La preparazione è il paradosso segreto degli ansiosi
"Insomma Lorenzo hai dovuto parlare del tuo libro di fronte a una sala piena e gestire un panel con uno dei miti della tua infanzia, come sei sopravvissuto?"
Ok, dopo aver saltato la scorsa puntata ricominciamo piano, come i giri di campo prima degli scatti.
Ho visto che è arrivata tanta nuova gente qua, spero che vi piaccia ciò che leggete e che vogliate darmi qualche feedback su ciò che vorreste leggere. Ringrazio chi mi ha segnalato e chi sta iniziando a fare rete, è una cosa molto bella e credo proprio che presto dovrò fare la mia parte anche io, aspettatevi inviti.
Lucca Comics è un po’ come “l’animale che mi porto dentro” di Battiato: si prende tutto, anche il caffè. È una settimana senza senso in cui, come scrivevo prima, a volte non ti rendi neanche bene conto di dove stai spingendo il tuo corpo. Col tempo ho imparato a gestirlo, e per “gestirlo” intendo che capisco quando l’energia è finita e invece di fare una corsa per prendere quel fumetto o salutare la tal persona dico che il fumetto me lo compro dopo e con la persona magari ci sentiamo poi. Di solito tutti capiscono, perché tutti sono stanchi.
Come N3rdcore abbiamo fatto delle cose molto bene, considerando che siamo piccoli, pochi, ma agguierriti, e alcune cose sono da migliorare e magari poi ve lo racconterò, se vi fa piacere. Però nel complesso sono molto soddisfatto.
Quest’anno è stata anche un’edizione particolare, come forse vi sarà arrivato all’orecchio e come racconto qua.
Ma è stata anche l’edizione con alcuni incontri unici, quello con Ian Livingstone, l’uomo che ha fondato uno dei motivi per cui sono povero: Games Workshop, e Yu Suzuki, che non è un personaggio celebrato come Miyamoto di Nintendo ma ha di fatto dominato il mondo delle sale giochi per anni e poi ha pensato Shenmue, ritenuto un po’ da tutti il primo gioco open world dove il nostro alter ego può fare anche altro che non sia la propria missione. Tipo guidare un muletto.
E poi ho raccontato di Assassin’s Creed: Mirage con Jean-Luc Sala, ovvero il suo direttore creativo, ho presentato il librogame di Kurolily, giocato di ruolo su un palco con gli Inntale, parlato di differenze e somiglianze tra Giappone e Italia con Kenta Suzuki e Sayaka Conti, fatto il traduttore simultaneo (forse ho sbloccato una nuova skill del mio personaggio) durante una live su Twitch per lo streamer 151EG e la sua ospite, una adorabile autrice tedesca che sta spaccando con un fumetto su una sirena che convive con i mari inquinati. Ah si è ho anche moderato l’incontro tra vari content creator di fronte a 600 persone che si è concluso con una comparsata di Joe Manganiello.
Dico queste cose per fare il grosso e vantarmi? No, lo faccio per ricordarmi che faccio delle belle cose. Questo spazio serve a qualcuno di voi, ma serve anche a tanto a me.
Infine, ho presentato la nuova edizione di Vivere Mille Vite, che è stato un momento così intenso che neanche me lo sono goduto appieno. La sala era piena e io continuavo a parlare, parlare, parlare di mio padre, dei videogiochi che mi hanno formato, di come vedo i videogiochi oggi, del bisogno di considerarli oggetti più culturali che tecnologici, di quanto mi spiace per come a volte li trattiamo, di come vengono trattati e di come trattiamo chi si vorrebbe avvicinarsi e non la pensa come noi.
E mentre parlavo pensavo “ma li starò annoiando?”. Sono rimasti tutti, quindi forse no.
E visto che mi è stato detto che devo avere un atteggiamento, più positivo, forse posso dirlo: mi sa che il libro è venuto bene. Me ne sono accorto rileggendo alcuni passaggi nella fase di editing: bello o no, è venuto come volevo che fosse. Un po’ a metà tra la storia dei videogiochi e le emozioni. E vorrei che la gente lo leggesse non per farmi diventare ricco e famoso, ma perché magari può trovarci qualcosa che nei videogiochi non pensava di trovare.
Una cosa è sicura: al di là della presentazione questa Lucca mi ha ricordato che a me stare sui palchi piace. Mi piace quando devo parlare io e mi piace quando devono parlare gli altri, quando devo calmare le loro ansie con la domanda giusta o fare una battuta per cambiare tono.
C’è stato un momento bellissimo durante il panel di Yu Suzuki che ho moderato: prima dell’incontro l’interprete ci aveva messo in guardia sull’evitare domande troppo tecniche, sul cercare di restare semplice perché non parlava tantissimo e quindi eravamo tutti un po’ sul chi va là per cercare di metterlo a suo agio.
