Breve corso per sopravvivere a una shitstorm
Consigli da uno che in vita sua non si è quasi mai lasciato scivolare niente addosso.
Vi racconto questo fatto dietro le quinte, che magari non conoscete: chiunque lavori in determinate branche del giornalismo, tipo quello relativo ai libri, al tech e in generale ai prodotti, in queste ore sta probabilmente ricevendo molte mail e telefonate relative alle “liste di Natale”.
Sto parlando di quei tradizionali articoli stagionali che si fanno verso le feste con “ecco cosa comprare se volete regalare qualcosa al vostro amico nerd”, “dieci giocattoli per vostro figlio”, “dieci libri da mettere sotto l’albero” (metteteci Vivere Mille Vite, grazie) e così via. Ovviamente tutto coi referral, che non si sa come sono diventati una forma di sostentamento anche per siti importanti.
Normalmente queste liste vengono fatte in due modi: hai effettivamente letto e/o provato quelle cose e allora consigli qualcosa che conosci oppure c’è la solerte lista dell’ufficio stampa che ti suggerisce le strenne giuste. Non è solo informazione, non è del tutto pubblicità, è la solita vita di mezzo percorsa da questo tipo di informazione. L’altro giorno nel canale redazionale di N3rdcore si discuteva sulle sfumature di dare l’annuncio della disponibilità di nuovo hardware con indicazioni precise dove comprarlo.
Pubblicità? Informazione? Tracciare una riga è complicato.
Ma che cos’è questa robina qua?
Oggi mi sono imbattuto in un video di Diletta Parlangeli che parla di shitstorm. Diletta è una giornalista con un ruolino di marcia invidiabile: presenza fissa in Rai Raidio 2 con un programma suo, ha scritto e scrive per quotidiani importanti, la si vede spesso sui palchi a moderare e presentare. Per me senza dubbio un esempio di persona che “ce l’ha fatta”.
Come racconta in questo video su Instagram, un giorno inciampa nel fandom dei BTS per una informazione errata e una citazione non colta.
Il fandom dei BTS è particolarmente organizzato nel reagire agli stimoli esterni, non a caso viene definito “Army” (acronimo di Adorable Representative M.C for Youth), e viene rapidamente imbastita la più classica delle gogne su tutte le piattaforme, soprattutto TikTok. La cosa buffa è che per un po’ lei non se ne accorge perché nessuno le tira personalmente la giacchetta finché la situazione non degenera.
Gogna che ovviamente ha un peso emotivo, lavorativo e di banale tempo da spendere e, come fa notare Parlangeli, ha peso anche se tutto sommato fai questo lavoro e di merda addosso te ne capita tanta.
Si ha la tendenza a percepire la shitstorm come qualcosa che il soggetto si è meritato, perchè ha detto o fatto qualcosa di estremamente deprecabile, ma per quanto possano esserci casi in cui proprio è ciò che ti spetta (e non ne sono così sicuro) nella maggior parte dei casi la risposta all’offesa è incredibilmente superiore al presunto crimine e, in ogni caso, ancora più raramente ne esce qualcosa di buono.
Il video mi ha fatto ripensare a quei due o tre momenti in cui mi son trovato in situazioni particolarmente brutte e impreviste, come ho reagito e come, tutto sommato, credo si debba reagire. Mi sento di poter dare dei consigli a partire dalla mia condizione personale per un semplice fatto.
Io su 'ste robe tendo a starci male, ma male sul serio. Rosico, mi incazzo, rileggo i messaggi, ci rimugino, anche a distanza di tempo. La prendo sul personale. Insomma, ho la tendenza a fare tutto ciò che non si dovrebbe fare, eppure ne sono uscito. Perché la buona notizia è che tendenzialmente se ne esce. Ci sono casi, per fortuna rari, di gente che ha dovuto cambiare indirizzo, ma se ne esce.
Quindi non vi dirò mai come consiglio “ma lasciatela scivolare addosso!” perché sarebbe un po’ come dire “ma smetti di essere triste!” a un depresso.
Quindi potete uscirne anche voi.
