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Sprofondando nel blu
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Sprofondando nel blu

Immaginate di entrare in redazione e, come se niente fosse, il vostro capo vi chiede di fare un articolo su un colore perché è diventata una questione tra SEO e politica.
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diver under water

Questa settimana è iniziata un po’ in modo strano perché si è presentato il ciclico tema del “come ti senti a parlare di cose allegre e facezie quali i videogiochi dopo aver visto innocenti massacrati da ogni parte e con quale coraggio vai avanti?”.

La risposta è: di merda. Non importa quante volte capita, non importa se ti dicono o ti dici: ma in fondo non è il tuo compito farti carico della sofferenza del mondo e magari qualcuno vuole proprio che tu gli parli di facezie perché il mondo fa schifo.

D’altronde se ne parlava la settimana scorsa e non è che le cose siano migliorate, anzi, ci siamo pure ricordarti perché i social non sono luoghi per l’attivismo e l’informazione indipendente.

Concentrandosi sulle cose belle: anche  quest’anno N3rdcore, il sito che ho fondato e ormai va avanti da una decina di anni cercando di parlare con lentezza di cultura pop (con tutti i casini del caso), sarà tra gli ospiti di Lucca Comics & Games negli spazi concessi da Arkadia (Sala Canova).

Cosa vuol dire? Che faremo dirette da Lucca, faremo interviste, video, articoli e cercheremo di raccontare il più possibile un evento che ormai è diventato impossibile da raccontare tutto assieme, e che diventa quindi un favoloso esercizio zen sul lasciare andare e sul gestire la FOMO.

Per seguirci i canali sono sempre i soliti: il sito di N3rdcore, l’account Instagram (volendo anche il mio), il canale YouTube e Twitch.

Alcuni, e non tutti ancora, gli incontri che farò sono qua.

Notizie in blu

Se non vivete sulla Luna o non siete persone che realmente non si interessano minimamente a ciò che accade attorno a loro, probabilmente sarete stati investiti in pieno dall’annuncio della separazione tra Meloni e Gianbruno.

A parte soffermarsi sulla sua figura, lo fa benissimo Giulia Blasi, autrice diServizio a domicilio, e a parte ricordare che anni fa venne fuori che l’85% delle giornaliste italiane ha dichiarato di aver subito una qualche forma di abuso sessuale, ci sono alcune considerazioni da fare non tanto sulla notizia in sé, ma su una serie di fenomeni a caduta molto interessanti per il mondo dell’informazione. Al di là di una Mediaset disposta a spararsi su un piede, mostrando l’aria che tira nei suoi studi, pur di colpire Meloni.

Attenzione, perchè con interessanti intendo anche deprimenti.

La prima è come noi leggiamo le cose e come le interpretiamo in base agli strumenti che abbiamo per conoscere il mondo.

Ho letto un sacco di volte fuori e dentro la mia bolla che Meloni avrebbe lasciato Gianbruno “sui social”, come se fosse una sorta di brutta telenovela pubblica o come se lei non ne avesse mai parlato con lui e glielo comunicasse con un tweet.

Eppure, mi pare palese che non sia così, e mi pare anche sensato che una politica che della comunicazione social spiccia ha fatto la sua bandiera comunichi direttamente col suo pubblico tramite i canali che ha sempre utilizzato.

Non capisco come le persone abbiano costruito la narrazione che tutto sia avvenuto a mezzo social e non solo dopo averne parlato tra le parti. Forse qualcuno l’ha detto e altri gli sono andati dietro, forse è un po’ quello che ci piace pensare: che quando cadono i potenti fanno cose meschine come noi.

Usare “i social” non dovrebbe essere chissà quale stigma, al massimo potremmo discutere sull’accortezza delle parole utilizzate che non tengono conto dei fenomeni carsici e dell’erosione, ma lasciarsi è sempre doloroso, farlo in pubblico probabilmente ancora di più.

La seconda cosa che mi interessa è come la notizia principale ormai gemmi sempre più approfondimenti più o meno imbarazzanti legati alle richieste SEO e ai trend topic sui social.

Se avete visto lo spettacolino deprimente di Gianbruno che Antonio Ricci ha deciso di mandare in onda, confermandosi il vero motore immobile della tv italiana, avrete notato che fa una battuta sul vestito “blu china”.

È una roba da niente, sembra un dettaglio di quelli che ti distrai ed è passato subito. E invece no.

Immaginate di essere nella redazione dell’Unità, del Fatto Quotidiano o di qualsiasi altro giornale.

E adesso immaginate il vostro capo che vi chieda dal nulla un approfondimento su cosa è il Blu China e la differenza col Blu Estoril.

Perché? Perché adesso la gente vuole pure sapere che cavolo è il Blu China, l’ha cercato un po’, Google Trends ha registrato la cosa è prontamente i siti, un po’ come quelli che quando arriva una goccia son già pronti a venderti l’ombrello, hanno pubblicato articoli dal puro gusto SEO per capitalizzare sull’uscita piaciona di un personaggio.

Questo è il settore oggi, questa è in gran parte la cucina delle notizie, questo è il giornalismo: uno spazio che insegue, non guida, che reagisce, in cui alla fine del mese guardi quanti click hai fatto e non devi star tanto a chiederti come. Un settore che vive sul Che s'adda fa' pe' campa'.

