Piccola storia di come internet ha cambiato faccia
E con lei il giornalismo e il modo in cui (non) troviamo le informazioni. Quando l'avanzamento non è sempre progresso.
Dirò soltanto una cosa sul tentato omicidio di Donald Trump: ancora una volta ha dimostrato quanto gli spazi attuali siano totalmente inadatti a informarci su ciò che accade nei momenti immediatamente successivi al fatto. L’aver scambiato un giornalista sportiva per un attentatore è infatti solo l’ultimo esempio di quanto si debba rallentare in situazioni come queste, dove la voglia di informazione invita a correre, e di come siamo perfettamente in grado di generare disinformazione senza l’aiuto dell’intelligenza artificiale.
Una delle forze più difficili da contrastare quando si invecchia non è tanto la gravità che ci affloscia la faccia, la scarsa voglia di andare a un concerto perché c’è la gente o il metabolismo che ci punisce anche se annusiamo qualcosa. No, la vera sfida è non mettersi a pontificare sul fatto che film, serie tv, musica, politica, auto, sport e così via fossero per forza migliori nel passato. Ma ovviamente ci sono delle eccezioni perché l’avanzamento non sempre coincide strettamente col progresso.
Non riesco infatti a non pensare che molte cose di internet fossero meglio prima. Non dico tanto la velocità ovviamente e i mille servizi che oggi internet ci permette di sfruttare, ma forse quello che abbiamo barattato per poter controllare il termostato da 1000 km e la possibilità di mostrare agli altri i fatti nostri non è detto che valesse la pena.
Anche perché a differenza della musica, dei videogiochi e dei film del passato, dove posso tornare quando voglio, tornare alla vecchia internet è un po’ più complicato.
D’altronde è inevitabile, la rete ha fatto un po’ come certi paesini che vengono scoperti dai turisti e passano dall’essere un villaggio di pescatori a meta di lusso. Qualcuno ci ha fatto sicuramente i soldi ma non è detto che la situazione sia migliorata.
La cosa buffa del declino, anzi, chiamiamolo “il cambiamento”, di internet, è che ognuno riesce a tracciare il momento esatto in cui le cose hanno iniziato ad andare male… ma non per tutti è lo stesso. Spoiler: tanto per rimanere nei discorsi da vecchi, è sempre colpa di quelli dopo.
Ve ne racconto qualcuno.
Il settembre eterno
Vi ricordate i tempi di quando internet era soltanto uno strumento in mano alle università americane e pochi altri snodi nel mondo? Ovviamente no, o magari sì, ma erano anche gli anni in cui le persone su internet erano così poche che c’era ancora l’idea di mantenere un codice di condotta per utilizzarla: la netiquette, termine oggi vetusto come grammofono, gabardina o triclinio.
In quei tempi lontani c’era Usenet, che era un servizio che anticipava i forum e i gruppi di discussione e ovviamente conoscere la netiquette e le prassi per rispondere erano fondamentali per mantenerlo un luogo accessibile e vivibile.
Puntualmente ogni settembre Usenet era invasa da nuovi studenti che per la prima volta si trovavano di fronte a questo strumento e iniziava un periodo di assestamento fatto di ban, reprimende e spiegazioni finché i “newbie” non capivano le regole d’ingaggio.
Un bel giorno del 1993 AOL, ovvero il provider America On Line decise di iniziare a offrire Usenet alla sua grande rete di abbonati (per quanto oggi possa sembrarci assurda l’idea di una internet con parti “chiuse”) e da quel momento il “settembre” diventò “eterno”, perché l’afflusso di gente nuova, poco istruita e totalmente impreparata a quegli spazi di discussione diventò così tanta da rendere praticamente impossibile la loro educazione. Ci un tentativo di apertura di una Usenet II, una sorta di riserva indiana, ma non decollò mai.
La SEO
Dopo la diffusione globale di internet possiamo dire che le cose sono andate tutto sommato a migliorare. Sul fronte dell’informazione sono gli anni in cui la rete diventa un interessante brodo di coltura per chiunque voglia scrivere e proporsi al mondo.
Sono gli anni in cui si formavano spazi di collaborazione, in cui era importante il passaparola, dove ti apri un sito, iniziavi a parlare di cinema e chissà cosa succedeva. I siti erano organizzati, penso a Geocities, come delle vie popolate di articoli e contenuti e tu scoprivi le cose passeggiandoci.
Tutti, o quasi, usavano nickname, nessuno si sognava dii darti troppe informazioni personali, se su un forum venivi messo alla gogna andavi da un’altra parte e finiva là.
Sono gli anni in cui le aziende, i siti d’informazione e chiunque voglia provare a sfruttare la bolla speculativa delle dotcom si butta su internet e vuole essere trovato. Anni in cui, parliamo del 1997/1998 i motori di ricerca cominciano a diventare importanti ed è giusto così, i meccanismi di una volta sono obsoleti e inefficienti.
