Vice, prima di fallire, ha cambiato tutto
Dal Gonzo Journalism ai reportage assurdi, seguendo una linea editoriale che vale ancora oggi: "fare cazzate seriamente".
Ho appena finito una settimana decisamente densa, di quelle che una volta mi sarei caricato sulle spalle senza troppi problemi e che oggi lascia un po’ i segni nei mal di testa leggeri ma persistenti che mi svegliano la mattina.
Però è stata anche una settimana di quelle che mi ricordano perché ho scelto questa strada e le soddisfazioni che ogni tanto sa regalarti.
Ieri, venerdì 5, alle 19:45 è iniziata su Rai News una rubrica che spero vi accompagni per molti venerdì. Si chiama Altri Mondi ed è un piccolo telegiornale sui videogiochi condotto da Dario Marchetti in cui intervengo per raccontare il tema della settimana.
Ebbene sì, un piccolo spazio videoludico in Rai creato facendo un miracolo che nasce dalla nostra continua chiacchiera sulla voglia di collaborare assieme, voglia che si lega a un rapporto di stima e amicizia nato in un press tour qualche anno fa. A volte semini e non te ne rendi conto.
Sarà una sfida interessante perché il tempo in TV è sempre tiranno e le cose da dire sono tante. Dopo anni di lunghe chiacchierate su Twitch e spazio virtualmente infinito in rete è molto stimolante scrivere brevi video che siano interessanti e, soprattutto parlarne senza perdere il fiato. Quindi aspettatevi fra qualche settimana che vi racconti ciò che sto imparando, con la speranza che vi aiuti.
L’altra cosa bella successa in questi giorni è stato un classico momento da press tour che tutti vorrebbero vivere.
Sono stato a Milano per provare Final Fantasy XVI, atteso titolo per PlayStation 5. Come spesso accade questi momenti nascono per accentrare tutta la stampa e i creator invitati in uno o due giorni e, se va bene, portare anche qualcuno che si occupa del gioco. In questo caso è andata particolarmente bene perché era presente Naoki Yoshida, produttore del progetto e, grazie a dio, giapponese particolarmente loquace.
Finito l’evento, cioè qualche ora di prova del gioco e un'intervista, ero nel cortile dello spazio espositivo con due colleghe, Fabrizia Malgieri e Lorena Rao che confrontavamo le nostre impressioni. Da una porta a pochi metri esce Yoshida per fumarsi una sigaretta. Alza lo sguardo, ci vede, rientra.
Esce poco dopo con l’interprete, si avvicina con cortesia e ci chiede cosa ne pensavamo del gioco, se ci fosse piaciuto, col tono gentile e guardingo dello sviluppatore indie che ha appena mostrato il prototipo del suo primo gioco. Ne è scaturita una chiacchierata bellissima, priva dei protocolli imposti dagli uffici stampa e dal nervosismo sottile delle interviste ufficiali in cui si è parlato un po’ di tutto, confrontando le rispettive esperienze. Alla fine, io, Fabrizia e Lorena avevamo gli occhi a cuoricino.
Questi sono quei piccoli momenti fondamentali sei fai questo lavoro e che ti danno le energie per andare avanti. Non i gadget, i press tour, le anteprime: la semplice occasione totalmente casuale di parlare con i professionisti di ciò che amiamo.
E uno dei modi migliori, molto privilegiato ovviamente, di far evolvere ulteriormente il nostro pensiero critico.
Vice, dalla subcultura al successo
Qualche settimana fa persone che conosco e che lavoravano nella redazione italiana di Vice se hanno annunciato praticamente in contemporanea la loro partenza. Non ci vuole il fiuto di un freelance navigato per capire che qualcosa non andava. Oltretutto, sono mesi che Vice cerca disperatamente un compratore, ha chiuso la sede francese, cancellato programmi eccetera e adesso si parla di fallimento e messa in vendita.
Parlando di evoluzioni e cambiamenti, poche cose hanno influenzato questo settore come Vice, rivista e poi siti che tanti odiavano per il suo stile spesso sopra le righe, ma che tanti leggevano, e che si era ritagliata uno spazio importante nel mondo del giornalismo d’inchiesta.
Anche la storia di Vice, come quella di Buzzfeed, la trovate su Mercanti di Verità, e per certi versi il percorso dei due media è stato simile, o comunque affiancato. Ma se Buzzfeed nasce a tavolino cercando di distillare la viralità e sfruttare il nascente fenomeno di Facebook, Vice ha origini molto più piratesche.
È la storia di una rivista canadese, più che una rivista una zine, stampata artigianalmente che raccontava subculture e tendenze largamente ignorate dai media tradizionali, se non per articoli di biasimo.
Droghe, eccessi, feste, sesso. Trovate ovunque la storia della scalata al successo di Shane Smith, Suroosh Alvi e David Carr e il loro rapporto conflittuale con i media tradizionali, che da subito hanno fatto muro, un po’ per snobismo, un po’ perché il nuovo invitato nel salotto buono non solo metteva i piedi sul tavolo ma produceva notizie a cui loro non avevano pensato.
Che poi è quasi sempre la mentalità dei giornalisti vecchio stampo quando qualcuno che non fa parte del loro giro o ha meno di quarant’anni cerca un proprio spazio.
