno meno bene, poi il sito nel 2015 chiude. Sono cose che succedono nel panorama odierno, i lettori cambiano, le piattaforme cambiano e magari vi aveva comprato un grosso gruppo che oggi non vi ritiene più utili, quindi si chiude.
Però c’è un dettaglio: si chiude ma il marchio resta attivo e comincia a passare di mano. TUAW era infatti di proprietà di Weblogs, che è stata comprata da AOL. America Online è stata poi comprata da Yahoo che a sua volta è stata acquisita da Verizon che ha poi venduto Yahoo ad Apollo Global Management. In ognuno di questi passaggi di mano le aziende hanno via via venduto i pezzi che non gli servivano e un bel giorno AGM vende TUAW a Web Orange Limited. E qua inizia il teatro del grottesco.
Web Orange Limited è una società di Hong Kong che si muove nel campo della pubblicità online, ma lo fa portando alle estreme conseguenze quel vizio di alcune agenzie PR di avere sia contratti con aziende sia gestire siti che di quelle aziende parlano: crea siti zombie.
Questo vuol dire che prende un sito, lo riempie di testi creati con la IA, li fa firmare da persone che non esistono e grazie agli accorgimenti SEO genera traffico e vende quel traffico a chi vuole farsi pubblicità senza fare troppe domande, tipo i siti di scommesse. Tattica che tra l’altro non mi pare brillantissima.
Nella sostenibilità dei progetti editoriali il contenuto ormai sembra qualcosa che richiede molta cura e rende poco, molto meglio lavorare sui click di chi capita per sbaglio (o almeno, questo è quello che aziende come WOL vogliono spingere come narrazione).
Ma stavolta la questione è andata persino oltre.
Come raccontato sul 404, prima l’archivio dei vecchi articoli è stato dato in un pasto a un creatore di riassunti automatici, ripubblicando una serie di pezzi sconnessi e quasi illeggibili, poi ne sono stati generati altri e, ciliegina sulla torta, questi articoli sono attribuiti agli ex collaboratori di TUAW a cui sono solo state cambiate le facce con altre generate dalla IA.
Per fortuna, pare che qualche nome ora sia stato cambiato.
Immaginate di trovare la rete invasa di spazzatura prodotta a vostro nome e, almeno sembra, non ci potete fare niente. L’incubo di ogni collaboratore. Ed ecco il secondo “heel turn” di oggi: un sito apprezzato per i suoi contenuti che muore e risorge come una specie di zombie o di mummia avvolta in pessimi articoli.
Quando parliamo di problemi con la IA parliamo esattamente di questo. Non tanto dello strumento in sé, e per amore di dibattito facciamo finta di ignorare l’impatto energetico o come vengono allenati questi strumenti perché vogliamo sostenere la posizione che la gente ha sempre copiato e usato reference o rubacchiato testi in giro.
È la facilità con cui uno strumento può essere usato male da persone senza scrupoli che lo rende pericoloso. Per questo ci fanno più paura i coltelli dei bicchieri di plastica.
Link e altre cose
Una romcom al gusto di complottismo lunare che funziona.
Dee dell’Apocalisse: Sailor Saturn, Rei Ayanami e le altre.
Un libro che per me resta fondamentale per capire questi anni e quind spammo di nuovo: Effetto He-Man
Come si scovano le gole profonde nei nelle aziende di videogiochi? E cosa accade dopo?
Questo articolo mi ha ricordato che mi mancano i vecchi forum e forse dovremmo tornarci.
Questo di
invece mi ricorda che in effetti ancora sulla tecnologia nei cruscotti c’è tanto da lavorare.Heavy Meta consiglia, appoggia, endorsa, batte il cinque e berrebbe una birra con queste due pubblicazioni