Le notizie si danno sempre?
Il mondo dei videogiochi è scosso dall'ennesima polemica dopo che un attacco informatico ha svelato moltissimi dati di uno studio videoludico legato a Sony. Che fare con quelle informazioni?
Giornalismo è scrivere ciò che qualcun altro non vuole che sia scritto. Tutto il resto sono pubbliche relazioni. George Orwell
Vi aspettavate per caso un contenuto dal sapore natalizo? Mi spiace ma i freelance non fanno cene aziendali e raramente ricevono pacchi regalo, quindi sviluppano lo spirito natalizio solo il 25, quando pensano “dai che magari mi riposo un po’” mentre sanno anche loro che non sarà così.
Anzi, a dirla tutta in questa fine di anno sto cadendo nella trappola del “cosa vorrei cambiare nel 2024” e la cosa peggiore è la consapevolezza di essere scivolato in questa buca di speranze e buoni propositi. Ma ne parleremo nell’ultima puntata del 2023.
Insomnihack
In queste ore il piccolo grande mondo di chi scrive di videogiochi è stato attraversato dall’ennesimo dibattito che potrebbe interessare anche chi ne resta fuori. Perchè si parla comunque di notiziabilità, opportunità, personal branding e click economy.
Qualche settimana fa un gruppo di hacker ha violato i server di Insomniac, sviluppatore di Sony responsabile degli ultimi giochi su Spider-Man, ottenendo informazioni su tutti i progetti in sviluppo, le vendite, le strategie future, gli accordi commerciali con Marvel e i dati sensibili degli sviluppatori.
I responsabili della violazione hanno chiesto dei soldi, che non sono arrivati e ora quei dati sono più o meno facilmente rintracciabili in rete. Al suo interno ci trovate filmati, concept art, pitch per i giochi futuri e un sacco di altro materiale che normalmente non trapela durante lo sviluppo di un videogioco.
È una roba grossa, brutta, che danneggia pesantemente l’azienda, non tanto per l’esposizione di alcuni abbozzi del gioco di Wolverine, che è senza dubbio fastidioso, ma non quanto la vanificazione di ogni strategia di marketing o svelamento progressivo del prodotto e soprattutto per l’esposizione al pubblico di dati che potrebbero seriamente causare problemi personali a un sacco di gente.
Situazioni del genere si verificano ormai sempre più spesso, sia perché il valore economico dei videogiochi è sempre più alto, e questo ingolosisce eventuali criminali che puntano a un riscatto, sia perché l’attenzione attorno ai videogiochi è sempre più alta e spesso febbrile, parossistica, a causa di un settore ormai quasi del tutto alimentato da hype, aspettative fuori scala, rumor, gossip e esclusive studiate ad arte.
Pubblicare o no?
Questo evento ha sviluppato un dibattito abbastanza effervescente sui dati emersi e sull’opportunità o meno di diffonderli. Un dibattito che probabilmente non cambierà le cose, ma che mostra senza dubbio una maggiore sensibilità da parte di chi parla di videogiochi rispetto alla tematica. Anche perché rispetto a informazioni emerse per sbaglio, trapelate da appassionati o da dipendenti scontenti in questo caso l’intento estorsivo dell’operazione dona al tutto un retrogusto differente.
Sgomberiamo però il campo da ogni ambiguità: ciò che è successo è una notizia e sono una notizia anche le informazioni emerse, su questo concordano più o meno tutte le linee guida del giornalismo internazionale.
Ovviamente è una notizia se le informazioni sono opportunamente trattate, ovvero se le fonti vengono verificate e se si attua una protezione di tutto ciò che può arrecare danno reale alle persone coinvolte, soprattutto evitando di divulgare e linkare direttamente i dati sensibili.
Non stiamo parlando di “si dice che fra tre mesi esce la nuova console Nintendo” ma di qualcosa di molto più concreto. Ci sarebbe, in teoria, anche il dovere deontologico di riportare le informazioni che conosci al pubblico. Sempre, ovviamente, nei modi appropriati.
