Scrivere di videogiochi (e del resto) una FAQ
Un po' di risposte a domande che mi vengono fatte periodicamente su come è il lavoro del giornalista freelance.
Un collega che deve partire per un press tour in queste ore mi ha raccontato di aver dovuto incazzarsi parecchio per farsi rimborsare il transfer in aeroporto e che comunque probabilmente ci rimetterà. Una cena non è coperta dall’azienda che ha organizzato l’evento e comunque un eventuale spostamento da e per l’aeroporto in Italia non sarebbe coperto. Per fortuna lui ha mezzi propri.
Però ormai lui a questo evento ci deve andare, perché questi dettagli li ha scoperti dopo e il capo gli ha chiesto di partecipare al press tour settimane fa.
È solo un piccolo esempio delle mille cose che magari non vengono fuori quando si parla di giornalismo, soprattutto di giornalismo videoludico, soprattutto in Italia, dove gran parte del lavoro è svolto da freelance senza alcun tipo di inquadramento e dove molte cose non si sanno.
E spesso chi parla di quello che giornalisti dovrebbero o non dovrebbero fare sono persone che non hanno neppure idea di come funzioni questo lavoro. O, peggio, pensano di fare questo lavoro. Sempre che ancora, in molti casi, lo si possa chiamare tale.
Mi capita spesso di rispondere a domande su quello che faccio, alcune volte ho risposto in alcuni articoli qua dentro; quindi, ho pensato di raccogliere tutto in una lista di domande, una FAQ, ispirandomi in maniera diretta a quella che ho letto su Aftermath1.
Ovviamente non c’è alcuna pretesa di essere la guida definitiva, ho scritto per dieci anni e più nel settore per molti siti ma resta un’esperienza personale.
Come si inizia a scrivere di videogiochi?
Non esiste un percorso sicuro e non esiste un percorso privilegiato. Anzi, eventuali scuole che vi promettono mari, monti e stage spesso nascondono sfruttamenti. Tralasciando per un attimo l’aspetto puramente economico, si può iniziare a parlare di videogiochi nei modi più disparati. C’è chi lo ha fatto iniziando in un suo blog, chi ha inziato sui forum, chi scrivendo su Facebook, chi conosceva qualcuno che scriveva. L’unica certezza è che la domanda di chi scrive è sicuramente molto più alta dell’offerta. E che all’inizio difficilmente scriverete di ciò che vi piace, ma al massimo di ciò che serve: news, titoli minori, soluzioni.
Ma ci sono dei libri per imparare a scrivere di videogiochi?
Qua si apre un capitolo enorme perché ci sono dei libri di critica videoludica americana che possono darvi un’idea su come si analizzano i videogiochi e forse meriterebbe un intero capitolo a parte. Senza dubbio più che “giocare tanto” che sicuramente aiuta, o essere particolarmente bravi, ciò che dovete sviluppare è uno spirito critico e, soprattutto, la capacità di poterlo trasmettere. Quindi i libri che possono aiutarvi a scrivere di videogiochi possono essere libri di grammatica come libri di critica cinematografica, libri di storia dei videogiochi così come libri di letteratura, videoludica e non. Di sicuro vi farete le ossa scrivendo, sbagliando e, se avete tanto culo, ascoltando le correzioni di chi cerca di farvi migliorare.
Se cercate su Heavy Meta “appunti di un corso di scrittura” trovate parecchi spunti.
Ma ti regalano i videogiochi?
In linea di massima sì, ed è uno dei motivi per cui tanti vogliono iniziare: i giochi gratis! Però non pensate sia è un processo automatico né immediato, ma un’altra di quelle zone grigie del settore e che il giornalismo videoludico ha in comune con gli altri.
In molti casi sarà il caporedattore a darvi il codice di un gioco, secondo logiche redazionali di competenza e anzianità. In alcuni casi, e dopo molto tempo, potrebbe capitarvi di ricevere direttamente i codici. Di solito succede se siete dei freelance e poi vi preoccupate voi di piazzare il gioco. I codici sono una risorsa molto variabile nel settore, la loro disponibilità è soggetta alle imposizioni di casa madre e non sempre i PR ne hanno per tutti o ne hanno da dare molto prima della data d’uscita.
