Il vecchio e il nuovo
Cosa c'entrano l'opinione di un anziano sul rap e OpenAi che diventa videomaker? Sono entrambi spettacoli preoccupanti.
Cominciamo di nuovo con un piccolo spam personale, se vi fa piacere sentire il sottoscritto che dialoga con Fabrizia Malgieri e Vera Gheno di videogiochi, comunità, linguaggio e altre cose ci vediamo il 25 a Testo.
Come sempre mi fa strano parlare di queste cose in tempi che diventano terribili all’improvviso, così come viene messa a dura prova la mia capacità di guardarmi allo specchio e continuare a fare il mio lavoro in un contesto in cui il compromesso è la norma.
Però a volte capita anche di fare cose belle e devo dire che il mio intervento su un videogioco che ci ricorda dell’assurdità di bombardare inneggiando alla democrazia mi è piaciuto molto, ve lo metto qua.
Fine dello spam personale, sotto con la puntata.
La resa
Oggi mi sono imbattuto in un pezzo di Corrado Augias, sul rap. Solo scriverlo mi suona strano come dire “Un discorso di Biden sui giochi di ruolo”. Il contenuto dell’articolo, per quello che si può leggere in una immagine, visto che dovrei pure pagare dei soldi per avere il parere intero, pare essere proprio quello che ti aspetti: una persona anziana che parla di una cosa che non gli piace, non capisce e non vuole approfondire più di tanto.
“Non conosco molto altro di questo autore, che ho qualche difficoltà a definire cantante, perché i rapper sono sicuramente dei narratori, menestrelli, però a loro modo hanno poco a che vedere con la musica”.
Oooooook.
Tutto nella norma, perché il giornalismo italiano, o almeno, una parte di esso, quella che va ancora sui giornali tradizionali, funziona così. Grazie alle tue capacità (che nessuno mette in dubbio nel caso di Augias, vero mito su tanti fronti, per me e pure uno che in teoria conosce la musica) e al momento che vivi ti fai un nome, poi con l’anzianità arriva il punto in cui puoi scrivere un po’ di tutto senza nessuno ti venga a togliere lo spazio, buttando là una opinione da bar.
Ti godi insomma quella libertà tipica della vecchiaia, quella che poteva godersi Mara Venier invece di leggere un comunicato vergognoso.
Tutte le pretese di studio, autorevolezza e formazione valgono per gli altri, per i più giovani, chi deve fare la famosa gavetta della volta scorsa. D’altronde mi ricorda Tiziana Metitieri di Valigia Blu che Augias ebbe anche la pretesa di insegnare il web ai giovani1. Salvo poi subire phising come un sacco di altra gente.2
Di solito di fronte a queste uscite il pensiero comune è di lasciar fare, che tanto si sa come va, non ha senso dargli peso. E poi, in fondo, Augias è la persona giusta per il pubblico di riferimento. Di primo acchito è un discorso giustissimo, la percentuale più alta di lettori dei quotidiani supera i 55 anni e per tanti vale la regola che se ci vuole un giovane per parlare ai giovani un vecchio deve parlare ai vecchi. Mentre quando sei nel mezzo non ti ascolta nessuno.
Ma siamo sicuri che sia proprio giusto così, perché si è sempre fatto così? Il target non è tutto, e non è automaticamente detto che un coetaneo sia la figura più adatta per parlare a un pubblico in là con l’età. Perché il risultato è l’immobilismo, è coltivare il mito di una autorevolezza fatta di recinti chiusi da trent’anni.
Quello che vedo in queste scelte è una resa, una resa autoconsolatoria e ormai totale.
Non mi interessa criticare Augias che parla di rap, la colpa è di chi glielo ha chiesto o non gli ha detto di no, non mi interessa forse neppure vedere l’ennesimo caso di uno spazio dato per lignaggio e non per opportunità o la totale assenza di ricambio di questa fetta di giornalismo italiano (parlare ancora di rap come fenomeno per giovani anche no), di fatto sto solo prendendo coscienza che di quello che simboleggia questo articolo.