Infine, come viene fatto notare in questo articolo di The Gamer, i giornalisti che parlano di videogiochi non fanno parte dell’industria, anche se a volte ce lo siamo dimenticato e spesso chi scrive sui siti è semplicemente una persona appassionata con doti più o meno decenti di scrittura (soprattuto in Italia).
E non posso negare che per me, da persona che ama i videogiochi e vuole vedere come vengono fatti, quei dati sono una miniera importante di informazioni interessanti.
Ne scrivevo già tempo fa: se il giornalismo dovesse fare a meno delle fughe di notizie, anche quelle basate su cose criminose, non sarebbe giornalismo. Se trattassimo solo ciò che un’azienda vuole che trattiamo non stiamo facendo giornalismo, ma siamo brochure ambulanti, ma questo non vuol dire che non si debba avere degli scrupoli. Ricordo quando furono diffuse in anticipo le disposizioni restrittive durante il COVID, generando il panico perché “era una notizia”.
Riportare o meno i dati emersi è una questione complessa, sia per il retrogusto criminale sia perché di fatto chi vuole trovare quei dati se li trova serenamente da solo. Quindi sì, ci può essere il silenzio della stampa, di tutti i content creator, di ogni persona che parla di videogiochi, ma questo non impedirà a quelle informazioni di emergere, al massimo rende un po’ più difficile la ricerca, ma neanche di troppo.
Ed è anche molto difficile per molti siti interamente basati sull’economia dei click pensare di poter fare a meno di questa fonte molto accessibile di lettori.
Anche perché, ribadisco, è una notizia, se data nel modo giusto. E se in un futuro vorrò occuparmi delle decisioni di Sony in merito ai suoi videogiochi cosa dovrei fare? Ignorare che quei dati esistano?
Personalmente credo che questa vicenda si potesse raccontare, pur mantenendo al sicuro chi andava protetto e magari dimostrando di essere realmente dei giornalisti, ovvero estrapolando dal leak gli aspetti interessanti, le informazioni più importanti e inserendo il tutto in un contesto. A pubblicare un video rubato son buoni tutti. Quello che ci serve sono articoli di analisi, come questa di Kotaku, non una news senza contesto.
Che ne pensano gli sviluppatori?
Sui danni di una situazione del genere ho chiesto ad alcuni sviluppatori che hanno mansioni differenti in studi molto diversi tra di loro.
Da una parte mi è stato risposto “Allo sviluppatore non cambia assolutamente niente, è un po' brutto fare vedere il work in progress solo perché vorresti fare vedere al pubblico la versione migliore di quello che hai fatto, ma è molto soggettivo, ci son cose che mi vergognerei a fare vedere nello stato attuale e altre invece no”.
Un’altra testimonianza invece ha avuto uno sguardo più ampio “Potrebbe avere reazioni negative sui social e far interrompere lo sviluppo del gioco, soprattutto se in fasi preliminari o iniziali - ma se lo chiedete a me, questo sembra più una fragilità del sistema che un problema dei leak - In generale, soprattutto in leak di lungo raggio, una situazione così rovina tutta la strategia di una società, mettendola in una situazione di fragilità e svantaggio, rispetto ad altre”.