Gonzo Style
Ma che siate contenti o meno della caduta di Vice, è indubbio che moltissimo del linguaggio dei media che fruiamo oggi nasca là. Vice è stata per anni la corazzata della forma più recente di “Gonzo Journalism” e qua vale la pena fare una digressione.
Il Gonzo Journalism nasce negli anni ’70, più o meno assieme al “New Journalism” sulla spinta di una generazione di giornalisti e scrittori dall’eccezionale talento a cui non bastava riportare le notizie, volevano in qualche modo parteciparvi. L’alfiere del Gonzo Journalism è stato Hunter S. Thompson, quello di Paura e Delirio a Las Vegas, dell’infiltrazione negli Hell’s Angels che doveva essere articolo ed è diventato un libro, dei Diari del Rum e, ovviamente, dei Gonzo Papers.
Tuttavia, il termine Gonzo non è suo, ma viene coniato da Bill Cardoso, editor del Boston Globe per descrivere lo stile di Thompson. L’etimologia è incerta, ma pare che “gonzo” sia un termine gergale per definire l’ultimo che rimane in piedi dopo una bevuta al pub.
Il primo articolo universalmente riconosciuto come esempio di Gonzo Journalism è il suo reportage sul Kentucky Derby e fin dal titolo capirete dove Vice ha preso la sua linea editoriale e dove abbiamo pescato tutti per anni. Thompson voleva esporre le contraddizioni e le oscurità dell’American Way, Vice voleva raccontare ciò che non veniva mai raccontato, anche se spesso è stata accusata di farlo per titillare il mero voyerismo del suo pubblico.
Se avete vissuto il periodo dell’esplosione della blogosfera italiana attorno al 2010 ricorderete quel momento in cui ci siamo tutti trasformati in affilatissimi recensori della realtà che ci circondava, cercando di rendere speciale, assurdo e ridicolo ogni nostro momento.
Centinaia di persone che facevano a gare a chi era più edgy, divertente e provocatorio parlando di feste milanesi, subculture locali, film. A rileggersi oggi è tutto molto imbarazzante ma all’epoca funzionava così.
Era l’era post MTV come centro del mondo giovanile e post media tradizionali che ancora non sapeva bene cosa sarebbe successo coi social network e YouTube. E Vice era là, pronta a fare da nuovo punto di riferimento.
Una grandissima vittoria del come sul cosa, della cattiveria ben scritta a tutti i costi e della trigger economy di cui forse l’esponente più in vista è stato Bucknasty, nick di Matteo Leonardon, che infatti finirà su Vice Italia e poi The Vision, ovvero un progetto fondato da ex Vice che ne riprendeva lo stile e l’impostazione.
Sì, perché Vice non si limita a prendere lo stile dissacrante del Gonzo Journalism ma lo spinge al massimo con titolazioni e stile di scrittura che in qualche modo facevano sentire in colpa il lettore. Vice diventò col tempo il tizio che ne sapeva più di te e raccontandoti qualcosa che ignoravi te lo faceva anche notare. Ma soprattutto affina un concetto che esploderà con i suoi video: fare le cazzate con estrema serietà e portare il nonsense nelle cose serie.
E quindi ecco che si parla di musica metal a Bagdad, mandiamo un comico musulmano a parlare con i peggiori razzisti, vi raccontiamo il disastro del Fyre Festival, ma se dobbiamo parlare di cose assurde cerchiamo i migliori professionisti e scienziati del mondo.
Subculture, ironia, nozioni, scienza, malavita, sesso con un punto di vista disintermediato e spontaneo, un po’ come le foto con troppo flash che fai a una festa in un vecchio casolare abbandonato.
Pensateci un attimo: non esattamente tutto ciò che vedete nei reel e su Tik Tok? Non è stata per anni la line de Le Iene? Non è forse la linea, i parte, di Fanpage?
Chiunque abbia prodotto contenuti negli ultimi anni è stato in qualche modo influenzato da Vice, io stesso, quando mi metto dentro le storie, in qualche modo faccio la stessa cosa.
Guardate al successo di Luis Sal che recensisce cornetti durante le proteste di Parigi, i mille reel e TikTok di ragazzi e ragazze intervistate per strada che parlano di sesso, le inchieste su OnlyFans e il sex work, la malavita, le esperienze più assurde di chi gira il mondo e lo racconta. Tutto viene da qua.
Ma tutto questo ha anche superato Vice, che col tempo ha cercato, un po’ come Buzzfeed, di restare nel campionato del Times e del Post, che oggi riportano, forse con un sorrisetto nascosto, il suo crollo.
Stiamo palesemente vivendo una grande era di transizione, che sarà dominata da chi capirà o influenzerà i codici del linguaggio di chi oggi è ancora in fasce o cammina a malapena.
Link!
A proposito di Gonzo Journalism, questo piccolo reportage della prova di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è un po’ gonzo.
Il bullismo e le comunità tossiche nei videogiochi: il caso di Rocket League.
e quanto siamo accerchiati dalla pubblicità.Sempre parlando di Zelda
analizzava come erano state scritte le anteprime. Questa rubrica mi piace sempre molto, sarà perchè è molto meta.
Sono molto contento per il tuo coinvolgimento in Altri Mondi. L'aneddoto con Yoshida ha emozionato persino me.
Puntata bomba