La loro disponibilità dipende da quanto siete conosciuti, per chi scrivete, il rapporto che avete coi PR, le policy del suddetto PR. In alcuni casi arriveranno praticamente all’uscita, spesso (a meno che non sia un gioco online) il motivo ufficioso è che il gioco è brutto e così ritardano le recensioni.
Molti mi dicono che prima se ne davano tanti di più e oggi le maglie si sono ristrette, anche perché nel frattempo sono aumentate di molto le richieste e pensare che tutti possano avere i giochi è, semplicemente, assurdo.
Detto questo, può anche capitare di comprare i giochi per scriverne, perché tendenzialmente non puoi recensire tutto, non hai accesso a ogni gioco che vuoi. Magari il gioco è di uno studio indipendente e mi fa piacere supportarlo, magari perché il codice non è arrivato per mille motivi ma volevo comunque scriverci qualcosa sopra.
E i gadget?
Altra croce e delizia nonché fonte di eterne discussioni. Capita ancora oggi che si ricevano collector’s edition, gadget, magliette, peluche e oggetti vari. Fa piacere riceverli? Sì. Cambiano in qualche modo il parere sui giochi? Assolutamente no, gli eventuali metodi di pressione sono altri, almeno per quanto mi riguarda, ma sul rapporto con PR e sviluppatori ci arriviamo dopo. Detto questo, posso assicurarvi che quasi tutta la roba che si riceve dopo un po’ finisce per essere solo ingombro e che in molti casi le cose finiscono in una eventuale redazione, prima che a voi. Aggiungo che prima i giornalisti ricevevano molte, molte più cose, ma oggi perché un ufficio stampa dovrebbe mandarli a voi quando può spedire tutto a un influencer che offre molta, molta più copertura? Per lo stesso motivo, che vedremo sotto, per cui nessuno è interessato a corrompervi.
E i press tour?
Sono una parte tosta e affascinante del lavoro. Forse la parte che tutt’ora amo di più. I press tour possono essere di uno o due giorni, forse tre oltreoceano. Raramente si superano questi numeri. In un press tour di solito vi viene pagato l’alloggio, il vitto e gli spostamenti. Di solito non vi vengono pagati gli spostamenti fino all’aeroporto di partenza dall’Italia e mi sono capitati tour in cui era prevista la cena, ma il pranzo erano fatti tuoi. Ho parlato più diffusamente dei press tour qua.
Hai degli sconti particolari se vuoi un videogioco, un fumetto o dei gadget?
Mi chiedono spesso “mi regali questo” o “non puoi farti mandare scontato quest’altro” ma no, mi spiace, niente sconto scribacchini.
Cosa sono gli embargo?
Molto semplicemente, può capitare che un codice o una informazione vi arrivino prima dell’uscita pubblica e l’embargo è la data in cui potete comunicare quell’informazione. Di solito l’embargo è contenuto in un NDA, ovvero un documento di riservatezza in cui vi impegnate a non divulgare quella o altre informazioni (ad esempio spoiler su alcune parti di un gioco) pena una serie di ritorsioni legali più o meno esplicite. In alcuni casi non puoi dire di essere in un posto e neppure postare dall’estero (è raro, ma è capitato) o ammettere che stai giocando a qualcosa. Ovviamente questo non è un gran modo di fare giornalismo, ma di questi rapporti di forza sbilanciati ne parliamo dopo. Mi è capitato di vedere violazioni palesi, anche se raramente, ma onestamente non mi sono mai arrivate informazioni di eventuali punizioni.
Che succede se ti arriva una in informazione riservata?