Scrivo queste cose anche se la merda che vi prendete in qualche maniera è legata a uscite orribili che avete fatto, perché penso che anche le persone che fanno uscite orribili, tutto sommato, non meritino un tribunale del popolo che tendenzialmente non risolve niente. Anzi, spesso la persona che ha subito la pioggia di merda ne esce ancora più incattivita.
Chi è morto?
Una sera stavo tranquillo a letto a vedermi una serie tv con la mia compagna quando improvvisamente il telefono comincia a riempirsi di notifiche. Lo sblocco e vedo Whatsapp con venti messaggi non letti, Messenger con almeno 50 messaggi e molte notifiche su Facebook.
“Chi è morto?” mi chiedo mentre inizio a leggere.
Era morto il buonsenso perché il mio nome era stato fatto in un servizio delle Iene sulla Blue Whale. Vi ricordate quella storia assurda del gioco suicida per ragazzi che proprio le Iene avevano portato alla ribalta nazionale? All’epoca scrissi un pezzo su Corriere dove smontavo punto per punto la questione, ridimensionandola in un contesto meno assurdo.
Non era niente di particolarmente eccezionale, chiunque con un minimo di buon senso e una vaga conoscenza dei meccanismi della rete avrebbe fatto lo stesso. Oltretutto ci sarebbero delle linee guida ben precise per trattare il tema che Le Iene ignorarono totalmente.
Il pezzo girò molto ed evidentemente indispettì la redazione della trasmissione.
Onestamente non mi va di andare a recuperare i filmati dell’epoca, ma in poche parole venivo invitato ad andare in Russia per toccare con mano la verità.
Non appena il mio nome è finito su Italia Uno un sacco di gente ha pensato bene di cercarmi su Facebook e riempirmi di insulti, darmi del pezzo di merda, dell’assassino, mentre alcuni amici semplicemente mi segnalavano ciò che stava succedendo.
La mia decisione istintiva si è poi rivelata la più corretta per evitare di portare avanti la situazione: chiudere sul mio account la possibilità di commentare liberamente e non accettare messaggi da sconosciuti.
Il giorno dopo ho scritto quello che stava succedendo ma poi non ho più portato avanti il discorso, nonostante alcuni mi dicessero che avrei dovuto sfruttarlo per ottenere un po’ di fama e rispondere. Non credo che sia un comportamento sbagliato, semplicemente non è un tipo di tattica che riuscirei a sopportare, non sguazzo nel flame, non riesco a surfare sulla polemica.
Si scomodò persino Luca Donadel, ve lo ricordate? Era quel giovane youtuber tutto fatti e logica che diventò brevemente famoso per aver tentato di “smontare le bufale sulle ONG” e per un po’ fu coccolato dalle destre.
Alla fine, dopo tre o quattro giorni di insulti le cose si sono calmate e successivamente si è risolto tutto.
Un'altra storia è capitata più di recente, c’è stato un errore brutto in un articolo, che è stato screenshottato e portato al tribunale social come prova provata di incompetenza. Là le cose sono andate un po’ diversamente. Non mi sono accorto subito della situazione e quindi non ho potuto tamponare l’errore, però ho personalmente chiesto scusa, fatto qualche battuta e, ovviamente, segnato bene i nomi. Il fatto che alcune delle persone coinvolte fossero già state bloccate tempo prima ha aiutato.
Però ci ho messo un po’ a passare dalla fase “angoscia” a quella “ironia”, diciamo un paio di giorni. Giorni in cui ho fatto l’errore di rileggere i messaggi e sperare che, una volta corretto l’errore, la cosa rientrasse da sé.
L’inevitabile decalogo finale
Da queste due esperienze diverse ma abbastanza simili ne ho tratto alcune conclusioni che condivido con voi in un pratico elenco che va in soccorso della nostra mancanza di attenzione.
1) Chiudi tutto per un po’. Utilizza gli strumenti che ti permettono di non far postare commenti social o di non contattarti, se non da parte di persone che conosci bene.
2) Se ce la fai, non leggere niente, io di solito non ce la faccio perché in qualche modo sono affascinato dai commenti più assurdi, non tanto da chi mi dà semplicemente dell’incompetente o del venduto. Però se puoi evita, che non ci si guadagna niente.
