Il Tetris al contrario
Come si naviga nel tumulto di una vita fatta di grandi risultati, brutti colpi e momenti stazionari? No, sul serio, come si fa?
In questi giorni stiamo condividendo in massa i risultati dell’inchiesta condotta da Fanpage sui meccanismi di reclutamento, formazione e radicalizzazione dei giovani fascisti. Non starò qua a commentare chi è indispettito dalle telecamere nascoste né chi commenta “ma tanto si sapeva” come un vero dritto.
Quello che mi interessa è il punto di vista giornalistico: perché un certo tipo di lavoro d’inchiesta oggi, anzi, negli ultimi anni, è fatto da un sito come Fanpage, che nasce macinando click grazie ai meccanismi social più banali e triti, le interviste alla gente per strada pensate per creare scandalo, gli articoli sensazionalistici e non dalle testate che ogni volta ci devono ricordare quanto sono importanti e quanto valga il loro lavoro?
L’impressione è che i nomi storici abbiano ormai da anni deciso di voler raccontare senza troppi scossoni la situazione attuale, evitando accuratamente situazioni troppo rischiose, per non perdere eventuali abboccamenti con le parti politiche, soprattutto quelle che oggi garantiscono ampio afflusso di click.
E infatti dell’inchiesta non trovate niente né su Corriere né su Repubblica. È buffo perché anni fa, quando Fanpage pubblicò nel 2016 un’inchiesta sul PD, Corriere ne parlò come di un curioso e interessante caso editoriale. Mi sa che poi vederseli troppo vicini nella classifica dei siti più visitati in Italia ha tolto la voglia di citazione.
Questo ci ricorda anche quanto sia complesso e variegato oggi il panorama e quanto abbia poco senso ragionare per schemi prefissati: non ho mai amato Fanpage, ma questo tipo di lavoro è importante. Se è utile o meno non lo so, perché credo che chi oggi vota Meloni sappia benissimo come stanno le cose, nel migliore dei casi le appoggia, nel peggiore è indifferente.
Chi vince, chi perde, chi entrambe le cose
In fondo vivo in una città dove molte persone di sinistra mi hanno detto che pur di mandare un segnale al centro sinistra avrebbero votato un candidato sostenuto da fascisti dichiarati piuttosto che votare un partito di sinistra vero e proprio.
Il mese, più o meno, di campagna elettorale attiva si è concluso, a Firenze siamo al ballottaggio tra Funaro e Schimdt, il partito con cui mi sono candidato, Sinistra Progetto Comune, ha preso un seggio al Consiglio Comunale e uno in ogni quartiere. Io non sono stato eletto, ho raccolto 60 voti, quindi sono il decimo, su 36, dei candidati come graduatoria.
Questo mese di politica e i giorni post elezioni mi hanno ricordato quanto sia strano e singolare questo mondo e quando sia abbastanza facile, al di là di evidenze clamorose, utilizzare i dati per raccontare, sfumare, elaborare.
Alla fine la politica è lo storytelling a cui paghi le tasse.
Quando si dice che in politica non perde mai nessuno è vero, nel senso che la sconfitta in politica è qualcosa di relativo, personale ma anche collettivo, così come la vittoria e tutto ciò che sta nel mezzo.
Perché tra la vittoria e una sonora trombatura ci sono mille valutazioni da fare: quanti soldi aveva il tuo partito? Quanta esperienza i tuoi candidati? Quali agganci ha sul territorio? Corri da solo o in una coalizione?
Per me tutto questo è difficile da elaborare perché io vengo da un passato sportivo dove tendenzialmente succedono due cose: o vinci o perdi. E anche quando pareggi dipende se è un pareggio che vale una vittoria o una sconfitta. A tutto questo si aggiunge la mia mentalità: o una cosa va bene o va male, se va bene ovviamente sono fortunato o qualcuno mi ha dato una mano, se va male è colpa mia, perché non ho fatto abbastanza e, ovviamente, dovendo io risultare subito eccellente alla prima, la non eccellenza è la morte.
Non vi sfugga il favoloso cocktail di persona che aspira e chiede per sé l’eccellenza ma allo stesso tempo scarica sugli altri i proprio successi perché non si ritiene poi granché.
Quindi a tutti gli effetti, come ho detto anche in un reel, se fossi entrato in Comune praticamente dal nulla, con pochissima esperienza di militanza e salendo a bordo un mese e mezzo fa sarei stato una specie di caso nazionale. Quanto è successo era ampiamente previsto e già attrarre una sessantina di preferenze non era assolutamente scontato per un soggetto senza tessera di partito (quindi senza una struttura che ti spinge, aiuta, organizza eventi e così via) e senza i mezzi di partiti più grandi.
Tuttavia, ho comunque rosicato. Perché mi ha ricordato quei momenti del rugby in cui facevi una gran bella partita con squadre più forti… ma alla fine perdevi comunque. Ma allo stesso tempo sono felice perché penso che continuerò questo percorso e fra cinque anni quei voti li vorrei come minimo raddoppiare, forse anche di più.
Questa vittoria, ma sconfitta, ma vittoria, mi ha ricordato quanto sia fondamentale nella vita del freelance, e soprattutto nella vita del giornalista, il bisogno di saper bilanciare il più possibile alti e bassi. A dire il vero me lo ha ricordato Davide Costa parlando nella redazione di N3rdcore di quanto mi sentissi scarico di argomenti e lo ringrazio di questa mano tesa da bordo ring.
