Probabilmente non mi interessa la tua startup
Confessioni e consigli che mi sento di dare a chi su Linkedin bussa nei messaggi di ogni giornalista che si occupa di tecnologia sperando di venire considerato.
Piccola comunicazione di servizio: il 28 febbraio alle 18:30 sono a presentare Vivere Mille Vite a Roma, presso la Libreria Ubik Spazio Sette con Roberto Recchioni.
Lo ammetto, questa puntata di Heavy Meta rischiava seriamente di non andare in onda perché in questi giorni mi sono chiuso in maniera adolescenziale (nel senso che ho fatto finta di avere tempo come quando avevo sedici anni) su Final Fantasy VII Rebirth.
Per chi non sapesse di cosa sto parlando, ecco una brevissima lezione di storia di cultura moderna e contemporanea: nel 1997 Final Fantasy VII fu uno dei prodotti di intrattenimento più importanti dell’anno. Uno dei primi giochi sviluppato da più di un centinaio di persone, con un budget da 80 milioni di dollari e incassi che se la giocarono con i film usciti quell’anno, spostando definitivamente il baricentro del settore verso Sony.
Soprattutto fu il gioco che espose moltissimi ragazzi e ragazze occidentali ai temi tipici dei giochi di ruolo giapponesi. Questo perché pur essendo il settimo capitolo di una serie antologica fu il primo su PlayStation, ovvero la console più diffusa in quegli anni a livello globale.
Pagine e pagine sono state spese per raccontare lo sviluppo, i temi e l’impatto di Final Fantasy VII (e dei capitoli successivi) e ne ho parlato anche in Vivere Mille Vite. Fu probabilmente il primo gioco a mostrarmi le sfumature emotive del medium, il primo su cui spesi veramente tante, tante ore e con cui mi affezionai in maniera importante a personaggi digitali. Oggi è normale, all’epoca mi sembrò epocale.
Fatto è che in questi anni il gioco è stato oggetto di un remake a puntate, solo che i remake dei videogiochi non sono come i remake dei film, non cambia solo l’aspetto visivo, spesso cambiano meccaniche, metodi di controllo e in alcuni casi si lavora anche sulla storia.
È un processo interessantissimo e, ovviamente, rischioso, come tutte quelle volte in cui si va a toccare il vissuto di molte persone, che spesso usano i videogiochi per riempire i propri vuoti. Poi io sono dell’idea che chi ci mette mano debba farlo senza che i vecchi fan abbiano alcun diritto di mettere pressione, ma è solo la mia opinione.
Tempo fa ho avuto modo di parlare anche con gli autori di questa operazione e spero presto di poter lavorare e montare al video.
Detto questo, ne ho parlato su N3rdcore e ho avuto modo di dire due parole anche su RaiNews24. Anche solo parlandone, visto il pubblico eterogeneo che abita questi spazi, mi rendo conto di quanto ancora il videogioco sia quella che mi piace definire “la grande nicchia”, perché non solo molti e molte di voi non hanno idea di ciò che sto dicendo.
Ma se anche volessi dirvi di recuperare dovreste comprarvi una PlayStation 5, comprare il gioco, capire come giocarci, iniziare col primo capitolo e dopo ore e ore fare approcciare il secondo, e dopo molte altre ore, sicuramente più di una quarantina, vedere la fine. Non è come dirvi “recuperate questo libro” o “guardate quella serie TV”, il campo da gioco è ancora troppo distante, diverso e respingente per la persona qualunque. E questo vi dà anche la misura di quanto spesso possa essere difficile, ma anche molto divertente, parlarne fuori dagli ambiti più confortevoli.
Mal di tech
Una delle cose di cui mi sono rapidamente reso conto quando ho iniziato a scrivere era che non mi sarebbe bastato scrivere di videogiochi. Sarebbe stato bello il contrario ma non è andata così, e forse anche io sono uno che ama scrivere di troppe cose differenti per fare solo quello.
In molte testate estere i videogiochi finiscono nella sezione cultura, qua è più facile che si trovino fianco a fianco con la tecnologia. Che è un po’ come se il cinema finisse accanto alle recensioni di foto e videocamere, ma eccoci qua.
