Scrivere a mano non cambia niente (ecco perché è importante per me)
Quando trovi una vecchia stilografica e improvvisamente smetti di andare in moto e inizi a usare la bici
Ci stiamo avvicinando alla soglia mentale delle 1500 persone iscritte, che sono decisamente più di ciò che pensavo di fare con questo spazio (ma decisamente meno di chi ha anche 10.000 iscrizioni o più), uno spazio occupa una porzione sempre più grande dei miei pensieri (almeno una volta a settimana mi dico che devo ricominciare con lo spin-off sul corso di scrittura, almeno una volta ogni due settimane che dovrei creare una newsletter satellite in cui parlare di… qualcosa) e che in qualche modo mi responsabilizza e di cui vi sono grato.
A volte penso che se ogni iscritto desse un’euro al mese diventerebbe un lavoro, chissà. Tanto il problema non si pone.
Ogni nuovo iscritto è qualcuno che devo conquistare, ogni nuovo iscritto qualcuno di cui vorrei sentire il parere (davvero: parliamo, mi interessa, come possiamo restare in contatto?) ogni nuovo iscritto è qualcuno verso cui sento una grande responsabilità, perché se siete come me non vi iscrivete a cuor leggero a una newsletter.
Insomma, la mia testa continua a essere un posto strano dove la voglia di successo e la paura di quello che comportano continuano ad andare a pranzo fuori come Aziraphale e Crowley, i protagonisti e amanti di Good Omens. Ma, proprio come loro due, hanno trovato un loro equilibrio e credo che se non ci fosse la paura e l’emozione di sbagliare ogni volta che faccio qualcosa non ci sarebbe anche l’impegno e quel metterci la testa e la faccia. Quindi va bene così.
L’altro giorno ho aperto una scatola a casa dei miei, la chiamo ancora “casa dei miei” come se ormai non fosse solo casa di mia madre, ma vabbè, dentro c’erano un sacco di penne stilografiche e non, alcune usate, alcune nuove.
Roba di valore, roba più a buon mercato, cartucce, inchiostri, manualetti su come ricaricarle, tutta roba che avrà circa la mia età, forse di più. Certo che almeno il vizio della cancelleria potevi farmi credere che fosse una roba mia, babbo. Pazienza.
E quindi ho fatto l’unica cosa da fare: prendere tutto, portarlo a casa e farmi prendere anche dal vizio di usare una stilografica.
Che non so perché nella mia mente la stilografica era un’oggetto scomodo e con cui rischiavo clamorosamente di macchiarmi le mani di inchiostro per settimane. E invece oggi sono normali penne, anche molto divertenti da usare, che scorrono veloci sul foglio e ti permettono di personalizzare l’inchiostro in mille colori differenti.
A quel punto è scattato l’inevitabile impulso del nerd (ricordate sempre che il nerdismo è una attitudine, non ciò che vi piace): informarsi, conoscere, parlare con i negozianti per farti spiegare tutto, passare il tuo tempo libero a sfogliare negozi comparando marche, inchiostri e pennini, comprare un paio di stilografiche moderne da portarti in giro. La voglia di fare un corso di calligrafia che preme forte alle tempie.
Anche perché scrivo di merda, mamma mia come scrivo di merda in corsivo. Come si fa una v minuscola? E la f? Riesco solo a scrivere il mio nome come se stessi per consegnare il foglio di bella del compito delle medie, è terribile.
È terribile soprattutto perché da un po’ di tempo ho ricominciato a scrivere tanto a mano, sicuramente l’avevo già detto. Appunti, appuntamenti, idee, persino l’abbozzo di un nuovo progetto che spero di chiudere entro l’anno.
Per uno come me, abituato a fare tutto con Google Docs e seguendo un flusso di scrittura istintivo e veloce è come passare dalla moto alla bicicletta. È tutto più lento, ti devi organizzare diversamente, il tuo cervello cerca strade differenti, a volte ti chiedi chi cazzo te l’abbia fatto fare.
Però ti godi diversamente il panorama, noti cose che prima non consideravi, dai peso alle parole e cerchi di far andare allo stesso ritmo mano e cervello, col primo che cerca sempre di scappare in avanti e la prima che lo tiene per la collottola. Quando vedo pagine e pagine scritte mi fa un effetto diverso rispetto a scrollarle sullo schermo.
E poi è sempre bello avere una scusa per comprare dei taccuini.
Il problema è che la scrittura stampatello, in cui mi sono rifugiato in questi anni, è terribile per scrivere a mano per lunghi periodi e velocemente. Il corsivo è molto più efficiente, scorrevole, adeguato. Per restare nella metafora della bici, lo stampatello dopo un po’ mi fa sudare come la marcia sbagliata su una salita.