E quindi fatto il primo giro di domande mi ero tenuta quella giusta. Avevo ovviamente studiato Suzuki, so che era più un programmatore che un giocatore e che amava molto le moto e la musica, quindi gli ho chiesto i suoi gruppi preferiti. La cosa più bella non è stato tanto che si è trasformato in un torrente di parole mentre sciorinava i suoi gruppi preferiti, ma che sorrideva, e con lui sorrideva tutta la platea.
Sono un grandissimo fan della spontaneità, davvero, non sono uno che ama troppo fare copioni, programmare prima le domande e così via. Ma il grande paradosso della spontaneità è che arriva quando ti sei preparato. Quando hai tutto sotto controllo e quella musica te la suoni a orecchio.
Che può sembrare una banalità ma non lo è, presentarsi non vuol dire solo studiarsi un po’ la biografia del soggetto e leggersi qualche intervista precedente ma trovare quei due o tre dettagli che fanno sentire la controparte accolta e rispettata.
Sono le piccole cose quelle che a volte sfuggono anche a chi deve fare eventi che si suppone siano stati scrutinati più e più volte.
Pensiamo ad esempio all’intervista fatta da Rishi Sunak a Elon Musk la settimana scorsa: Sunak ha iniziato utilizzando una frase di Bill Gates, frase che magari era pure elogiativa nei confronti di Musk, ma non teneva conto del fatto che tra i due non corre buon sangue, anzi, Gates ha letteralmente scommesso contro Musk in passato, mentre il padre padrone di X ha detto che la comprensione di Gates sulle IA è “limitata”. Insomma, Sunak voleva partire blandendo il suo ospite forse non è stata una grande mossa.
Sono quelle sbavature che tutto sommato mi confortano, come quando vedi un campione sbagliare un tocco semplice o un controllo di palla sbagliato ai mondiali di rugby. Anche al top si può sbagliare.
Una cosa che mi hanno chiesto dopo il panel con Yu Suzuki è stata “ma come hai gestito l’emozione?”. Ho risposto scherzando “mi astraggo”, ma non scherzavo così tanto.
Sul come gestire certe situazioni con un carattere introverso ne parlavo in un mio vecchio post che mi piace ancora rileggere, ma quello che posso aggiungere è che la soluzione è spesso concentrarsi su ciò che devi fare, non con chi lo stai facendo, né il pubblico.
E se c’è una cosa che amo e la sensazione dopo, quando è tutto finito, ti stringi la mano con chi c’era e ti godi un momento di completa solitudine dove ti dai il cinque da solo.
Alla fine, per tornare alle metafore sportive, è qualcosa di simile a quel gesto tecnico che fai senza pensare a chi ti sta guardando, all’errore, ai fischi del pubblico e ai cori. Lo fai e basta perché il cervello ti dice così e l’obiettivo è evitare quel momento in cui sei dentro la tua testa davanti al dischetto del rigore. Non sei qua per calciare rigori, sei qua per giocartela.
E sei qua perché, ovviamente, ti sei preparato.
E quindi ingaggiate presentatori ansiosi come me, perché noi ansiosi siamo gente che si prepara e che alla fine le cose le sa gestire. Proprio perché si è preparata. Ma quindi se sappiamo gestire le cose siamo veramente ansiosi? Preferiamo non pensarci, perché un po’ ci piace fare le vittime!
Link, notizie e cose assurde della settimana
Tra le cose belle di Lucca che abbiamo prodotto c’è un’intervista a Rand Miller, uno degli autori di Myst.
E abbiamo partecipato al panel di Naoki Urasawa, uno dei mangaka più importanti degli ultimi 30 anni.
C’è anche un pezzo che amo molto che racconta l’anima di New York dentro Spider-Man 2
La puntata di giovedì di Altri Mondi, dove parlo di Grand Theft Auto e del film di Zelda.
Aftermath, un sito di videogiochi fatto da gente uscita da altri progetti e che scrive molto bene, ha aperto i battenti. Ecco. il loro manifesto. Tutte cose giuste, ma anche tutte cose che diciamo da anni.
UDO – Guida ai videogiochi nell’Antropocene è un libro di Matteo Lupetti sui videogiochi e qua ne trovate un estratto.
Un bellissimo pezzo di
su come far crescere una newsletter quando non sei già famoso. che spero presto di intervistare, parla di giornalismo a chi non ha mai visto un’edicola.Ma te lo sai cosa è un gameplay loop? Sennò te lo spiega
.
Grazie Lorenzo. Ho letto tutto di un fiato Vivere mille vite e mi ha emozionato, perché parla (anche se non solo) DI noi e A noi.
Vabbè, ma allora dillo che vuoi farci sentire tutti dei nullafacenti :) Bene, comunque, sono contento che hai scelto di parlare delle cose belle che ti sono capitate: ogni tanto si rischia di fare passare che giornalismo, comunicazione, divulgazione siano solo aspetti spiacevoli della vita.