"Non salva vite, ribadisco, come nessuno di noi, semplicemente si è messo in testa un obiettivo molto difficile per entrare nella storia e ci è riuscito superato i confini tecnologici di un videogioco."
Ciao Lorenzo, capisco perché metti queste parentesi (si fa per dire), ma bisogna smetterla tutti (io prometto che ci proverò). Non si può essere succubi della gente scema che o cerca solo un motivo per incazzarsi o non ha la capacità di comprendere cosa sta leggendo e il suo contesto. Ora vado avanti con la lettura della puntata, pardon.
Si quello è un po' il primo obiettivo sempre e lo puntualizzo un po' dopo. Ma anni e anni e anni di scrittura mi hanno inevitabilmente portato a un certo "maniavantismo", quindi anticipare eventuali obiezioni includendo la risposta nel testo.
Serve a litigare meno? Assolutamente no, ma ormai sono fatto così.
Ma guarda tendenzialmente io sono uno che sostiene la tesi "i videogiochi non hanno alcun bisogno di validazione da parte di terzi", ma quando si scrive per un pubblico ampio, eterogeno e che magari conosce e non conosce preferisco sempre andarci cauto. Vizi da generalista.
Ho iniziato a scrivere proprio ieri un discorso simile.
È che non è facile raccontare bene il videogioco.
O meglio, probabilmente non è fattibile se le persone che hai davanti non sono concentrate e disposte a comprenderlo.
Il videogames è complicato: giochi coordinando vista e riflessi, devi stare attento per seguire il flow del gioco e poi concentrarti per comprendere cosa vuole narrarti il creatore del videogioco.
Non è un medium "diretto", o forse meglio dire " monodirezionale" come il cinema, per esempio.
Si richiede sforzo attivo al fruitore, sia per avanzare che per comprendere la sua comunicazione.
Forse è una fase in cui tutti i medium passano, non saprei: ma trovo il videogioco un po' come i fumetti.
Sono "complicati" perché devi decodificare più cose in una volta sola.
Sì comunicarli è veramente complesso, ed è il motivo per cui io li chiamo “la grande nicchia”, in cui proviamo a raccontare ma l’accesso resta qualcosa di molto particolare, intimo, a volte complesso a meno che non sia roba ultra casual (nel senso proprio di semplice da capire e giocare, non cod o fifa). E con la vr è pure peggio.
In primis perché non penso sia ancora accessibile a tuttə e in secondo luogo perché anche nella grande nicchia, è un po' vista come il fratello zoppo del videogioco.
In alcuni casi capisco la cosa, ma in realtà anche quello è un paradigma completamente diverso di gioco, per di più nemmeno visibile da chi non ne fruisce.
Chissà Concita cosa avrebbe pensato della cameretta di Leopardi... A parte la boutade, il discorso e la narrazione del mondo dei videogiochi e dei videogiocatori sono sempre confusi e spietati. Ci sono bambinə di otto anni che si allenano 30
ore a settimana per diventare ginnastə, per diventare campionə, ma non tuttə ce la possono fare. Gibson, come potrebbe essere mio figlio, ha una passione, qualcosa che vuole realizzare, ma siccome si tratta di qualcosa legato al mondo dei videogiochi, allora viene visto con maternale commiserazione. Ci rendiamo conto che ci sono influencer della stessa età di Gibson che prendono soldi per fare le recensioni di giocattoli, spalleggiati da genitori conniventi, che puntano solo a fare denaro tramite le immagini e i video? E che ragazzə poco più grandi che fanno la stesa cosa sponsorizzando cosmetici, abiti, scarpe. Loro a me spaventano, perché vivono in una bolla che quando scoppierà farà del male prima di tutto a loro. Chi coltiva una passione deve essere seguito e supportato e li c’è il ruolo dei genitori, non certo dei giornalisti, buono solo a fare la morale “ad orologeria”, solo per seguire la massa del flusso delle notizie e rimanere a galla provando a dire la loro comunque, anche quando non sono minimamente titolati a farlo.
Grazie Lorenzo per i tuoi articoli, che spero rendano più consapevoli chi di videogiochi ne ha solo sentito parlare in maniera superficiale.
"Non salva vite, ribadisco, come nessuno di noi, semplicemente si è messo in testa un obiettivo molto difficile per entrare nella storia e ci è riuscito superato i confini tecnologici di un videogioco."