È la bandiera ammainata di chi ha smesso di provare a decodificare la realtà per spiegarla al suo pubblico, anche a costo di non farlo sedere comodo sulle sue opinioni, di chi ha scelto di parlare solo a chi già lo ascolta, per pigrizia o abitudine, accarezzandogli la testa e confermando tutti i suoi pregiudizi. Invece che aprirsi a nuove idee e un nuovo pubblico meglio morire parlando con quelli che hai già.
Eppure, questi sarebbero gli spazi giusti per uscire dalle guerricciole generazionali, vedi mai che per sbaglio vendi pure qualche copia in più. E invece continuiamo a tenere ben alti i muri per lasciare fuori il mondo, aspettando una lenta morte, che come si sta bene tra di noi, signora mia.
Mi rassegnerò mai a questa situazione? Ho paura di no.
Più vero del vero
E se le opinioni passatiste mi sconfortano, non è che guardando al futuro mi senta meglio. Come molte persone attorno a me anche io sono rimasto sbalordito dalle prime dimostrazioni di Sora, nuovo modello di OpenAI in grado di creare video realistici a partire da brevi descrizioni.
Inutile dire oggi “sì ma si vede che è finto dai”, perché fra un anno o due non sarà così. Non ci vuole la sfera di cristallo né bisogna essere delle fini menti analitiche per capire che siamo sull’orlo sempre più stretto di un enorme cambiamento sociale e produttivo.
Non solo perché chiunque faccia qualcosa che non sia unico, suo eccellente verrà rapidamente rimpiazzato, (dovrò pensare un futuro lontano dalla scrittura, anche se faccio finta che non sia così) ma perché mi aspetto entro due anni una guerra in cui il casus belli sarà un video falso creato con Sora o chi per lei.
Considerando che c’è già chi dava per vere le foto con le balle di fieno vicine alla Tour Eiffel di qualche settimana fa, forse sono pure di manica larga.
Dovremo ben presto rivedere il nostro concetto di realtà, che ci piaccia o meno. Qualche settimana fa Samsung ha risposto alle polemiche sulle immagini generate dall’IA presente nel suo nuovo telefono dicendo che “Le immagini reali non esistono” perché già da anni quando scattiamo una foto le modifichiamo e le adattiamo cambiando i colori, la saturazione e così via. Chissà che ne penserebbe Baudrillard.
Ma al di là di tutto, mi chiedo, cambia qualcosa?
Le informazioni false girano indisturbate da secoli, siamo bravissimi a vederle, ma solo dopo che hanno già fatto danni. E se decidiamo di credere a qualcosa è molto difficile farci cambiare idea, anche di fronte alle prove più schiaccianti. Esiste qualcosa in grado di smuoverci veramente o di contrastare la cattiva informazione?
Stiamo assistendo da mesi a un massacro indiscriminato di migliaia di persone che viene condiviso dai loro stessi aguzzini e questo ha senza dubbio smosso le coscienze di alcuni, ma non ha fermato di un millimetro la macelleria.
Ogni giorno assistiamo a politici che mentono apertamente, distorcono i dati, tornano sui loro passi, vengono smentiti e questo non toglie un voto in cabina elettorale.
Purtroppo la verità è spesso un rischio, più che un valore, ma le bugie te le puoi permettere solo se hai i soldi.
Quindi, in questo scenario, pur essendo certo che l’IA verrà usata per creare bellissime bugie, tutto sommato non mi pare adesso vada meglio.
“Avrei questa idea…”
Mi interessa forse di più il discorso che viene fatto riguardo alla democratizzazione dell’accesso che l’IA garantirebbe a tutti. Un futuro in cui tutti potranno ottenere un video partendo da una breve descrizione viene visto come una sorta di grande livella creativa.