A noi non capita quasi mai, perché siamo la provincia dell’Impero e raramente creiamo notizie, al massimo le traduciamo. Ma nel caso in cui dovesse accadere la deontologia prevede che tu mantenga le tue fonti protette e che verifichi in maniera indipendente quanto hanno detto. Un lavoro di questo tipo può richiedere giorni, settimane, mesi. Non si esaurisce con una ricerchina su internet. Richiede tempo e denaro, ecco perché se ne vede molto poco. Spesso c’è anche il rischio che una inchiesta vi indisponga agli occhi di un publisher, altro motivo per cui si evitano questo genere di articoli, che pure sarebbero la base del giornalismo propriamente detto. Qua c’è una bella guida/chiarimento da Jason Schreier, uno che questa roba la fa da anni molto bene.
Ma quel titolo che non mi piace lo hai scritto tu?
A volte, ma quasi mai. I titoli di solito sono scritti da chi impagina tenendo conto di SEO, regole interne ed estro del momento. A volte tengono quello suggerito, a volte no.
E se dai un brutto voto? Le aziende ti puniscono?
Di solito non succede niente, molto spesso un’azienda sa benissimo cosa ti sta dando e sa incassare i brutti voti. Ma ci sono situazioni, anche non legate alle recensioni, in cui un’azienda può decidere che vuole penalizzarti perché non le piace come ti sei comportato con lei. Queste punizioni possono variare di molto: possono darti i codici in ritardo o non darteli, possono darti i codici ma non farti più fare interviste o press tour.
Mi è capitato personalmente di venire penalizzato in due casi: nel primo la versione inglese di un sito con cui lavoravo aveva dato un bruttissimo voto a un gioco con una buona media e io non fui autorizzato a vedere l’anteprima di un gioco dello stesso publisher, anche se non c’entravo niente. La seconda volta invece scoprii anni dopo di essere stato messo sulla lista nera di un publisher perché aveva criticato aspramente una loro pubblicità in un articolo. Per questo non mi avevano mai invitato ai loro press tour negli anni passati (però mi arrivava il codice review).
Ma questo non vi rende dipendenti dalle aziende?
Beh, è quello che diciamo spesso. Questo giornalismo (come molti altri tipi di giornalismo: tech, politico eccetera, è un giornalismo d’accesso in cui non sei quasi mai tu quello che ha in mano le chiavi. E per quanto chi pubblica giochi abbia senza dubbio bisogno di qualcuno che ne parli sempre più spesso negli ultimi anni si cerca di gestire in modo ossessivo il messaggio o anche aggirare per quanto possibile la stampa.
E per molti siti (e creatori) l’accesso a certo materiale è importante, perché porta traffico e autorevolezza. Lo stesso vale per i freelance che dal loro rapporto con le aziende spesso dipendono per essere invitati e poter poi vendere i servizi o i video. Senza contare le pubblicità sui siti (che infatti cercano sempre di più di avere sponsor esterni al settore) e casi in cui i siti vengono direttamente coinvolti in campagne stampa.
Questo vuol dire che stupidaggini tipo le recensioni pagate non esistono (quasi2) mai, ma esistono un sacco di rapporti grigi più o meno chiariti. Attenzione però, non vuol dire che ci sia una censura, o che non si possano esprimere pareri forti, accade tranquillamente spesso e se un’azienda sbaglia, sbaglia. È più un sentimento generale in cui si cercano di trovare sempre delle soluzioni. Se un gioco è brutto, è brutto e oggi ci sono mille modi per saperlo.
Tuttavia, potrà farvi piacere sapere che nel cinema ci sono agenzie stampa che hanno anche siti di cinema, oppure che nel mondo dell’editoria Feltrinelli possiede una delle scuole più influenti sul mercato letterario, la Holden. Quindi il panorama generale non è molto più esaltante.
Ok ma come è effettivamente il tuo lavoro?
Se c’è da recensire di solito arriva un codice, gioco il più possibile, cercando di finire il gioco o almeno un numero di ore sufficienti per farmi un parere molto ben strutturato (e questo può variare da gioco a gioco, da quanto è importante che sia coperto subito, da quanto è grosso, dal tipo di testata dove devo scriverne).
