Slave to the machine
Ho provato l’IA che scrive e probabilmente non dovresti preoccuparti, a meno che…
In questi mesi il dibattito sulle intelligenze artificiali si è fatto sempre più intenso, soprattutto per quanto riguarda Midjourney e tutta quella branca di IA che si occupa di illustrazione. Un dibattito ruota soprattutto attorno a due poli: la liceità di tutto questo, visto che queste intelligenze devono essere alimentate con delle immagini di riferimento e spesso quelle immagini vengono prese senza preoccuparsi troppo di chi le ha generate, la fine che molte professioni faranno quando queste IA inizieranno a produrre immagini sempre più precise in base alle istruzioni date.
Ovviamente è un dibattito in cui non mi infilo nemmeno per sbaglio perché io e già tanto se so fare un cerchio usando un bicchiere e non vorrei mai arrischiarmi in dibattiti su cosa sia “arte” e quanto valore possa avere effettivamente il disegno di qualcuno, però posso traslare quel discorso nel campo della scrittura, dove mi sento più ferrato.
A naso, le cose da dire non sono poi così distanti.
In questi giorni mi sono fatto un giro nella beta di OpenAi, per la precisione nel “playground” ovvero lo spazio in cui la IA risponde alle domande che le vengono fatte con elenchi, bevi notizie o articoli quasi completi.
Il risultato è interessante, come potete vedere dalle foto sparse qua in giro, perché la IA riesce non solo a mettere le parole in fila in modo sensato sui principali argomenti, ma offre anche possibili spunti ed elenchi per chi cerca qualche idea per il prossimo articolo.
A volte si lancia in clamorose cazzate, ad esempio, sostiene che Henry Cavill non apprezzi Warhammer 40.000 o che ha partecipato a un film su un videogioco del franchise. Quando gli ho chiesto cosa sa di me ha risposto che sono un giornalista di Sky che ha lavorato anche in Ucraina, ma questi sono dettagli è solo una questione di informazioni da dare in pasto alla IA.
Prima o poi la questione delle informazioni sarà un non problema, l’avvento delle IA in grado di scrivere è inevitabile come quelle che sanno disegnare, anzi, probabilmente arriveranno prima e i primi passi in tal senso sono già stati fatti.
Dovreste avere paura di uno strumento del genere se il vostro lavoro è la scrittura? Dipende.
Look at you, hacker: a pathetic creature of meat and bone
La prima cosa che ho notato leggendo i testi di questa IA è che sembrano indistinguibili da gran parte della produzione di una rivista media di approfondimento pop, quei testi generalisti che devono galleggiare nel mare magnum e offrire al lettore un parere plastificato che deve arrivare al momento giusto e con una buona seo, senza preoccuparsi troppo dell’approfondimento.
Se chiedo alla IA una recensione breve su Elden Ring, ecco quello che mi scrive:
Elden Ring è un gioco di ruolo d'azione straordinario, con storie e personaggi di profondità eccezionale. Si svolge in un mondo vasto e dettagliato, con un'enorme varietà di attività e luoghi da visitare. Il combattimento è intenso e le meccaniche di gioco sono ben costruite, offrendo una sfida che soddisfa sia i fan dei giochi di ruolo più tradizionali che quelli di azione più moderni. La storia e la narrazione sono ricche di mistero, con una trama che si sviluppa gradualmente attraverso una serie di dialoghi ben scritti. La grafica è eccezionale, con una varietà di scenari e una fantastica atmosfera che fanno sentire il giocatore parte di un mondo fantastico. Elden Ring offre un'esperienza di gioco di alto livello, con una trama profonda e coinvolgente, un grande mondo da esplorare e un'intensa azione. Un must per tutti i fan del genere.
Se vi sembra poca cosa avete ragione, ma non è poi così lontano da moltissimi pareri che si leggono tutti i giorni. E spesso nei testi è possibile trovare tutte quelle piccole formule con cui in una news si allunga un po’ il brodo tipo “I fan sono contentissimi”, “non vediamo l’ora di vedere cosa ha in serbo per noi” e così via.
La sensazione di mediocrità algoritmica ma assolutamente umana viene fuori anche se chiediamo qualche spunto per eventuali articoli. I consigli della IA sono perfettamente in linea con quello che normalmente troviamo tra i content creator più in voga e quelli sulla scrittura sono spaventosamente simili a ciò che potrei dire anche io quando capita di dover restare sul generico.
Questo piccolo esperimento da un’altra parte mostra come i contenuti online siano ormai in molti casi appiattiti su uno stile particolarmente banale, ripetibile, predigerito, una sorta di “midcult” letterario che nasce più per riempire uno spazio che per comunicare effettivamente qualcosa di interessante. Un po’ come certi libri, come certe serie tv, come tante cose che fruiamo oggi.
Roba scritta mediamente in modo corretto che non dice niente di sbagliato ma anche niente di particolarmente interessante, pensata solo per apparire in cima nelle ricerche su Google e far cliccare un pubblico poco attento ma desideroso di informazioni.
Dall’altra inevitabilmente suona a morto proprio per chi fino ad oggi ha campato da mestierante galleggiano su contenuti di questo tipo. Non sarà oggi non sarà domani, ma prima o poi un’IA sarà abbastanza brava da scrivere certi testi da sola, relegando la componente umana a una funzione di controllo ed editing minimo, anzi, in alcuni casi sta già succedendo, soprattutto nel campo del copywriting. E quindi tutte le news, i bellissimi articoli con le cinque cose che e forse anche pezzi di recensione verranno composti da un algoritmo che capisce più o meno che aria tira con le opinioni.