Sì, lo so che i videogiochi sono un medium molto più dipendente dalla tecnologia rispetto agli altri. È la loro croce e delizia. Ma secondo me si potrebbe fare un po’ di più per cercare di rendere i videogiochi oggetti culturali. Cose che in effetti non è più di tanto utile al marketing, forse, ma sto divagando.
Dunque, per affinità sono sempre finito nelle sezioni tech dei siti per cui ho lavorato. E questo vuol dire non solo che può capitare di dover scrivere di telefoni, social network, televisori, aspirapolveri e argomenti affini (cercando di schivare l’ennesimo panegirico su Elon Musk ed essendo forse l’unico della redazione che coltivava un po’ sano scetticismo mentre tutti sbavavano dietro al metaverso) ma che inevitabilmente diventerai oggetto di attenzioni di chiunque stia cercando in qualche modo di far parlare di sé e della sua startup assolutamente innovativa.
Oscuri sistemi di data analysis, servizi di vendita di auto usate, server cloud per nicchie aziendali, servizi di e-learning, agenzie di content creator, progetti di e-learning, app che fanno le stesse cose che altre app già fanno, ma per una nicchia specifica, tua nonna con la blockchain, il web3, la pizza prodotta con gli ingredienti scelti da una IA, l’ennesima agenzia leader nel settore di qualcosa.
Tutta questa gente la potete trovare nei miei messaggi privati di Linkedin, dove di solito non riceve risposta, o riceve un cortese “no” quando ho tempo.
Anche perché spesso è gente che o non si è minimamente informata su quello che faccio (mi sarà capitato di scrivere di startup qualche volta, ma non sono di certo il mio forte) o, ancora peggio, inizia dicendo che apprezza tanto il mio lavoro e poi scopro che non si è comunque presa la briga di informarsi su cosa scrivo.
A uno che sosteneva di seguirmi da tempo una volta domandai a bruciapelo “Ah sì? Quale articolo ti è piaciuto?” e citò l’ultimo, ma che caso.
Se il rapporto tra giornalisti e PR può essere a volte complicato, perché noi siamo antipatici, snob e così via, mentre il mondo PR ha, tecnicamente, obiettivi diversi rispetto ai nostri e a sua volta fa figli e figliastri, figuratevi come può essere il rapporto tra uno che cerca disperatamente di avere, di fatto, un po’ di pubblicità gratis e il sottoscritto che già fatica a farsi venire la voglia di scrivere cose che ama per due spiccioli, figuriamoci di qualcosa di cui non me ne frega assolutamente niente.
Non so a chi arriveranno queste parole ma, ecco giusto qualche consiglio da parte di uno che potrebbe essere il prossimo a cui andrete a bussare. E vale per chi fa startup come chi cerca di farsi recensire il suo libro, videogioco o il fumetto autoprodotto.
Lo so che vieni da me per bypassare il filtro delle redazioni e vieni da me sperando che io, essendo pagato a pezzo, faccia il tuo lavoro (o quello dell’ufficio stampa che non ti puoi permettere) e proponga la tua idea perché così metto un altro articolo in cascina. Mi spiace dirti che non funziona così, le cose da scrivere non mancano e lo spazio e poco, cercherò di scrivere qualcosa che interessa a me, non a te.
Dai per scontato che sei tu che hai bisogno di me e non io di te, e che non sai in che stato d’animo mi trovi.
Non saprei consigliarti il modo migliore di contattarmi e mi rendo conto sia difficile, ma un messaggio su Linkedin o Facebook è molto probabile che lo dimentichi dopo poco. Sarebbe meglio una mail, ma meglio se la mandi a chi è veramente interessato.
Dai anche per scontato che, esattamente come te, potrei avere mille cose da fare e ci sta che non ti risponda subito. O forse non ti risponda affatto perché se dovessi farlo per tutte le richieste non farei altro.
Ormai lo capisco se hai scritto la stessa cosa a tutti andando di pesca a strascico. Ti posso assicurare che è una tattica che non funziona. È un po’ come le relazioni personali, se non fai uno sforzo per tarare il tuo messaggio su di me perché dovrei ascoltarti?
