Creator Contenitori e Lanzichenecchi
Anatomia di una notizia che non avrebbe considerato nessuno se l'avesse scritta qualcun altro.
Nel grande buffet della comunicazione uno dei segmenti che guardo sempre con interesse è quello che oggi chiamiamo dei “content creator”, perché influencer fa brutto. Li seguo perché a volte ci sono persone interessanti ma soprattutto perché è il settore che di fatto detta tempi e modi della comunicazione anche al giornalismo classico.
Quello dei content creator è un mondo proteiforme dove anche le figure più stabili sono in verità costamente impegnate in un processo di reinvenzione che li porti là dove può trovarsi un nuovo pubblico o nuove forme di guadagno, magari più in linea con l’età che cambia.
Ogni content creator è una piccola Nave di Teseo che muta costantemente pelle cercando però di far credere di essere sempre sé stesso. E per quanto ogni percorso a modo suo sia differente (ecco perché non dovreste mai e poi mai accettare lezioni su come diventare famosi da queste persone: i loro consigli valgono solo per loro) ci sono alcune tappe che in qualche modo li accomunano.
Ad esempio, una cosa che ho notato in questo periodo è la sempre più veloce trasformazione dei content creator in creatori contenitore. Arrivati a un certo punto queste figure cercano infatti di staccarsi dalla loro nicchia di riferimento per espandersi sempre di più. Diventano di fatto degli spazi da riempire un po’ con tutto ciò che può aver senso fa vedere al loro pubblico.
E quindi se sei famoso per i videogiochi magari fai comunque pubblicità a snack, bevande, prodotti tech. Così rischi anche meno che qualcuno ti dia del venduto. Se parli di cucina, ma hai tanti follower, perché non farti partecipare alla premiere di un film? Ma sì dai.
Per i content creator queste sono occasioni di guadagno ulteriore che magari vanno a scapito della fanbase, che può non apprezzare, ma a cui è difficile dire di no per mantenere una propria coerenza. Che poi dipende sempre dalla dramatis persona che si è scelto. In fondo è un po’ come i siti di videogiochi o cinema finiscono poi per occuparsi di tutto. E forse saprete che sono assolutamente a favore del parlare di ciò che vuoi (se hai le competenze per farlo).
Questi sconfinamenti spesso causano malumori in parte del pubblico. Sono i tipici fastidi quando qualcuno “non del settore” o comunque che in qualche maniera sembra meno titolato a parlarne viene coinvolto in progetti particolarmente nerd o viceversa.
Molti di questi borbottii sono semplici gatekeeping perché qualcuno “di fuori” si permette di parlare di roba nerd, che son pure pulsioni sbagliate, ma umanamente comprensibili in alcuni casi, quando vedi proprio qualcuno che non ha alcun interesse nella materia farlo solo per cercare di prender due soldi.
Tuttavia, queste lamentele si scordano di una cosa: il pubblico degli appassionati ce l’hai già, le persone che parlano di te perché è quello che vuole il loro pubblico sono lo sforzo minore, non è su di loro che spendi il budget della comunicazione.
Per questo motivo molti film hanno due anteprime: quella per chi scrive di cinema, in cui semplicemente ti siedi e guardi il film e quella per vip, influencer e creator, dove ci sono red carpet, magari gli attori e qualche occasione per fare “content”.
I soldi servono per la cosa per la cosa più costosa di tutte: uscire dalla tua bolla, andare oltre quelli a cui vendi già. Che un po’ il problema dei videogiochi.
Ecco perché Nintendo ha spesso testimonial legati alla televisione e non tuo cugino che è un campione di Mario Kart, ed ecco perché capita di vedere operazioni che possono sembrare un po’ strane, come gli influencer invitati in massa nel backstage del concerto degli Artic Monkeys per giocare con PlayStation 5 (o la famigerata pasta di PlayStation 5 e Garofalo a cui tanti hanno fatto pubblicità gratis). Ecco perché Nicky Minaj sarà una skin di Call of Duty.
Non puoi non parlarne
“Non si lusingano mai così bene i giovani come facendogli la predica, trattandoli con importanza e facendosi trattare da reazionari.”
Sono, mi pare di ricordare, parole scritte da Proust in “Alla ricerca del tempo perduto” libro che ho sempre cercato di leggere con pessimi risultati ma di cui conservo, come molti, una conoscenza sparsa fatta di brani e citazioni.
Mi piace pensare che Alain Elkann stesse leggendo proprio quelle parole poco prima di salire sul treno pieno di ragazzi chiassosi che ha scatenato il suo articolo sul blog di famiglia (come altro definire Repubblica, su cui scrivo e spero di scrivere ancora dopo queste parole?) che ha a sua volta scatenato una settimana di meme, contro articoli, spiegazioni, difese, punzecchiature fino… beh fino ad arrivare a me che ne scrivo una settimana dopo.
Questa storia è una case history perfetta per mostrarci ancora una volta cosa può diventare notizia e accentrare su di sé le attenzioni di tutta la stampa nazionale. Che, per carità, non è che smette di parlare del resto ma è disposta comunque a dedicare parte del proprio tempo e del proprio spazio a discutere della cosa.
L’argomento di per sé è triviale: ci sono dei ragazzi che fanno casino sul treno e infastidiscono una persona più grande di loro. Chiunque abbia preso un treno si è trovato almeno una volta di fronte a gente che guarda video col volume sparato, urla, bambini che corrono.
Se lo racconto io non se ne frega nessuno.
Ma se lo racconta Alain Elkann sulle pagine di Repubblica cercando di demarcare in tutti i modi la differenza culturale fra lui e loro ecco che scoppia il caso. Ed è inevitabile.