Ovviamente, visto che scrivere non è un lavoro remunerativo, di per sé, soprattutto nei videogiochi, si cerca di farlo il più possibile mentre si fa altro. E per “altro” intendo cercare notizie o spunti per scrivere editoriali o pezzi di commento, scrivere e girare il materiale per la Rai, cercare altri lavori, la palestra, gli hobby, vivere. Poi c’è chi non è freelance e di solito alterna le recensioni con il lavoro di “desk”, ovvero la pubblicazione di notizie, altri prodotti editoriali della testata e così via. Ma per me, che ho sempre fatto il freelance, è tipo il mondo dei folletti.
Ok ma come è giocare per lavoro?
A volte molto meno affascinante di quanto possa sembrare. Vuoi perchè devi correre, vuoi perchè il gioco ti fa schifo (ma ormai tendo a scrivere di qualcosa che mi piace o, almeno, mi incuriosice), vuoi perchè comunque non lo giochi a mente leggera ma cercando sempre di analizzare, filtrare ciò che vedi. Forse è un po’ come viaggiare senza godersi il panorama perchè devi stare molto attento alla strada. Non è sempre così ed è spesso bellissimo quando riesci a comunicare la tua passione, ma col tempo diventa, semplicemente, un lavoro e come tutti i lavori preferiresti fare altro, tipo giocare ai videogiochi.
Di sicuro la qualità della vita di chi scrive di videogiochi dipende spesso da quanto prima un videogioco ti arriva e qua torniamo al discorso precedente sui rapporti con i publisher.
E se scrivi una cazzata?
Può capitare, chiedi scusa, aspetti che passi. Tanto comunque la gente se la prende con i giornalisti in ogni momento e se ne scorda il momento dopo. L’importante è non farsi definire dalla cazzata e pensare già alla prossima cosa da scrivere.
Leggi i commenti?
Quasi mai, a meno che non mi venga chiesto dal caporedattore per rispondere a una richiesta di chiarimento. Di solito non ne esce niente di buono.
Ma ti serve la Partita IVA?
Non è obbligatoria, molte persone scrivono con ritenuta d’acconto, perché spendono meno e perché magari è più un hobby pagato. Io ho la partita IVA ormai da una decina di anni e in alcuni casi rende senza dubbio le cose più facili. Perché a quel punto puoi usarla per altri lavori di comunicazione e in generale semplifica il lavoro delle aziende, che sono quindi più soggette a lavorare con te. Tuttavia, richiede un minimo di flusso di cassa e una disciplina nella spesa (e pagare un commercialista) che si impara solo dopo aver ricevuto in faccia un F24 di quelli belli aggressivi. Insomma, non è per tutti, perché dipende quanto intendete fare sul serio e sul vostro flusso di cassa. Io una chiacchierata col commercialista la consiglio come quella dallo psicologo.
Serve il tesserino per lavorare?
No, o almeno, non se volete scrivere di videogiochi nelle testate specializzate. Alcune non sono neppure registrate. In senso più ampio può essere richiesto.
Ma ci si campa di giornalismo videoludico?
Quasi mai, credo che in Italia ci sopravvivano non più di una cinquantina di persone e forse sono generoso. Parlo di giornalismo eh, non di content creator. Non conosco gli stipendi delle persone assunte ma la forbice per chi scrive da freelance varia tra lo 0 e la cinquantina di euro a pezzo con rarissimi picchi di cento in realtà esterne al settore.
E quindi come campi?
Scrivendo molto, svolgendo altri compiti giornalistici o di comunicazione più ampi, facendo presentazioni, l’autore eccetera eccetera. Non si ci annoia mai!
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https://aftermath.site/games-journalism-an-faq
https://kotaku.com/yes-a-games-writer-was-fired-over-review-scores-5893785
Per certi versi, è incredibile quanto sia opaco tutto ciò che sta attorno a questo mestiere. A prescindere dall'ambito: servirebbe una FAQ pure per come scrivere di sport, di moda, di politica. Come se fosse un mestiere nuovo (ok, è in continuo cambiamento) e quindi non avesse ancora radicato certe cose. Solo che col cespo che è nuovo
P. S. Grazie della citazione.