A parte che non è così, perché comunque permangono i limiti legati al ceto, ai bias con cui quella IA viene allenata e tutto il discorso sul saccheggio delle immagini altrui in cui non mi avventuro, ma mi pare che questo discorso rientri più nella nostra voglia di sentirci sempre creativi senza troppo sforzo che con la democrazia.
Abbiamo telefoni che per una cifra accessibile fanno ottimi video, piattaforme su cui metterli, microfoni professionali a poco prezzo, programmi di montaggio video e audio estremamente complessi che sono anche gratuiti e pieni di tutorial su YouTube. Senza contare quanto sia democratico prendere una penna, una matita e disegnare o scrivere.
Forse siamo già pieni di democrazia, trabocchiamo di democrazia e contenuti democratici, tanto che su quella democrazia sono nate nuove figure che conosciamo bene e si alimenta il fenomeno del citizen journalism.
Forse quello che vogliamo non è più democrazia e accessibilità, ma più immediatezza e semplicità per quell’idea che ci arriva mentre stiamo facendo altro.
Ne conosciamo tanti e a volte lo siamo anche noi, quelli che “Guarda io ho quest’idea per un film/libro/videogioco/fumetto” che poi però rimane giusto un’idea, qualcosa che nasce, si compiace e si esaurisce nello spazio in cui la buttiamo fuori. Vi capita mai? A volte a me basta buttare fuori l’idea ed è come se fossi appagato, come quelli che si comprano un libro e non lo leggono, basta il possesso.
E invece magari fra qualche anno (molti anni) potremo ognuno girare il film che ci piace e non guarderemo altro. Non cercheremo più un catalogo sconfinato di serie tv e film ma diremo a un dispositivo che tipo di serie tv o film vogliamo vedere e quello verrà generato di fronte a noi. Un po’ come il replicatore di Star Trek.
E ciò che verrà creato sarà creato sotto i nostri occhi, solo per i nostri occhi. Passeremo dalle echo chamber di Augias e del suo pubblico over 50 a uno spazio tutto nostro dove l’io parla al sé, dove potremo rifare quel finale che proprio non ci ha convinto o il seguito di Star Wars che abbiamo sempre sognato.
Tanto, che siano idee vecchie o nuove, che siano idee copiato o meno, niente ci piace come quello che ci dà ragione.
Diventeremo ancora più ricchi di idee geniali, di spunti, di high concept. Ma forse sarà anche come giocare a un videogioco con i crediti o le vite infinite: divertente, ma con poco brivido.
Cosa ce ne faremo poi, di tutte queste idee, lo vedremo sul momento.
Link e altre cose
Settimana interessante su N3rdcore, abbiamo una prova di Apple Vision, due parole sul gioco della Suicide Squad, quel pasticciaccio brutto di Madame Web, una bella riflessione sui cessi giapponesi e la modernità e infine quella bellezza che è il documentario su We are the world, guardatelo.
Sapete vero che Repubblica non ha voluto pubblicare una intervista a Ghali perché non voleva rispondere a una domanda sull’attacco di Hamas? Ne parla Michele Serra.
Parlando di giornalismo, non amo tutta l’offerta di Will ma non si può dire che non si siano mossi bene, uscendo dalla lotta per qualche spicciolo di click e lavorando con facce nuove.
Sto leggendo, o almeno ci provo:
Ho parlato di IA e pure
lo fa nella sua ultima missiva elettronica, raccontando cosa succederà nei videogiochi. Pare quasi di essersi messi d’accordo, e invece no.di Barili Esplosivi scrive su Il Post (cosa per cui lo invidio e lo sa) di Lara Croft.
Se volete leggere manga
da sempre ottimi consigli.https://www.lastampa.it/topnews/edizioni-locali/torino/2020/09/14/news/augias-ragazzi-internet-e-pieno-di-trappole-vi-do-la-bussola-per-navigare-sicuri-1.39304523/
https://www.today.it/attualita/augias-phishing.html