Infine “Alcuni aspetti spesso sono sottovalutati. A causa di questi elementi si crea un’atmosfera tesa che non aiuta la produttività e la stabilità mentale ed emotiva. Innanzitutto, quando c’è un leak ed è “interno” (quindi senza una forzatura esterna, come invece è avvenuto nel caso di Insomniac), crolla la fiducia nei propri colleghi. Chi è stato? Perchè? Mi posso ancora fidare a lasciare i miei dati sul pc aziendale? Questo tipo di impatto è ancora più grave se oltre ai dati sul gioco sono stati leakati anche dati personali dei dipendenti (email, chat, buste paga ecc)”
“La relazione con stampa e giocatori diventa viziata da leak: invece di poter decidere ad “armi pari” come discutere, vieni trascinato all’interno di discussioni che magari non volevi avere. Per esempio: se leakano una versione alpha dove si trova un asset che è un inside joke che all’esterno può essere frainteso, si potrebbe accendere una polemica inutile. O, ancora, si creano delle aspettative su elementi che gli sviluppatori sanno già che elimineranno e che sono all’interno del codice leakato perché non ancora rimossi, malgrado non abbiano superato i check interni di qualità. Spiegare questa cosa a giocatori e stampa è sempre abbastanza complesso, e prevede dover spendere tempo e soldi per fare una comunicazione precisa a riguardo. Solo che tu quel tempo e soldi vorresti spenderli per parlare delle cose che vuoi INSERIRE nel gioco, non ELIMINARE.”
“Se il leak è stato causato da poca sicurezza, questo porterà a dei cambiamenti interni dell’azienda. Per esempio, se si ritiene che la sicurezza sia troppo poca perché “stavamo lavorando da casa”, allora si tornerà tutti in ufficio, 5 giorni alla settimana. Magari non è davvero quella la causa, ma alla board (che non è vicina alle dinamiche produttive) frega ben poco, soprattutto se il valore delle azioni sta scendendo e devono mandare un messaggio molto chiaro agli investitori. Ma, senza arrivare a situazioni così drastiche, anche solo prendere 1000 dipendenti e insegnare una pipeline differente, che usa un livello di protezione diverso (magari con un nuovo software) è un costo e uno stress mentale e produttivo”.
Le risposte secondo me evidenziano non solo l’impatto, ai più sconosciuto, di questa situazione, ma anche come questo impatto si verifichi al di là della copertura del singolo sito. A diffondere queste informazioni sono le organizzazioni criminali che stanno alle spalle, oppure spuntano fuori improvvisamente dei dati sui principali forum e in un attimo si diffondono ovunque. Bisognerebbe che ogni testata nel mondo e ogni content creator stessero zitti. E comunque questo non impedirebbe a un link di reddit di viaggiare su Telegram, Discord, Messenger e così via.
La scelta di quindi di pubblicare o meno queste informazioni rientra dunque sia nel campo economico del singolo sito, perché quei click fanno comodo, nel campo filosofico/deontologico, perché è una notizia e le notizie si danno, o nel campo umano e di posizionamento, perché decidendo di schierarsi dalla parte delle aziende e di chi sviluppa ci può essere sì una decisione dettata dall’empatia, ma forse si spera anche quella scelta etica venga in premiata dal pubblico e dalle aziende. Così come chi le diffonde spera di diventare una fonte per il pubblico che vuole sapere.
A cosa serve un’anteprima?
L’occasione potrebbe essere proficua per analizzare meglio tutto il modo in cui si parla di queste cose. Diciamo spesso e in tanti che i videogiochi sono un settore in cui è complesso analizzare fatti, dati e problematiche perché le produzioni più grandi vivono in uno stato di segretezza industriale quasi militare.
Questa segretezza viene occasionalmente allentata concedendo a persone o testate scelte di poter vedere determinati spezzoni ben precisi per alimentare l’aspettativa del pubblico nella anteprime. In alcuni casi può essere concesso di parlare con gli sviluppatori, vedere del materiale approvato e così via. È un giornalismo “embedded” come si dice in questi casi: “tu persona approvata viene portata dove dico io, a vedere ciò che dico io, e se va tutto bene accadrà di nuovo”.
Su questo tipo di rapporto c’è chi ci ha fondato una carriera e, tutto sommato, non solo ci fa piacere provare le cose in anteprima, non solo garantisce una posizione privilegiata nel riportare determinate impressioni prima della concorrenza, ma fa anche un po’ parte del fascino della professione: per citare un articolo di Aftermath uscito qualche giorno fa che parla della stessa cosa (maledetto tempismo delle newsletter del sabato) “io sono quello che vede le cose in anteprima, seguimi!”