3) Scusati, se c’è stato un errore o se ti rendi conto che hai detto una roba pensata male. Ma scusati con chi ti ascolta o scrivi un comunicato di scuse e stop. Non rispondere in altro modo, non controbattere, non insultare. A meno che proprio non ti piaccia passare ore e ore così. No kinkshaming.
4) Però evita la formula “mi scuso se qualcuno si è sentito offeso”, che alla fine è un “sei un coglione che si offende per qualcosa che io non ritengo offensivo” nascosto. Anche se lo pensi.
5) Cerca di trarre del buono dalla situazione. I modi in cui te lo hanno fatto notare sono stati pessimi, ma magari hai veramente sbagliato. Che almeno ne esca fuori qualcosa di positivo. Io ad esempio adesso ho un post-it con una checklist di cose da controllare per evitare refusi o errori rischiosi.
6) Tieni la testa impegnata, continua a lavorare, un errore non definisce una carriera, un’uscita goffa neppure. Continua a fare ciò che fai.
7) Subire una shitstorm comporta delle fasi, come il lutto. Sorpresa, panico, rabbia, delusione e infine l’ironia di rileggere i messaggi più assurdi. Sappi che le dovrai attraversare tutte, i tempi dipendono da te, ma sappi anche che alla fine se ne esce.
8) Non sperare che chi ha scatenato il casino venga a chiedere scusa, faccia rientrare la polemica, cancelli gli screenshot. Non succederà. Non lo fanno per correggere una situazione, lo fanno per darti una lezione, per sentirsi in una situazione di potere. Non lasceranno che quel potere gli venga tolto.
9) Probabilmente qualcuno verrà mesi o anni dopo a romperti ancora le palle. Ignora, ignora tutto. Blocca, cancella, oscura senza pietà. Cauterizza la ferita nel modo più drastico. Non devi niente a nessuno.
10) L’ultimo consiglio lo dedico a chi invece ha qualche amico o amica coinvolto in una shitstorm. So bene che lo fate a fin di bene ma non venite in privato a mostrare screenshot del tipo “oh ma hai visto questo che ti dice? Occhio!”. Probabilmente lo so già e se non lo so probabilmente non lo vorrei sapere. Soprattutto se magari arrivate qualche giorno dopo non serve a niente buttare altro sale sulla ferita. Esprimete vicinanza, quella serve perché in quei casi ci si sente spesso soli contro tutto e tutti, nudi, esposti, ma fermatevi là. Al massimo portatemi fuori a bere, che mi distraggo.
Vi (o ti?) lascio con qualche libro interessante sul tema.
Psicopolitica di Bjung Chul Han dove il termine shitstorm è nato, pare.
Contro la vostra realtà di Angela Nagle, dove si parla di shistorm e di GamerGate.
L’Antidoto di Vera Gheno che racconta comportamenti che potremmo evitare online, scritti da una persona che subisce shistorm quotidiane.
La correzione del Mondo di Davide Piacenza che racconta alcuni casi particolarmente assurdi e fa un discorso più ampio sulla Cancel Culture.
La regola del gioco, comunicare senza fare danni di Raffaele Alberto Ventura.
Link!
Forse dovresti conoscere anche un concorso per illustratrici e illustratori chiamato Annual.
Come è il gioco Endless Dungeon?
Conosci L’Ultimo Ronin, beh dovresti perché è un gran fumetto.
E visto che è appena passato, come è Thanksgiving di Eli Roth.
La gogna su internet mi ha sempre disturbato… temo il giorno in cui rosicherò tantissimo per aver scritto qualche stronzata
Bel pezzo, a me piace soprattutto questo passaggio “evita la formula “mi scuso se qualcuno si è sentito offeso”... in effetti le scuse sono scuse quando sono oneste e quella formula non sembra mai onesta. Per curiosità tua e per condivisione (ma lo manderò anche a Diletta), ti giro un racconto della mia più grande shitstorm, qui: www.casaizzo.com/notizie-che-non-lo-erano-cit/