Perchè, ovvio, tu il pezzo lo scrivi, hai sicuramente scritto di peggio.

Torniamo alle basi

Voltiamo decisamente pagina, come titola il libro de Il Post sul giornalsimo che sto leggendo. Presto per darvi un parere ma per ora mi pare una lettura fondamentale se volete avere un'opinione informata su come si fanno le notizie oggi.

Mi sono reso conto che in questi mesi, soprattutto dopo l’estate, ho lasciato un po’ andare una parte della newsletter che piaceva molto e che piaceva anche a me: quella dei consigli, dei metodi, delle soluzioni per scrivere meglio.

Che poi è uno dei due pilastri su cui si regge Heavy Meta.

Dalla prossima settimana… ok forse da dopo Lucca Comics magari, cercherò di fare più attenzione a questo lato: ma intanto vi butto là due considerazioni che mi sono venute parlando di Super Mario Bros. Wonder.

Ho trattato il gioco sia con una recensione tradizionale, sia con un carosello su Instagram, sia sullo YouTube di N3rdcore, sia parlandone su Altri Mondi e mi rendo conto che in qualche modo questo lo rende un caso di studio su come adattare il medesimo oggetto per cercare di essere efficace su più fronti.

Non voglio farla troppo lunga, ma sostanzialmente ogni passaggio è servito a quello successivo.

La prima cosa che ho scritto è stato l’articolo, perché alla fine è quello che richiede più tempo, ma anche lo spazio dove, per abitudine, riesco meglio a stendere le idee ad asciugare e a vedere se ci sono ancora delle macchie.

Di solito con le recensioni o in generale i giudizi cerco di prendere due o tre punti che mi sono piaciuti o non piaciuti e attorno a quei punti costruisco il pezzo una volta che ho trovato l’attacco che mi piace. Di solito ormai per istinto la chiusura mi viene da sola quando “a naso” il pezzo è durato abbastanza.

Scritto, riletto e limato il pezzo, senza intervenire troppo, se ho tempo lo lascio là e ci torno magari dopo qualche ora leggendo a caso dei brani come farei se fosse un articolo su internet trovato per caso.

A questo punto passo alla parte social: prendo quattro o cinque punti forti dell’articolo, condenso ulteriormente con un titoletto e una frase e cerco un titolo che possa funzionare e magari entusiasmare. Il resto è semplice compilazione su Canva.

A post shared by @lore_fantoni

Adesso arriva la parte video. Qua devo decidere se andare a braccio o scrivermi qualcosa. Col tempo ho capito che anche a braccio qualcosa ti serve. Di solito le stesse “boe tematiche” attorno a cui fai girare un discorso scritto. Il resto lo fa l’abitudine a evitare “hmmm” “eeeh” cercando di parlare sempre. Devi solo continuare a farlo, continuare, senza pensare “ma cosa sto facendo?”

Devo lavorare ancora su un ritmo più lento, ma ci arriverò.

Io ho anche la fortuna di non aver grandi problemi a usare un teleprompter, non ho una lettura meccanica ma riesco a interpretare il testo, almeno così pare. Quindi in alcuni casi può capitare che metta l’iPad esattamente sotto la camera e cerchi di trovare un compromesso per guardare in camera ma capire anche in che punto sono del testo.

La cosa importante: prima faccio il video per me e poi quello più formale e preciso per Altri Mondi. Il video per me è una sorta di riscaldamento per quello in Rai. Se poi decido che invece di un carosello su Instagram preferisco un reel il discorso non cambia.

Preparo la testa al ritmo, capisco quali parole funzionano, quali concetti sono più incisivi, anche perché me ho tutto il tempo che voglio, in Rai no.

La cosa assurda è che se lo facessi su un testo scritto, scrivere due volte la stessa cosa con due toni differenti mi darebbe un gran fastidio, col video no.

È come se il video per me fosse qualche giro di campo, mentre il video di Altri Mondi fosse lo scatto preciso, quando le gambe si sono scaldate.

Devo ancora lavorare sui dettagli, sui processi di lavoro, sulle distrazioni, ma tutto sommato  come “fabbrica di contenuti”, se si hanno pochi temi definiti, mi pare un buon sistema.

Ricapitolando: recensione testuale, contenuto social, video.

Certo, le views e i like ancora non sono a livello che vorrei: ma sto quasi riuscendo a smettere di preoccuparmi di quella parte che, banalmente, non dipende da me, o almeno, non solo. Credo nel processo, credo nel viaggio e che nella peggiore delle ipotesi sto imparando qualcosa. Sì, anche a 42 anni.

La stessa età in cui Giambruno si pensava già arrivato e intoccabile.

Link!

Appunti dal tavolino di un bar aka Davide Costa, uno degli sceneggiatori di fumetti più quotati in Italia, continua il suo lavoro di consigli per chi deve presentare i propri lavori. Vale per chi fa fumetti ma vale anche fuori, fidatevi.

Come si può lavorare sui videogiochi lasciandoci un po’ di tempo per pensare? Così.

Oppure facendo interviste che raccontano storie meno in vista, così.

ci racconta come è parlare dei giochi su licenza.
è arrivato su Substack, vogliategli bene.

Cosa vorrei leggere questa settimana?

In principio era ChatGPT di Mafe de Baggis e

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