Internet è cresciuta tanto, non si può sperare di contarla a mano, ci vogliono strumenti automatizzati per farlo che forniscano agli utenti i siti più rilevanti secondo i loro bisogni. Sono gli anni in cui nasce la SEO, la Search Engine Optimization che diventerà la religione di Google.
I contenuti non varranno solo più in quanto tali o perché qualcuno te li fa conoscere, ma anche quanto saranno bravi a sfruttare trucchi e trucchetti per farsi trovare, parlando la lingua di chi può trovarli e piegando i proprio contenuti alle regole di chi gestisce queste porte di accesso.
Anzi, possiamo dire che il contenuto ben scritto per un essere umano inizierà a non valere quanto il contenuto scritto per farsi capire da una macchina.
A proposito di Google, c’è chi pensa che tutto sia andato a ramengo da quando ha chiuso Google Reader, che era un modo per tenere ordinato il flusso di informazioni dei siti e in effetti lo ricordo come un ottima risorsa per trovare notizie di cui parlare.
iPhone
Per anni internet prospera in uno spazio ben definito delle nostre vite, quello che iniziava accendendo un computer e da cui raramente si allontanava. Non sto dicendo che fosse meglio o peggio, era solo così. Se volevi leggere una mail fuori casa dovevi sperare in un internet café o nei computer negli alberghi, ma poi perché avresti dovuto farlo? Al massimo ti recuperavi qualche articolo e le mail quando tornavi.
E poi, per quanto l’utenza stesse crescendo, soprattutto quella più giovane, richiedeva una serie di competenze e di tempo che magari non tutti avevano.
In teoria potevi già navigare sui cellulari, ma era costoso, scomodo, praticamente inutile, lo facevi solo per scaricarti una suoneria, se proprio. Poi l’iPhone mostrò a tutti che si poteva avere un telefono con uno schermo ampio, un sistema operativo pensato per internet, app e giochi che l’avrebbero usata sempre di più.
Il dormiente mercato delle tariffe dati per cellulari diventò improvvisamente molto più importante di quello degli sms.
Milioni di persone improvvisamente si trovarono internet in tasca, senza nemmeno doverlo configurare, ma anche senza gli anticorpi minimi per gestire le conversazioni, il tono e le informazioni che internet può scaricarti addosso in un giorno.
Il settembre diventò sempre più eterno e la gente cresciuta nelle arene dell’internet dei primi anni 2000 si trovò di fronte a gente che fino al moment prima al massimo parlava col negozio di sotto.
Non credo che la mia generazione (soprattutto io che vivo nell’interregno tra Gen X e Millennial) abbia chissà quali doti particolari, ma senza dubbio ha avuto la fortuna di poter assimilare una serie di accelerazioni tecnologiche in maniera graduale. E a volte la differenza si vede.
Game of Thrones
E il giornalismo pop? Quella roba in cui sguazzo e che ha fatto nascere anche questa newsletter? Ci sono vari fattori che hanno reso sempre più centrale questa forma di scrittura e sono ovviamente legati a quei processi di trasformazione delle nicchie in veri e proprie praterie per i click, i gadget e le convention. La progressione è un po’ la stessa che ha trasformato Lucca Comics da apprezzata fiera di fumetti in gigantesco contenitore con tutti i pro e i contro del caso.
Il grande salto risale più o meno al periodo in cui i blog di appassionati sono diventati testate e le persone che ci scrivevano tanto per passione hanno iniziato a fare i soldi, a finire sui quotidiani o a scoprire che della stampa tradizionale potevano fare a meno, sguazzando sereni nel mondo dei rumor e dei fandom che su internet stavano piano piano raggiungendo la massa critica.
Videogiochi, film, fumetti, anime e poi serie tv diventeranno gli alfieri di questo nuovo giornalismo pop che vivrà anni di prolifica crescita e per cui potremmo identificare un momento preciso in cui c’è stato il definitivo cambio di passo è quel momento arriva attorno al 2011.
Perché nel 2011 una saga fantasy amata ma tutto sommato sconosciuta fuori dalle cerchie di appassionati, Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, diventa una serie TV HBO e lo diventa nel momento migliore.
Un po’ come l’iPhone arriva quando batterie, schermi, software e infrastrutture sono tutte nel momento migliore per dare vita a quella rivoluzione, Game of Thrones arriva nel momento giusto per diventare un evento mondiale.
C’è un pubblico di geek e di appassionati cresciuto negli anni e che ormai sono al centro del panorama culturale come target di riferimento. Ci sono giornalisti che in qualche modo fanno parte di quel pubblico e riescono a raccontare questo nuovo evento nel modo corretto. Ci sono internet e i social, Facebook su tutti, che in quegli anni aiutano molto i siti a diventare spazi di discussione condivisa, sia testuale che video. E poi c’è una serie tv che sembra perfetta per sfruttare tutto questo: ha episodi settimanali, è ricca di colpi di scena e il suo setting low fantasy politico è perfetto per mescolare appassionati e semplici curiosi.