Le anteprime sono l’esempio più lampante di questo rapporto nebuloso, assieme ai codici che vengono forniti in anticipo per uscire a una data prestabilita (dal publisher) con una recensione.
Le anteprime sono i momenti in cui il publisher toglie un po’ del velo di segretezza e ti mostra parte del gioco. La cosa più vicina a una anteprima portata in altri campi è la visita a un set, solo che nel set vedi i cavi, i green screen e tutto il resto. Nell’anteprima di solito si deve dare l’illusione che sia tutto perfettamente funzionante. Non capita praticamente mai che ti facciano vedere un abbozzo di animazione, perché devi raccontare quanto il gioco è bello, non come ci stanno lavorando, non lo stato dello sviluppo.
Di solito una demo, essendo qualcosa di inserito in un contesto promozionale concordato, non crea particolare danno al flusso di lavoro. Ma ovviamente può capitare che per metterla in piedi gli sviluppatori debbano fare le corse per creare una versione stabile e funzionante da presentare alla stampa, con tutti gli stress del caso. Può capitare che in base a quelle anteprime le aspettative sul gioco montino ancora di più, e magari questo generi ulteriore pressione nei confronti degli sviluppatori. Ulteriore crunch, ulteriore stress. Perché quella roba che abbiamo fatto vedere nell’anteprima deve esserci a tutti i costi.
Può capitare, insomma, che anche un dispositivo promozionale in cui tutto è controllato e ho l’occasione di parlare con gli sviluppatori si riveli un boomerang. E per quanto possa darmi un’idea del prodotto, non sarà mai indicativo della qualità finale, poco ma sicuro, perché mille cose possono cambiare o andare storte.
Ragionando a mente fredda a chi serve veramente una anteprima? Lascio a voi la risposta.
E questo senza contare che le anteprima sono momenti sempre più svuotati di senso, anno dopo anno. La percentuale di accesso ai videogiochi prima della loro uscita è colata a picco. Siamo passati dagli periodi in cui nelle redazioni c’erano le console debug in cui i giornalisti potevano provare giochi abbozzati e preview di ogni tipo a situazioni dove hai mezz’oretta scarsa col gioco e un’intervista sotto l’occhio vigile di un PR. E spera che non ti chiedano prima un’idea delle domande che vuoi fare.
Disinnescare il dispositivo
Chi decide in modo assolutamente legittimo e condivisibile di non guardare, non condividere, non parlare di quanto è successo come forma di rispetto verso Sony e Insomniac ha assolutamente il mio appoggio, ma l’occasione potrebbe magari permetterci di mettere in prospettiva questa scelta e tutto l’ecosistema che gira attorno alle anteprime, agli svelamenti concordati, al rapporto ambiguo tra giornalisti, content creator e PR e a tutto ciò che di fatto è solo hype prima che il gioco sia veramente nelle mani di chi deve recensirlo o del pubblico.
Se possiamo fare a meno di vedere un abbozzo di Wolverine che si muove in scenari senza texture perché non possiamo fare a meno di anteprime che sono solo dispositivi di marketing per alimentare i preorder?
Se il nostro obiettivo è rispettare chi lavora ai videogiochi perché alimentare l’entusiasmo per eventi come i The Game Awards, in cui magari il trailer non mostra neppure il gioco e lo spazio per chi ci ha veramente lavorato è ridotto al minimo? Perché non evitare di incazzarsi se gli sviluppatori dicono di aver bisogno di più tempo? Perché non decidere di rifiutare di correre a recensire un gioco (rifiuto che, per fortuna, vedo sempre più spesso) che ci viene fornito a ridosso dell’uscita?