Perché la traiettoria lavorativa che ci scegliamo o che viene scelta dalla solita combinazione di capacità e culo raramente è lineare.
Un giorno sei là che registri i tuoi contributi per una trasmissione in RAI, il giorno dopo alla presentazione del tuo libro non si presenta quasi nessuno perché l’orario era pessimo e l’evento era pubblicizzato male, il giorno dopo ancora pubblicano un tuo pezzo a cui tenevi e ti fanno i complimenti e poi ti arrivano due rifiuti e realizzi che sei stanco di scrivere.
Magari crei un bel contenuto sui social, poi fatichi a scrivere una roba che ti piace, mentre un pezzo in cui non credevi va bene. Arriva un bonifico, arriva una cartella esattoriale. Oggi ti senti in grado di riprendere in mano la tua carriera, domani no.
Come si naviga in tutto questo? Adesso sarebbe il momento giusto per proporvi un corso, un libro (però potete sempre comprarvi il mio, magari non imparate l’equilibrio, ma altre cose utili, tipo come nascono i videogiochi), un seminario o almeno un consiglio illuminante.
Ma la verità è che sarebbe compro proporvi la mappa di un labirinto che è solo mio, mentre ognuno deve risolversi il proprio. Anche perché la verità è che spesso in questo caos non ci sto così male. Può sembrare assurdo ma conosco persone che producono meglio quando hanno un nemico a cui farla pagare, gente che si motiva con le deadline, chi deve organizzare tutto e chi no, chi ha bisogno della sua scrivania e dei suoi riti e chi scrive articoli ottimi sul cesso, dal telefono.
Posso dirvi come io navigo all’interno di tutto questo, cercando di fare l’opposto di Tetris, che tra l’altro compiva gli anni (o almeno, aveva uno dei suoi vari compleanni) qualche giorno fa.
Una grande massima sul Tetris è che ci insegna che le cose belle, i successi, spariscono, gli errori restano là, finché non impari come usarli. Io invece cerco (sia chiaro, cerco) di fare il contrario. Mi aggrappo alle cose belle, me le annoto, capisco ogni giorno cosa posso fare per rendere buona la giornata, a volte vivo alla giornata per non vedere i mostri all’orizzonte, a volte invece mi serve l’orizzonte perché mi dà una direzione.
E se oggi va male, provo a fare come chi cade da cavallo, faccio qualcosa che mi va, indipendentemente se è produttivo o meno. Scrivo un video, vado in palestra, dipingo una miniatura, metto in fila cinque proposte per committente. Gioco, soprattutto, contro il mio cervello che gode a pensare male, facendo counter ai suoi colpi con dei messaggi positivi.
E se proprio cado nella nostaglia perdonatemi, invecchio, e tra due mali a volte forse meglio quello che so già dove picchia.
A volte sto tutto il giorno a non fare niente, me lo concedo, a volte se non faccio qualcosa impazzisco. Apro nuovi progetti, li penso, li chiudo nei cassetti, li apro, cerco di appoggiarmi agli altri, per poi finire a fare tutto da solo perché sugli altri non voglio pesare e non voglio scottarli col mio bisogno di fare, ma neanche col mio bisogno di non fare.
Non c’è un equilibrio in tutto questo, è una stanza piena di libri, fumetti, film lasciati a metà, miniature iniziate, videogiochi messi in pausa, appunti e polvere in cui ogni tanto si fa ordine, lo si apprezza e poi si torna anche a godersi il caos. Forse è questo l’equilibrio. Se me lo sono scelto, o se ho semplicemente scolpito dentro un tronco una casa mentre fuori c’era la tempesta, non lo so.
Forse, come le famiglie e gli amori, esistono vari equlibri, io adoro avere una direzione, boe, rotte e certezze, ma all’interno di quei percorsi ho bisogno di avventure secondarie. L’unica cosa di cui farei sempre a meno è la mancanza di orizzonti e prospettive, quella roba non so come combatterla, se non disegnando un altro orizzonte sul muro che improvvisamente s’è alzato.
Torneranno anche pezzi più precisi, puntuali e analitici, oggi va così.
Link e altre cose
Avete fatto caso che i film sul satanismo e sulle possessioni sono cambiati? Ecco come.
Forse lo sapevate forse no, ma uscira una nuova serie di Goldrake e c’è già polemica perchè Actarus è poco macho.
Forse N3rdcore sta cambiando, si scrive sempre, ma si fanno anche video e podcast, tipo questo.
In questi giorni abbiamo avuto il G7 e il Pride, due eventi in cui le narrazioni e il framing l’hanno fatta da padroni. Al G7 Meloni ha cercato in tutti i modi di far credere che Borgo Ignazia fosse veramente un paesino, invece è una specie di cosplay della Puglia ideale e dell’idea romantica del sud, mentre al Pride la foto che gira di più e Schlein con il pugno chiuso davanti alla folla, manco fosse Bertinotti, quando il pugno è così perchè sta ballando e la folla era solo accanto al carro su cui passava.
La riflessione in questo post di Pietro Poggi mi pare interessante.
Allegati a Heavy Meta, come i cd di una volta con i videogiochi, le riviste culturali col quotidiano o i gadget di Topolino ci sono:
Se volete che diventiamo una rivista unica scrivilo nei commenti e dacci anche una soluzione per renderlo profittevole.
Grazie per questa bella riflessione sui disequilibri dentro la stanza del freelance, mi ci ritrovo tantissimo.