Ma se questo succede non è colpa delle IA che ci rubano il lavoro, ma di un sistema che negli ultimi anni non hai mai spinto verso il miglioramento, ma verso la creazione di contenuti veloci e innocui, in cui l’unica alternativa per ottenere attenzione è puntare verso il trigger.
Un sistema in cui il principale colpevole è un’economia basata sul click che si è appoggiata ai social network e in cui il pubblico è anche parte in causa, forse non il primo colpevole, ma almeno parzialmente complice.
Che poi in fondo, non è già così? Quando scriviamo cose che si inseriscono nel flusso dell’opinione principale, quando in qualche maniera uniamo la nostra voce al coro di laudi o sperticate o tremende bocciature verso un gioco, un film o una serie tv non siamo noi stessi intelligenze artificiali, anzi, artificiose? Spesso usiamo persino le stesse parole e gli stessi concetti. Per tacere di chi traduce pezzi inglesi o copia direttamente quelli in italiano. E succede, fidatevi, succede spesso, solo che nessuno ha voglia di polemizzare. Tanto chi copia articoli inglesi e viene sgamato il giorno dopo lavora sereno.
E rispetto a chi discute delle IA che disegnano, noi che scriviamo non abbiamo manco la scusa dell’arte, siamo tutti mestieranti, chi più chi meno.
How can you challenge a perfect, immortal machine?
Dobbiamo quindi avere paura delle IA?
Io credo di no, per due motivi. Il primo è che affrontiamo l’inevitabile e la paura ci porta solo a rimanere fermi mentre il camion ci travolge, invece di evitarlo. Non possiamo rallentare un progresso che eliminerà parte di questi lavori, lavori che sono già stati abbondantemente minati dall’avvento dei social, del video e della polarizzazione su figure che accentrano su di sé il dibattito. Se siamo i venditori di ghiaccio non possiamo arrabbiarci coi frigoriferi, ma capire cos’altro possiamo fare.
C’è chi ad esempio, si finge una IA.
L’altro motivo è prettamente personale: sono convinto che nel mio arco vitale, arco in cui ho già dovuto imparare a fare altre cose oltre allo scrivere, perché IA o non IA è una professione pagata poco e male, ho sviluppato comunque uno stile, una voce e una autorialità che in qualche modo mi mettono al riparo dalla banalizzazione. Certo, ci sono molte professioni a rischio, ma sono professioni che lo erano già e la cui morte fa parte del terribile processo che chiamiamo progresso.
Che poi è il nome che le persone ricche danno a ciò che gli permette di pagare meno e fare più soldi.
Se le IA sono il risultato di un panorama culturale annacquato l’unica soluzione è sviluppare un proprio stile, cose che avreste comunque dovuto fare, perché le contromisure contro le IA sono le stesse che dobbiamo prendere per emergere in un settore dove la competizione è altissima è c’è molta più gente che vuole scrivere dei soldi pagati per farlo.
E a dirla tutta, se un po’ di gente che oggi vivacchia scrivendo senza estro e senza passione notizie da due soldi che riempiono siti mezzi morti si vede costretta a cambiare lavoro perché ha per anni investito su scelte che ha affossato la qualità media dei contenuti, assecondando la scelta di editori mediocri quanto loro e attenti più ai numeri che alla qualità… beh, pazienza.
Linkini per addolcire la situazione
Se gli horror prima parlavano delle case, ora parlano delle case in affitto.
Call of Duty visto da N3rdcore.
Insomma, questo Avatar 2 che combina?
Un librogame a fumetti particolarmente angosciante e retroludico.
Un bel pezzo del Guardian su quanto sia un casino fare il Dungeon Master.
Posto che una esperienza personale non fa mai sistema, perché la mia esperienza è completamente diversa e piaccio per la mia voce e ciò che ci metto, non per la roba in serie. Sicuramente gli articoli in serie pagano qualcosa ma proprio perché sono roba fatta con lo sforzo minimo è quella più facilmente sostituibile. A meno che non parliamo di roba che comunque necessita una conoscenza del territorio, quella con la IA è dura. Ma proprio per la roba meccanica è spesso un costo fisso calibrato può darsi che, per quanto sostituibile lascia magari spazio a più budget per la scrittura con estro. Vedremo.
Il problema è che sono proprio gli articoli 'scritti in serie' a pagare nella mia esperienza. La 'voce' del giornalista non interessa a gran parte dei direttori dei giornali online, interessa solo il SEO e la quantità. Se provi ad avere una tua voce magari piazzi qualche articolo su qualche testata nazionale o rivista specializzata ogni tot, ma non certo a sufficienza da pagare le bollette. Ma questo è un problema di cui si era già discusso con il movimento dello slow journalism... Io sono un giornalista che lavora da quattro anni per una testata locale (notizie di ogni giorno della città) e per un giornale di gossip 'basso' (diciamo così...) ed è quest'ultimo a pagare regolarmente, per quanto siano articoli 'meccanici', da catena di montaggio.
E gli articoli 'con estro' vanno, piacciono, riesco a 'piazzarli', ma alla fine della fiera è con gli articoli 'meccanici', da Intelligenza Artificiale, che tiro avanti e pago affitto & bollette...