Se mi scrivi di sabato o domenica ti ignoro automaticamente, anche se Steve Jobs in versione lich che mi propone l’iphone killer.
Ti sei fatto un giro dove scrivo? Sei proprio sicuro che siano interessati alla tua idea di nicchia se trattano solo argomenti molto grossi? E se pensi che lo siano hai provato a cercare chi ne ha già scritto?
Posso assicurarti che tendenzialmente le testate che si occupano di startup hanno un interesse economico che le spinge a farlo. Accordi, sponsorizzazioni, scambi di favori, oppure la startup è già una notizia di per sé.
Se ti dico gentilmente che non è una cosa di cui mi occupo non ribattere “ok allora con chi posso parlare?” perché di fare il centralino per gli altri non ho né tempo né voglia.
Te l’ho già detto che sono stanco?
Mi spiace se sono sembrato eccessivamente ruvido nelle mie osservazioni, in verità cerco sempre di essere gentile e rispondere che non sono interessato.
Volevo però che fosse chiaro lo scenario globale, cioè che stai scrivendo a un tizio che lavora in un settore precario e stressante dove impari presto a cercare di fare ciò che ti piace o, almeno, che ti viene facilmente.
Dico queste cose per risparmiare il tempo di tutti, perchè spesso nella comprensibile ansia di cercare copertura stampa si perde solo tempo. Ma quello che cercate voi è pubblicità gratis, visibilità a buon mercato.
Ci sarebbe anche un discorso da fare, un discorso totalmente personale, che riguarda il modo in cui si muovono molte startup, che più che essere soluzioni a un problema sono soluzioni in cerca di un problema da risolvere.
Avete presente quei gadget assurdi che si vendevano nei canali di televendite qualche anno fa? Tipo uno strumento solo per pulire gli avocado, il set per giocare a golf nel cesso o altri gadget iperspecializzati che sul momento di sembrano una buona idea per poi finire in fondo al casseto del bagno o in cantina? Ecco, molte startup oggi mi ricordano quella roba là, e io di quella roba non voglio parlare.
Ho letto i risultati del sondaggio lanciato settimana scorsa e continuate a preferire una uscita che mescoli consigli e commenti, messaggio ricevuto. Anche se avete votato in pochi.
Link e altre cose
Di cosa abbiamo parlato su N3rdcore questa settimana? Di Dune 2, di una bellissima rivista di fumetti e un gioco di carte.
Vi ricordate quando parlammo di Vice? Beh la situazione è ulteriormente peggiorata. Sono molto belle e tristi le parole di chi ci ha lavorato.
E quando parlammo di Buzzfeed? Anche qua non va meglio.
Come mai Nvidia è diventata una delle aziende più importanti di sempre? Ovviamente c’entra la IA.
parla di quando Nintendo si mise a fare debunking per fare la guerra a SEGA.parla di Davide, Golia, storytelling, strategie e marketing. E io applaudo. Come vorrei essere capace di fare strategie degne di Davide.
Mi piace molto l’idea alla base di questo articolo di Polygon. Creare un sondaggio nella tua userbase per raccontare il fenomeno anime. E poi impaginarlo da dio. Che belli i soldi.
Fare un colloquio per una posizione nel tech sembra sempre di più un’ordalia.
E ora un po’ di allegria con Prismag che ci parla dei giornalisti precari.
Quello che è successo a Pisa è una merda e chiunque si faccia come domanda “ok ma cosa hanno fatto i manifestanti per scatenare la reazione della polizia?” spero non debba mai sperimentare in vita sua un tale livello di mancanza di empatia.
"Mi piace molto l’idea alla base di questo articolo di Polygon. Creare un sondaggio nella tua userbase per raccontare il fenomeno anime. E poi impaginarlo da dio. Che belli i soldi."
Una grande verità.
"Tipo uno strumento solo per pulire gli avocado," Giuro che è la prima pubblicità che mi è comparsa sulla tua newsletter, e lo so che è un artefatto "dell'algoritmo" ma mi ha fatto morire dal ridere.
Mi piace molto come scrivi e condivido il fastidio per quelli che pensano che il nostro tempo sia loro. Mal comune è doppia incazzatura.