Ciao Lorenzo, capisco perché metti queste parentesi (si fa per dire), ma bisogna smetterla tutti (io prometto che ci proverò). Non si può essere succubi della gente scema che o cerca solo un motivo per incazzarsi o non ha la capacità di comprendere cosa sta leggendo e il suo contesto. Ora vado avanti con la lettura della puntata, pardon.
Si quello è un po' il primo obiettivo sempre e lo puntualizzo un po' dopo. Ma anni e anni e anni di scrittura mi hanno inevitabilmente portato a un certo "maniavantismo", quindi anticipare eventuali obiezioni includendo la risposta nel testo.
Serve a litigare meno? Assolutamente no, ma ormai sono fatto così.
Se prendi l'impegno di provare a ridurre questa cosa (ne usciremo assieme), scrivo una puntata sul nuovo PSM.
Ma guarda tendenzialmente io sono uno che sostiene la tesi "i videogiochi non hanno alcun bisogno di validazione da parte di terzi", ma quando si scrive per un pubblico ampio, eterogeno e che magari conosce e non conosce preferisco sempre andarci cauto. Vizi da generalista.
Però la puntata su PSM la voglio.
Dovrai sudartela.
Così come sono sudate le recensioni oneste.
La vorrei anche io! :D
Ho iniziato a scrivere proprio ieri un discorso simile.
È che non è facile raccontare bene il videogioco.
O meglio, probabilmente non è fattibile se le persone che hai davanti non sono concentrate e disposte a comprenderlo.
Il videogames è complicato: giochi coordinando vista e riflessi, devi stare attento per seguire il flow del gioco e poi concentrarti per comprendere cosa vuole narrarti il creatore del videogioco.
Non è un medium "diretto", o forse meglio dire " monodirezionale" come il cinema, per esempio.
Si richiede sforzo attivo al fruitore, sia per avanzare che per comprendere la sua comunicazione.
Forse è una fase in cui tutti i medium passano, non saprei: ma trovo il videogioco un po' come i fumetti.
Sono "complicati" perché devi decodificare più cose in una volta sola.
Sì comunicarli è veramente complesso, ed è il motivo per cui io li chiamo “la grande nicchia”, in cui proviamo a raccontare ma l’accesso resta qualcosa di molto particolare, intimo, a volte complesso a meno che non sia roba ultra casual (nel senso proprio di semplice da capire e giocare, non cod o fifa). E con la vr è pure peggio.
Eh... La VR è una matrioska di casini.
In primis perché non penso sia ancora accessibile a tuttə e in secondo luogo perché anche nella grande nicchia, è un po' vista come il fratello zoppo del videogioco.
In alcuni casi capisco la cosa, ma in realtà anche quello è un paradigma completamente diverso di gioco, per di più nemmeno visibile da chi non ne fruisce.
È un casino.
Chissà Concita cosa avrebbe pensato della cameretta di Leopardi... A parte la boutade, il discorso e la narrazione del mondo dei videogiochi e dei videogiocatori sono sempre confusi e spietati. Ci sono bambinə di otto anni che si allenano 30
ore a settimana per diventare ginnastə, per diventare campionə, ma non tuttə ce la possono fare. Gibson, come potrebbe essere mio figlio, ha una passione, qualcosa che vuole realizzare, ma siccome si tratta di qualcosa legato al mondo dei videogiochi, allora viene visto con maternale commiserazione. Ci rendiamo conto che ci sono influencer della stessa età di Gibson che prendono soldi per fare le recensioni di giocattoli, spalleggiati da genitori conniventi, che puntano solo a fare denaro tramite le immagini e i video? E che ragazzə poco più grandi che fanno la stesa cosa sponsorizzando cosmetici, abiti, scarpe. Loro a me spaventano, perché vivono in una bolla che quando scoppierà farà del male prima di tutto a loro. Chi coltiva una passione deve essere seguito e supportato e li c’è il ruolo dei genitori, non certo dei giornalisti, buono solo a fare la morale “ad orologeria”, solo per seguire la massa del flusso delle notizie e rimanere a galla provando a dire la loro comunque, anche quando non sono minimamente titolati a farlo.
Grazie Lorenzo per i tuoi articoli, che spero rendano più consapevoli chi di videogiochi ne ha solo sentito parlare in maniera superficiale.