(eccomi nel bel mezzo di una anteprima, tanto per buttare là un po’ di paradossi)
Se togliessimo i leak, o almeno quelli dannosi, non quelli che ci mostrano il crunch time e le pratiche sbagliate delle aziende (quelli lasciatemeli, per favore), togliessimo i rumor, le speculazioni, le analisi che nascono solo per scatenare conflitti, togliessimo le polemichette, le news che news non sono, sarebbe senza dubbio uno spazio più interessante e forse meno soggetto a certi attacchi.
Altrettanto sostenibile per chi vuole parlarne? Chissà. Non che ora si navighi nell’oro.
E lo stesso settore, raccontandosi con meno ansia, meno segretezza, forse aiuterebbe alla creazione di un ambiente più sereno e informato. In cui anche il pubblico (o almeno quelli desiderosi di capire, per i bischeri non c’è paradiso, come si dice dalle mie parti) potrebbe essere più consapevole di quante decisioni difficili e quante complessità vanno affrontate per sviluppare un videogioco (cosa che si dice da tempo, lo so, ma si può dire di più e meglio). Quando uscirono le immagini di GTA 6 un sacco di sviluppatori mostrarono le fasi iniziali dei loro giochi per spiegare al pubblico come sono i videogiochi prima che arrivino a casa nostra. Fu un momento bellissimo.
Per me è facile sostenere certe posizioni, ovvio, non scrivo per la stampa specializzata, non sono soggetto a quelle pressioni, non devo fare un report dei click mensili, non sono un content creator che deve creare hype sulla sua community e sperare di convertirlo in sponsorizzazioni, abbonamenti e merchandising. La mia ipocrisia è limitata alle anteprime a cui vado perché alla fine mi piace, come a tutti, provare le cose in anticipo. È uno dei rari piaceri di un settore povero e incattivito.
Ma se il nostro obiettivo è una comunicazione di qualità, se puntiamo a scardinare dinamiche tossiche e supportare e aiutare le persone che stanno alle spalle dei videogiochi allora quelle persone e quelle regole dovrebbero valere sempre, non solo quando vengono danneggiate dagli hacker, per quanto difficile, anzi, impossibile, possa sembrarci.
Comunque, che casino trattare i videogiochi!
Grazie a
e per il debug e i consigli sulla puntata.E buon natale!
Chissà se c’è spazio per qualche link
Te li ricordi i Lan Party? Io sì, questo libro sì ed è un libro bellissimo.
Un bel pezzo sul perdersi davvero e sul perdersi nella Scozia videoludica.
L’ennesimo bel gioco di quest’anno ricorda un po’ i Cavalieri dello Zodiaco.
Miglior punto di vista in assoluto sulla questione
Occupandomi di sicurezza informatica, l'attacco a insomniac mi ha messo un po' in ansia.
Ho pensato spesso che fare lavorare persone da casa sia un rischio.
Anche perché voglio dire: non possiamo mettere in sicurezza tutti gli appartamenti dei dipendentə.
Sarebbe una.follia e anche la loro libertà ne risentirebbe.
Da un punto di vista tecnico non c'è misura di sicurezza che possa tenere: se ti vogliono bucare, lo fanno.
Non c'è niente di infallibile, niente che possa essere fatto affinché questo non avvenga.
Ogni difesa ha le sue vulnerabilità.
Al di là di questo, da persona interessata al mondo videoludico e anche alla "stampa" posso dire che i portali o il ruolo della game critic dovrebbe essere un tramite tra chi i giochi li fa e chi poi li compra.
Questo tipo di filtro a me sembra molto sbilanciato sempre verso le aziende e i propri interessi.
Per me i leak andrebbero pubblicati, tutti.
Senza rimanere delusi perché questi ci sono stati.
Il lavoro del giornalista è quello di riportare notizie, non accampare scuse perché quel leak alla fine porta meno click perché si è partecipato indirettamente a una campagna marketing.
Poi ovvio: tutto dipende anche dall'etica e dalla linea editoriale che si intende intraprendere.
E il problema sorge quando le direttive da seguire sono "generare sempre più click", perché a quel punto tutto vale e anche l'etica va un po' a quel paese.