In pochissime righe abbiamo: il privilegio di una persona che può usare un quotidiano come sfogatoio, la descrizione fuori dal tempo del povero intellettuale con la stilografica, Proust e i quotidiani soverchiati dai giovani tatuati, un motivo lampante per cui la gente non legge più i giornali e non si fida dei giornalisti, una lotta di classe non tra ricchi e poveri ma tra l’aristocrazia del denaro “vecchio” e l’accessibilità della prima classe ai ricchi “moderni”, il paradosso di leggere un castigatore di ricchi annoiati facendo il ricco annoiato, la presa di coscienza di una persona che vive un mondo di dorato isolazionismo sulle tratte e i fastidi del nostro sistema ferroviario.
C’è tutto, tutto, perché, come dicemmo anche in occasione del caso costruito attorno all'insegnante di corsivo, più che la notizia conta chi quella notizia la rappresenta. E nessuno avrebbe reso questo caso una notizia a parte Elkann.
Dopo l’articolo abbiamo avuto decine di analisi e controanalisi, una presa di distanza da parte dei giornalisti di Repubblica, una difesa di Elkann da parte di un altro intellettuale che si scaglia col fascismo della volgarità che silenzia un pover’uomo col suo abito di lino stazzonato. E poi meme, meme, meme.
Arriva un punto in cui di quella cosa puoi solo parlarne perché son sempre click, son sempre attenzioni. Diventa una specie di buffet del contenuto in cui tutti prendono qualcosa ma portano anche la loro torta salata per chi arriva dopo. Ma devi fare in fretta, perché è merce che scade dopo qualche giorno.
Quello che interessa ai ricchi
La cosa che mi ha fatto più strano è che questa storia per me si è svolta in parallelo con la visione del documentario sul Caso Hamer che è arrivato proprio in questi giorni su Netflix. Per chi non sapesse di cosa sto parlando: Vittorio Emanuele un giorno sparò per sbaglio a un ragazzo in una barca che morì poco dopo e grazie al suo status ha fatto si e no qualche mese di galera ed è stato prosciolto dalle accuse.
Il documentario mostra una classe di ricchi annoiati ragazzotti con tanto di barca che negli anni ’70 si comportano esattamente come i lanzichenecchi moderni. Fanno casino, si divertono, occupano spazio fisico e sonoro.
La loro ricca gioventù di figli di gente coi soldi si scontra contro l’aristrocrazia decaduta ma facoltosa, sempre figli di gente coi soldi (e con un titolo nobiliare). Solo che Vittorio Emanuele non ha una stilografica e Proust ma un fucile con cui spara e succede quello che succede.
Nonostante il documentario, come spesso accade, ci mostri buoni e cattivi, senza suggerirli troppo, non ho potuto fare a meno di detestare tutte le persone coinvolte: principi e principini, arricchiti che si fanno intervistare in ville facoltose, amici di ricchi, avvocati di ricchi, persino la sorella della vittima, poraccia, che lotta tutta la vita per ottenere giustizia lo fa solo grazie al fatto di poter contare su amicizie facoltose e una bellezza che le consente di lavorare come modella.
Persino chi ha scritto il documentario è una persona che volente o nolente è ricca di famiglia con sprazzi di nobiltà decaduta e ha potuto accedere a scuole e contatti che l’hanno resa ciò che è.
Insomma al di là del pessimo caso di mala giustizia, che ci ricorda come mai non conta tanto la tua colpevolezza ma le risorse che hai per allontanarla da te, anche nel più eccellente stato di diritto, questa è un’altra storia di ricchi contro ricchi raccontata da ricchi che viene considerata rilevante perchè ha sparato un ricco nobile.
E quindi, per tornare a Elkann e Lanzichenecchi possiamo usare la strada semplice e dire che in fondo ci facciamo sempre dettare l’agenda del dibattito da chi detiene il potere e i soldi
Ma anche che quell’agenda è uno spazio in cui la società ultracomplessa in cui viviamo fa convivere di tutto. Anche qualcosa che quel potere lo sovverte, perché in prima classe non ci va soltanto chi pensa di averne diritto per nascita e bagaglio culturale, ma anche chi ha sviluppato un’altra cultura, quella che se ne frega dei percorsi imposti dagli intellettuali.
Così funziona il capitalismo delle contraddizioni, fatto di lavoratori in schiavitù e prima classe per chiunque possa pagare, figli degli operai nelle università ma anche cambiamento climatico, Barbie simbolo degli standard impossibili e di una presa di coscienza pop femminista.
Una lotta continua a guardare un po’ male quelli in basso o il nuovo arrivato, che ce l’ha fatta a trovare i suoi spazi e i suoi luoghi, ma non come vorremo noi, non come ci sembra giusto. E magari abbiamo pure ragione a voler viaggiare in pace ma ormai è andata così.
Un po’ come i giornalisti guardano quei chiassosi lanzicreator che si prendono i soldi e press tour più belli. Solo che quella è una lotta tra poveri.
Come al solito ho scritto tanto, pure troppo. Vorrei dire che ci prendiamo una pausa per tutto agosto, ma so che non sarà così, perché qualcosa da dire mi verrà di sicuro.
Un saluto a tutta la bella gente arrivata in questa settimana e un abbraccio a chi c’era già, la vostra partecipazione è un incredibile valore aggiunto, grazie.
LINK!
Ho scritto del ritorno di un’avventura grafica storica.
E Tanz ha scritto di Final Fantasy X, che a noi ci piace tornare sulle cose.
Ho fatto il secondo video della mia estemporanea carriera da vlogger.
Come al solito riflessioni sempre molto interessanti. Buone vacanze!