Ed è così che pratiche prima presenti quasi esclusivamente in testate altamente specializzate come i recap delle puntate e le speculazioni sulle successive diventano la norma ovunque, anche per la stampa generalista. Qualsiasi contenuto su Game of Thrones generava click: analisi, parodie, recensioni. Lo racconta bene un articolo di The Verge.
In un periodo in cui i social stavano iniziando a diventare grandi vettori di traffico per i media, ma in maniera difficilmente prevedibile, Game of Thrones era il porto sicuro dei numeretti che salivano e facevano contenti investitori e capiredattori.
L’intero spettro del giornalismo parlava della stessa cosa, appiattendo lo scenario sull’unico contenuto che sembrava funzionare sempre, che ha funzionato per anni e che poi è diventata lo schema da seguire per il futuro. Ancora oggi la scena dei siti pop è dominata da recap, analisi, previsioni, chiacchiere da bar e rumor nella speranza di ottenere la nostra attenzione ed è praticamente impossibile avere delle semplici notizie.
Non cose estrapolate da interviste, non ipotesi, non contenuti che generano hype sul nulla, ma le care vecchie notizie.
Nel frattempo però Facebook ha chiuso le autostrade di traffico verso i media, Game of Thrones è finito e i fondi sono stati spesso dirottati altrove. Oggi ci restano solo le botte virali tipo…
Il vestito
Gli anni di Game of Thrones sono gli anni in cui il successo di un sito nasceva e moriva attorno alla sua capacità di diventare “virale”, di generare contenuti condivisi e discussi. Gli anni d’oro di aziende oggi in polvere o quasi come Vice, Buzzfeed, Gawker. Aziende di cui abbiamo già raccontato gioie e dolori.
Poi improvvisamente un tizio chiede su Tumblr (mi pare) se un vestito è blu o oro, quel post diventa un contenuto di Buzzfeed che poi verrà vista 73 milioni di volte e in pochissimo tempo tutti i siti internet, tutti, stanno parlando di quel vestito e per giorni non si parlerà d’altro.
Per quei pochi che ancora non l’avevano capito, adesso è chiaro: per fare soldi, per generare traffico, per mandare avanti un sito d’informazione non servono solo grandi storie, grande giornalismo e grandi eventi: devi solo beccare quella cosa di cui tutti parleranno dopo e che tutti vorranno condividere.
Ben Smith, che Buzzfeed l’ha fondato e che la viralità la conosce bene, nel suo interessante libro Traffic chiama quel momento “l’ultimo bel giorno di internet”, perché dopo quel momento il meccanismo inizierà piano piano a sfasciarsi. Come abbiamo visto i social network concluderanno la loro luna di miele con l’informazione e dopo la fiammata di traffico data dal lockdown moltissimi spazi crolleranno.
Punto di vista comprensibile, visto che era al centro di questa rivoluzione dell’informazione, forse internet alcuni dei suoi giorni migliori li aveva già alle spalle.
E ora? Viviamo una strana situazione dove è molto difficile cosa succederà. Ormai fare un sito internet che ruba informazioni in giro è sempre più facile (ma spero poco redditizio), la bolla dei content creator sembra stia iniziando a scricchiolare e di sicuro tutte le persone che sono su internet stanno cercando di capire come sostenere i propri progetti tra donazioni dirette, sponsorship e altre soluzioni ibride, senza che nessuno abbia capito ancora bene come fare. Molte persone si improvvisano giornalisti su TikTok, senza alcun tipo di esperienza e formazione.
Non che la formazione abbia impedito ai giornalisti di fare male ma, come scrivono su Il Post “Ma delle sue implicazioni [della fine dei confini tra giornalisti e non giornalisti] i non giornalisti non sembrano avere ancora preso consapevolezza, e svolgono quindi quotidianamente ruoli rilevantissimi di promozione e diffusione delle notizie (vere o false: ma quello lo fanno anche i giornalisti) senza sentirne abbastanza la responsabilità, e con frequenti ingenuità e ignoranze su cosa sia il lavoro dei giornali. Invece di opporsi risentiti a una cosa che ormai è successa, gli stessi giornali farebbero un lavoro proficuo a condividere di più quello che serve sapere di come funziona il loro lavoro: siamo tutti sulla stessa enorme barca.
Con questa lunga puntata Heavy Meta va in modalità estate. Il che non vuol dire che non ci saranno altre puntate a luglio e agosto, ma che la loro eventuale pubblicazione sarà saltuaria e non programmata. Insomma, vediamo come va.
Intanto vi ricordo anche di seguire le due newsletter gemellate con Heavy Meta.
Io sono uno di quelli che sostiene che la enshittification sia iniziata con la chiusura di Google Reader. Fortunatamente mi salvo con Feedly, una delle 3 o 4 app che uso tantissimo, tutti i giorni. Buona estate
Io setto il punto di inizio della fine nel momento in cui per registrarmi a facebook, ho usato la mia mail con il nickname e ho spuntato l'opzione per farmi trovare tramite essa. Prima di quel momento io e il nickname eravamo distinti, non c'era nessun punto che collegasse i due aspetti. Dopo è cambiato tutto