Metti qui un titolo accattivante per la newsletter
E poi un bel sottotitolo che spieghi che parliamo di IA nel giornalismo videoludico.
Ci sono quei progetti che ti fanno dire: “Cavolo, vorrei farcela come loro”, oppure che dimostrano che la luce del giornalismo non è del tutto spenta; che ogni tanto qualcosa gira ancora come dovrebbe e che servono, sì, fortuna, contatti, tempismo, una barca di soldi—tutto quello che volete—ma se fai le cose bene, prima o poi vieni ripagato.
Ecco perché la notizia della vendita di Polygon, sito fondato da Vox Media nel 2012 come "una nuova tipologia di media", non rappresenta soltanto l'acquisizione di un marchio editoriale da parte di Valnet, gigante canadese già proprietario di siti come Game Rant, ma simboleggia la crisi strutturale di un intero modello di informazione specializzata. Ed è per questo che mi ha gettato particolarmente nello sconforto.
Polygon era “come farei le cose se qualcuno fosse così pazzo da finanziarmi” (lasciamo perdere che scrivere solo in italiano ti condanna a prescindere) e adesso probabilmente diventerà l’ennesima SEO farm che galleggerà nel mare magnum dell’informazione online.
Non si tratta solo dei licenziamenti, per quanto dolorosi e pesanti, che hanno colpito figure chiave come Chris Plante, cofondatore ed editor-in-chief, o Matt Leone, autore di alcuni degli approfondimenti più apprezzati della testata. Questi eventi, certamente drammatici e segno tangibile di una crisi sempre più endemica del settore, rappresentano piuttosto una perdita di identità e di voce per l'intera comunità videoludica e culturale che Polygon aveva saputo costruire.
Nel passaggio di mano, la trasformazione è immediata e dolorosa: ciò che era nato come laboratorio di innovazione narrativa, giornalistica e tecnologica diventa merce, espressione di un'industria editoriale che spesso fatica a bilanciare passione e profitto. Questa vicenda parla quindi anche a noi lettori e operatori del giornalismo, costringendoci a interrogarci sul futuro del nostro lavoro, sui modelli di sostenibilità e sul tipo di informazione che desideriamo creare e consumare.
Adesso forse assisteremo alla consueta diaspora: qualcuno finirà in una newsletter, qualcun altro in progetti piccoli ma che riescono a sostenersi grazie alla loro forte identità e a un gruppo di lettori-finanziatori (io amo molto Aftermath e l’ho già detto, ma se ne conoscete altri segnalatemeli); qualcuno magari farà lunghi saggi video su YouTube, c’è chi sparirà dietro a qualche paywall, altri cambieranno semplicemente lavoro. E via così, fino alla prossima volta.
Mettimi qua un sottotitolo che spinga a proseguire la lettura
E proprio in questa situazione di precarietà e trasformazioni veloci del giornalismo specializzato si colloca anche l'incidente di Everyeye che si è diffuso rapidamente nel micromondo della stampa videoludica, suscitando indignazione e sghignazzi.
Per circa un’oretta il sito ha mostrato una notizia su Ben Affleck con, nel titolo, quello che era palesemente un prompt di dialogo con un’intelligenza artificiale.
Ovviamente non sono mancati gli stracciamenti di vesti, i toni dispiaciuti, il dito puntato contro un settore infame. Tutte cose giuste, per carità; sicuramente non è stato bello quello che è successo, ma permettetemi due appunti.
Il primo è che alla fine si tratta solo di un errore in una notizia, come ne succedono tanti: poteva essere un refuso, un nome sbagliato, il titolo di un’altra notizia. Sono cose che capitano quando pubblichi molte news al giorno. Il fatto che il testo fosse una richiesta rivolta a un’IA è solo un dettaglio in più.
Il secondo è: sulla questione IA, onestamente, cosa vi aspettate? Fare il newser è un lavoro di merda, senza girarci troppo attorno. È sottopagato, noioso, e ormai non insegna neanche più a condensare un testo in modo leggibile o a tradurre, perché contano solo due cose: la SEO e quanto riesci a essere clickbait. Quindi, se un newser decide di usare l’intelligenza artificiale per fare prima, da me avrà solo solidarietà, come qualsiasi lavoratore sfruttato che si ingegna per fare meno fatica possibile. E se questa posizione vi sembra vagamente marxista, beh, lo è.
Non è manco più gavetta perchè lo step successivo sarebbe scrivere articoli per due spicci, sperando che qualcuno ancora più in alto molli e tu sia rimasto abbastanza simpatico da fare lo scatto successivo. O magari se semplicemente l’unico rimasto perché hai altre forme di guadagno.
Chi ha lavorato in Everyeye mi ha detto che il sistema editoriale ha una serie di passaggi che rendono molto difficile commettere un errore così evidente, e qualcuno ipotizza addirittura un sabotaggio volontario nei confronti di un lavoro di merda. Personalmente lo trovo improbabile, sarebbe un caso più unico che raro, ma ammetto che è bello sognare.