Però scrivo, scrivo, scrivo e non mi do per vinto, anche perchè la testa di un freelance, o almeno la mia testa da freelance, è pernnemente tirata per la giacchetta da richieste dell’ultimo momento, distrazioni, consegne contemporanee, telefonate… oddio che stavo facendo? Quale è la cosa più importante da chiudere, a che punto eravamo con quel progetto di conferenze, che dovevo scrivere su quell’anteprima? Aspetta, guardo sul taccuino, riprendo gli appunti, riprendo le note, controllo. E la testa si riallinea.
Probabilmente per chi usa un’agenda da anni sto dicendo banalità, ma mi sento come una persona fuori forma che torna in palestra e poi fa le scale senza fiatone.
Però aspettate un attimo, perché se vi aspettate una bella tirata su quanto si impara meglio e si lavora meglio scrivendo, sulla vita lenta, le piccole cose eccetera vi sbagliate di grosso.
Forse lo sapete o forse no, ma non ci sono evidenze scientifiche sul fatto che si studia e si impara meglio scrivendo a mano. È l’ennesimo afflato di passatismo che anni fa colpì la penna a sfera, colpevole di rendere la scrittura standardizzata e impersonale rispetto alla stilografica, o la macchina da scrivere.
Ne parla un bel pezzo di Valigia Blu1 che ho letto di recente e che mi ha fatto venire ancora più voglia di scrivere a mano.
Sapete perché?
Perché spogliando il gesto da ogni pretesa di efficienza e di performatività è rimasta solo la mia scelta, la mia voglia di fare qualcosa che aiuta me, non perché devo farlo per lavorare meglio o scrivere meglio secondo un senso assoluto di efficienza. Non c’è una ricetta magica a cui bisogna forzarsi per andare avanti.
Togliendo dall’equazione l’idea che sia la scelta migliore da fare resta solo il fatto che è la scelta più personale.
Che io scriva a mano o su una tastiera resto sempre io al comando di quello che scrivo. La scrittura è solo un modo differente di arrivare nello stesso punto che mi fa esercitare muscoli differenti e pensieri differenti. Ma non mi rende né migliore né moralmente superiore, semplicemente capace di costruirmi un metodo personale che non ha pretesa di universalità.
Infatti, questo pezzo mica me lo sono scritto prima a mano, che siamo pazzi?
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Blue Lock non è solo un manga di successo, ci parla del calcio moderno.
Concita De Gregorio lascia la direzione di Hollywood Reporter, in cui, se mi è concesso dirlo, mi è sempre sembrata fuori posto e sul suo modo di vedere alcune cose ne ho già parlato. Le subentra Boris Sollazzo. Nel suo messaggio di saluto leggo “Ho creduto e credo che il cinema, le serie tv, la musica e la moda siano i linguaggi attraverso i quali si formano oggi il sentimento di realtà, la cittadinanza, i desideri e le consapevolezze”. E anche per stavolta i videogiochi, di cui la testata scrive, ce li ricordiamo un’altra volta.
Everyeye, uno dei siti italiani più visitati dedicati al mondo della cultura pop, chiude lo studio milanese da cui venivano fatte le dirette e a, quanto pare, lo fa a sorpresa. Per il momento non è dato sapere molto di più, ma è probabile che la decisione sia stata presa anche a causa della generale contrazione di Twitch, che ha anche ridotto di molto la fetta degli abbonamenti Prime che veniva condivisa con gli streamer. In generale è una piattaforma un po’ ferma in cui i brand hanno sempre faticato.
Tanto per capire come funziona l’agenda setting delle notizie: Il caso Salis non inizia oggi, se ne parla da novembre, ma ci sono voluti mesi di pressione (e un fumetto di Zerocalcare) perché la cosa diventasse degna di un TG e dell’attenzione politica.
Alessandra Costante, Segretaria della Federazione della Stampa, ha detto che oggi il 70 per cento dei giornalisti non ha lavoro dipendente e guadagna fra le poche centinaia di euro a 18mila euro. L’anno. Io aggiungo che sarebbe interessante incrociare questo dato con quello demografico.
Cosa sto leggendo, o almeno ci provo.
Non so se ci sono prove scientifiche a sostegno o meno, ma a me personalmente la scrittura a mano (con stilografica e dita macchiate d'inchiostro) riesce a farmi raggiungere un livell odi concentrazione più profondo di quella a schermo.
Non so se è una questione di lentezza di scrittura, o il fatto che non ci sia un tasto per cancellare immediatamente quell oche si è scritto, e quindi le parole mi pare pesino di più, perché anche se ci tiri una riga sopra restano lì, a fare volume e occupare spazio.
Comunque io team carta e penna fino alla fine. Quindi grazie per l'articolo che mi fa sentire "validata".
Ciao, prima cosa: forse intendevi "Good Omens"?
Seconda (che sarebbe la prima) come ho sentito questo tuo pezzo! E lo dico da nerd che sta cercando di scegliersi una tastiera meccanica (serve? No, la voglio? Si). I nostri oggetti fisici fanno parte del nostro pensiero come quelli mentali. E lo dico da scrittore elettronico che ne ha moltissimi. L'ambiente di scrittura è fondamentale.
Grazie per la tua newsletter e i tuoi pensieri.