Ghost in the redazione
C’è anche la possibilità che Everyeye abbia del tutto automatizzato il flusso di notizie e che quel testo sia finito nel titolo per un errore del plugin che impagina il contenuto generato automaticamente da un’IA.
Un sito ha fatto una cosa molto brutta e la gente si è arrabbiata!
Mi ha fatto molto strano leggere la difesa di Will, azienda che si occupa di “social journalism” con all’attivo un sacco di progetti e facce giovani e rassicuranti, del proprio annuncio di stage da 700 euro per una serie di mansioni decisamente ampie che vanno dalla ricerca notizie all’elaborazione di dati complessi e così via.
Da quando scoppiò il casino per quel pezzo che mescolava stupri e One Piece (quello sì che fu una roba brutta) sappiamo che esistono strumenti di controllo e monitoraggio automatizzati, tema recentemente confermato anche su LinkedIn da un post di Simone De Marzo, amministratore di Hidedesign, editore del sito. Onestamente non so se ci siano automazioni o integrazioni di ChatGPT o simili direttamente sul sito (confrontandomi con Andrea Sorichetti di Round Two vedevamo che l’integrazione con l’IA è presente nel sorgente del sito quindi direi di sì), ma se lo fosse è probabile che qualcosa sia andato storto nella generazione automatizzata di un contenuto SEO oriented.
Del resto, se c’è una cosa che può essere tranquillamente snellita e automatizzata dall’IA è proprio la stesura di brevi notizie compilative. Credo siamo in tanti a dirlo fin dai primi momenti in cui questi strumenti sono diventati così raffinati.
Ok adesso scrivimi una chiusura ad effetto
E forse questo è il punto più importante al di là dell’incidente o del tizio che s’è rotto il cazzo e lavora con le IA. Queste integrazioni sono presenti nei siti da tempo e piano piano resteranno soltanto loro, con un minimo intervento umano. Per adesso non ho avuto modo di incontrarne una di persona ma immagino un futuro molto prossimo dove i contenuti sono quasi del tutto automatizzati e l’intervento umano si limita ad alcuni editoriali e poco altro.
Alla fine è il classico modello della crescita continua che va tanto di moda da sempre. Per cui se non rompi i record di continuo non va bene, se non fai meglio dell’anno prima non va bene, se non fai ancora più views a qualsiasi costo sei un fallito. Ma alla fine, come ho sentito una volta “La crescita fine a sé stessa è l’ideologia di una cellula tumorale”
Perchè se ti vanti dei record di visti ma la gente la paghi due spicci… beh sticazzi dei tuoi record.
Detto questo, è ovvio che questo episodio possiede tutti i connotati per diventare un caso-esempio su cui fare rumore e collocarsi dalla parte di quelli che invece lottano per un settore migliore, ma è un po’ troppo facile.
Innanzitutto perché il dito viene spesso puntato da persone che operano in realtà che sfruttano chi lavora più o meno allo stesso modo, ma soprattutto perché il vero scandalo non sono le IA usate per notizie di routine, ma i pezzi pagati 5 euro (20 se va bene), il ricorso ossessivo al clickbait per racimolare due visite, le notizie che non sono notizie, i contenuti scopiazzati, i venditori di fumo, gli articoli pensati solo per alimentare flame e tossicità varie, i rapporti ambigui coi PR, i gruppetti dove parlare male dei colleghi e la continua guerra tra poveri che va avanti da anni e che ha reso questo settore una landa radioattiva di persone che si guardano in cagnesco e quando parlano di videogiochi finiscono sempre per parlare di sé stesse.
Ma onestamente in un mondo in cui tutti vogliamo sentirci ganzi per 30 secondi immaginandoci disegnati da Miyazaki gliene frega qualcosa a qualcuno?
EDIT del Lunedì
Ho sentito che la persona che ha fatto l’errore è stata allontanata. La classica scelta di protezionismo aziendale che scarica tutto sull’anello debole. Il sistema che ha creato questa situazione è sempre là, la gente che si fa bella con i milioni di views fatti pagando due spicci è sempre là, l’IA è sempre là. Le news clickbati o create sul nulla sono sempre là.
Anche stavolta complimenti a tutti.
Link?
Come sempre a inizio mese c’è una nuova puntata de La Mappa del Tesoro con Roberto Recchioni. Stavolta si parla di modellismo, tra Gunpla e Miniature. Sì, lo so, sembra assurdo anche a me di parlarne su Esquire.
Il Napoli Comicon si è concluso, ecco il resoconto N3rdcoriano.
Io su Italian Tech ho scritto di Doom: The Dark Ages e direi che mi è piaciuto.
Mentre per la Rai ho parlato di un gioco abbastanza matto.
Tasto destro -> genera commento |sagace|cinico|sciatto|complottista|posato| sull'articolo
Lorenzo, devi usare l’output di Chat GPT per il titolo della newsletter, non il prompt! Si scherza ovviamente ! 🫂